Ore 10: calma piatta. La muta estate del Napoli è un thriller dal finale incerto, in cui apparentemente non è accaduto nulla dall’ultima tragica partita di campionato. Il nuovo allenatore, Luciano Spalletti, non può parlare fino a luglio perché ancora vincolato all’Inter; gli altri non lo fanno da mesi e, dopo il Verona, si sono dati meschinamente alla macchia. Il mercato è bloccato per tutti, un po’ dagli europei e molto dai debiti e dalla pandemia, ma non è l’unico punto interrogativo sulla prossima stagione.

Altre incertezze pesanti riguardano il ritorno dei tifosi sugli spalti, i diritti tv e il “calendario spezzatino” della serie A su cui nessuno sembra al momento in grado di decidere. Il calcio italiano è all’anno zero e ciò forse spiega l’eccesso di retorica patriottica riversato dai media sulla nazionale che gioca sicuramente bene, ma finora ha regolato solo squadre di valore modesto. Da Casa Azzurri arrivano, però, le prime dichiarazioni di Lorenzo Insigne sul suo rinnovo con il Napoli. Qualcuno l’ha definita una Blue Valentine, lettera d’amore e preludio di un prolungamento a vita del contratto. In realtà, pare che ballino ancora due milioni tra domanda e offerta che Aurelio De Laurentiis vorrebbe limare ridimensionando la parte fissa e scommettendo sui bonus legati ai risultati.

Sarà una lunga estate. Anche sul fronte politico il barometro segna afa e spossatezza. Maresca «se ne fotte» e continua a litigare con i partiti che lo dovrebbero sostenere, anche se è sempre più difficile capire perché, visto il confronto da taverna tra gli “alleati”. Gaetano Manfredi è alle prese con una coalizione che Vincenzo De Luca tesse di giorno e disfa di notte, come la tela di Penelope. L’ex rettore avrà annusato l’assedio dei proci, affrettandosi a dichiarare che a Napoli non c’è bisogno di «un nuovo Masaniello»; voleva essere forse una citazione autorevole e un monito simbolico ad amici e avversari, ma è sembrato soltanto l’ennesimo luogo comune sulla città da parte del candidato più oleografico di tutta la campagna elettorale. Perché Napoli ha bisogno sì di essere sferzata, con richiami anche feroci come le immagini crude dell’autobiografia di Enzo Moscato Archeologia del sangue o la sceneggiatura inquieta di Fabrizia Ramondino per il racconto della morte di un matematico napoletano, ma non di essere raccontata in eterno con la fotografia fuorviante e sbiadita di un popolo sempre bestiale e in agguato. All’ex rettore converrebbe sapere che i martiri della Repubblica napoletana del 1799 intitolarono a Masaniello persino un cantone della città.

Tornando al presente, è stato calcolato in venti ore al mese l’aumento del tempo trascorso mediamente in auto dai napoletani a causa della sciagurata chiusura della Galleria Vittoria. Se otto ore vi sembran poche, cantava il movimento operaio, figuriamoci venti. Ma il sindaco a distanza Luigi de Magistris, incurante dello sfascio quotidiano nel quale i napoletani sbarcano il lunario, ha trovato a stento il tempo per incontrare la figlia di Che Guevara, scambiando la Sila per la Sierra Maestra. O tempora o mores.