Youns El Bossettaoui aveva quattro gravi colpe da farsi perdonare: aveva 39 anni, era un immigrato marocchino, era senza fissa dimora e disturbava la quiete pubblica. Troppo per chi ama l’ordine e la sicurezza e va in giro con una pistola. Così Mustà, lo chiamavano così, è stato ucciso da una pallottola sparata dalla pistola dell’assessore leghista Massimo Adriatici, avvocato e professore che a Voghera va in giro con una calibro 22, regolarmente posseduta. La tragedia si è consumata martedì scorso, alle 22.30 davanti al bar La Versa, in piazza Meardi. Il giorno prima Adriatici aveva emanato un’ordinanza anti alcool che proprio quella notte entrava in vigore. Forse era in giro a controllare, forse passava lì per caso.

Ma vedendo che Youns disturbava alcune persone è intervenuto. L’esito tremendo lo conosciamo. Il trentanovenne colpito all’addome è stato soccorso dal 118 ed è morto poco dopo all’ospedale di Voghera. Nella ricostruzione fornita dall’assessore, lo sparo sarebbe stato conseguenza di una colluttazione. Mustà avrebbe sentito Adriatici che chiamava la polizia e lo avrebbe spinto, nella caduta sarebbe partito il colpo. Ma anche stando a questa versione, su cui farà in parte chiarezza l’esame balistico, una cosa è certa: per spaventare una persona disarmata, Adriatici al pari di uno sceriffo ha sfoderato la pistola.

Ora l’assessore si trova agli arresti domiciliari. L’imputazione è stata prima quella di omicidio volontario poi cambiato in eccesso colposo in legittima difesa, nei prossimi giorni sarà il gip a decidere quale misura cautelare applicare nei suoi confronti. Ma ancora prima della decisione del giudice, è intervenuto per scagionarlo il leader leghista Matteo Salvini, che sulla legittima difesa in questi anni ha costruito il suo profilo politico e il consenso, ottenendo durante il primo governo Conte la modifica della legge. «Altro che Far West – ha detto -, si fa strada l’ipotesi della legittima difesa». «Prima di condannare una persona perbene che si è vista aggredita e avrebbe reagito aspettiamo la ricostruzione dei fatti. Non ci sono cittadini che con il legittimo possesso delle armi vanno in giro a sparare, a fronte di una aggressione come extrema ratio ovviamente la difesa è sempre legittima». Parole gravi che mettono sullo stesso piano il comportamento per quanto urticante di una persona e la possibilità di sparare e uccidere.

Adriatici è assessore alla sicurezza, titolare di uno studio di avvocatura molto noto a Voghera e docente di diritto penale e procedura penale. È amante di quell’ordine che lo avrà spinto a chiedere il porto d’armi. In Italia sono sempre di più le persone che lo fanno. Nel 2020 il numero delle licenze è aumentato del dieci per cento, numeri che avvicinano l’Italia a quegli Stati Uniti dove la diffusione delle armi non produce più sicurezza, ma più violenza e un alto numero di stragi. Il film che abbiamo visto a Voghera ci porta direttamente dentro questo incubo, in quella terra di nessuno dove non conta la legge, ma la difesa fai da te. Dove la vita umana viene declassata, considerata qualcosa di meno importante della proprietà di beni materiali e del cosiddetto ordine. Un film che temevamo di vedere, di cui conoscevamo il trailer alla perfezione e di cui la nuova legge sulla legittima difesa costituisce la sceneggiatura dettagliata e mal scritta.

Sarà il processo a stabilire le responsabilità di Adriatici, non spetta certo a noi. Non ci interessa, restiamo garantisti. Ma noi non possiamo non interrogarci su quale spirale ci abbia portato fin qui, fino a considerare normale che davanti a una persona che urla ma non fa male, che disturba ma è disarmata si possa sfoderare la pistola. Che cosa è accaduto? Perché Adriatici ha pensato che tirare fuori la calibro 22 potesse essere un deterrente? Se non l’avesse avuta, se non fosse uno dei tanti italiani che ormai amano andare in giro armati non staremmo qui a scrivere di un giovane uomo morto perché infastidiva gli avventori di un bar.

Nel 2018 l’assessore leghista diceva che l’uso dell’arma deve esser giustificato da un pericolo reale. Pericolo che Mustà non costituiva. Il proprietario del bar La Versa ha raccontato che spesso l’uomo dava fastidio e che si sarebbe masturbato davanti al locale. Per altri era un bravo ragazzo, che chiedeva soldi per campare e da quando è morta la madre non ha più neanche una casa. Una cittadina di Voghera ha portato dei fiori con un biglietto con su scritto ti sia lieve almeno la terra… Almeno la terra, quella che viene messa sopra il corpo. Perché da vivo nulla è stato per lui lieve. Mustà è una di quelle persone che dovremmo aiutare, a cui dovremmo garantire una vita migliore. E che invece anni e anni di propaganda contro i migranti e sulla giustizia fai-da-te hanno reso, ancora più vulnerabili, fino a perdere la vita.

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Vicedirettrice del Riformista, femminista, critica cinematografica