Il leitmotiv che va ora per la maggiore recita: “Separarsi da Pechino è troppo costoso, ha una capacità manifatturiera troppo profonda”. Ma è proprio così? È vero che, al momento, non abbiamo alternative pronte. Ma oggi. Se continuiamo a rimandare, quando tra due o tre anni le aziende occidentali proveranno a stare al passo nella corsa alla robotica, sarà già finita. Saremo spettatori, non protagonisti.

Lo scenario

E attenzione: non stiamo parlando di telefonini. Gli iPhone si assemblano ovunque, e chi se ne frega. I robot no. I robot costruiscono le fabbriche. Costruiscono altri robot. Estraggono minerali, coltivano i campi, producono pannelli solari e reattori nucleari. I robot manovrano anche i missili, tanto per capirci. Altro che catena di montaggio: qui si decide chi comanda il mondo. Se la Cina riuscirà a sviluppare un sistema autonomo, con Intelligenze Artificiali proprietarie e produzione interna, col cavolo che li esporterà i suoi robot. Li userà per fare ciò che le serve: prendersi l’energia, il cibo e i chip. E sapete una cosa? Farà bene. Perché chi controlla la produzione dei robot, controlla le risorse. Punto.

Le regole cambiate

I soloni dell’economia, quelli che si baloccano sulle teorie di Adam Smith e David Ricardo, sono rimasti al Settecento. All’epoca c’erano le navi a vela e le miniere di carbone. Oggi ci sono androidi che ti programmerebbero da soli un’intera catena logistica in 30 secondi. Le regole del gioco sono cambiate, ma in Occidente non ce ne siamo accorti. La verità è questa: la Cina non ha nessun interesse ad aiutare noi a produrre robot. Anzi, farà di tutto per sabotarci. E noi, invece di rispondere colpo su colpo, continuiamo a cincischiare con burocrazia, vincoli ambientali e il solito moralismo da quattro soldi.

La scelta

Serve una scelta. Subito. O iniziamo a investire in modo serio in manifattura avanzata, filiera robotica, Intelligenza Artificiale — e smettiamo di dipendere da Pechino — oppure prepariamoci a vivere in un mondo dove i cinesi comandano, i robot lavorano e noi occidentali… guardiamo. Ma potremo sempre scrivere un bel saggio sul “fallimento della globalizzazione”. In stile Onu, ovviamente.