La crisi della Germania è in atto, uno stato di debolezza che ha visto nella caduta del governo guidato dal Olaf Scholz l’ultimo capitolo di una decadenza che ha coinciso con l’addio alla cancelleria di Angela Merkel, ma che già nell’ultimo periodo dell’era merkeliana aveva manifestato i suoi primi effetti. Un canto del cigno frutto di una complessità di fattori esplosi in quel quinquennio a guida socialdemocratica che doveva rappresentare una svolta verso una nuova idea dell’egemonia tedesca che Scholz ha pensato di poter incarnare, scoprendo però lentamente di non averne la caratura.

La crisi delle socialdemocrazie

Politicamente la crisi del governo tedesco rientra nella più generale crisi delle socialdemocrazie e della sinistra riformista che si è votata con eccessiva fretta ideologica alle nuove mode e alle nuove “follie”. Soprattutto alle eco-follie sul piano economico e alla cieca accettazione del nuovo dogma migratorio, subendo le falle enormi sul piano della sicurezza interna. Dentro la coalizione guidata da Scholz ci sono tutti i grandi sconfitti delle elezioni europee, che hanno registrato la più ampia bocciatura delle politiche progressiste degli ultimi decenni, con un voto che si è totalmente circoscritto su base nazionale alla bocciatura dei due temi portanti dell’agenda progressista. Portando tra Germania e Francia allo spostamento di ben sette milioni di voti da destra e sinistra. Un messaggio chiaro che la leadership tedesca ha pensato di poter superare restandone indenne. Forse Scholz ha peccato di hybris, ma i tempi grami nei quali viviamo hanno posto l’accento sulle criticità di un modello di società che la sinistra tedesca, come più in generale le sinistre europee, hanno sposato senza alcun metro critico, condizionando il futuro dell’industria tedesca. I sondaggi indicano un vantaggio netto della CDU-CSU seguita dalla AFD, partito in costante crescita soprattutto nei lander dell’est, che trova terreno fertile non solo nella critica al green deal e alla sicurezza interna, ma nel crollo dell’industria automobilistica tedesca con i rischi occupazionali che allarmano una società interna inquieta.

I nuovi equilibri

La Germania è un paese composto, e come tale emana pulsioni diverse, ma pur nella diversità vive il dramma psicologico della decadenza. Una decadenza che solo cinque anni fa sembrava impossibile, e le permetteva di dettare le carte della politica europea, giocando in asse con la Francia. Oggi più che mai la crisi di entrambi segna la possibilità di ricostruire in Europa nuovi equilibri che passano per un cambiamento radicale della visione e della prospettiva che l’Unione europea vorrà trasmettere di sé. Le elezioni di febbraio ci diranno in che direzione andrà alla Germania e se riuscirà a trovare una quadra politica tale da riassorbire le ferite interne. Storicamente i tedeschi hanno dimostrato una vocazione all’auto rigenerazione difficilmente ripetibile in altri contesti e realtà.

I mea culpa e le tempeste

Ma questi non sono tempi comuni, viviamo sull’orlo del precipizio, e la Germania più di tutti è esposta ad est. Su questo punto Scholz ha posto le basi del riarmo tedesco istituendo un fondo di ben 100 miliardi, danari che ad oggi non hanno dato i frutti sperati. Ma il prossimo governo dovrà mettere a regime per ottenere i risultati sperati, con tutte le implicazioni storiche e geopolitiche che rappresenta anche nel confronto storico e culturale con la Russia. Come nel caso della crisi di Parigi anche in quella di Berlino l’unica vincitrice è Roma, che si trova oggi per la prima volta l’opportunità servita su un piatto d’argento di imporre la propria visione dell’Europa, ponendosi come perno interno al vecchio continente e come interlocutore con gli Stati Uniti, una piega storica questa che il governo italiano dovrà sfruttare al meglio, non solo perché irripetibile, ma anche e soprattutto perché a tempo. Prima o poi tanto la Germania quanto la Francia riassorbiranno la loro crisi e torneranno a far sentire la loro voce. In Europa, però, un cambio di politica in Germania potrebbe essere la spinta definitiva sull’onda dello stato d’animo degli elettori teutonici, nelle politiche sul Green deal, di cui Scholz e la Spd non hanno fino infondo avuto il coraggio di ammettere l’errore. A volte in politica i mea culpa aiutano a superare le tempeste, sempre che non sia troppo tardi, come nel caso dell’ormai sfiduciato cancelliere tedesco.

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Nato nel 1994, esattamente il 7 ottobre giorno della Battaglia di Lepanto, Calabrese. Allievo non frequentante - per ragioni anagrafiche - di Ansaldo e Longanesi, amo la politica e mi piace raccontarla. Conservatore per vocazione. Direttore di Nazione Futura dal settembre 2022. Fumatore per virtù - non per vizio - di sigari, ho solo un mito John Wayne.