Con Angiolo Bandinelli scompare all’età di 95 anni un militante e dirigente radicale di lungo corso, del ristretto gruppo che – con Marco Pannella – contribuì nei primi anni sessanta a rifondare il Partito Radicale facendone l’indiscusso protagonista, nei due successivi decenni, della rivoluzione laica. culturale e politica, dei diritti civili. Fra i compagni e gli amici di quel gruppo, Angiolo per me è stato quello con il quale il coinvolgimento nelle rispettive vite è stato, da parte di entrambi, più forte e significativo portandoci a condividere i momenti felici come quelli tragici che accompagnano ogni esistenza. Con Marina siamo stati dolorosamente partecipi prima del suo lutto per la morte del figlio Luca, poi, più avanti nel tempo, per la perdita della moglie Heather.

La lunga malattia mi aveva preparato alla sua morte ma il momento del distacco è sempre molto doloroso. L’ultima volta che l’ho visto è stato per consegnargli una copia del mio libro dedicato a sessanta anni di lotte radicali, delle quali è stato uno dei protagonisti. Fu molto contento che fossi riuscito a portarlo a compimento, vincendo le mie insicurezze e la mia pigrizia e che avessi trovato un editore importante come Sellerio per la sua pubblicazione e distribuzione. Fra i tanti episodi che abbiamo condiviso, mi piace qui ricordarne due: il primo, un giorno del 1968, in cui ci recammo a garantire con i nostri modesti stipendi di allora, lui di insegnante, io di giornalista alle prime armi, il contratto di affitto della nostra nuova sede di Via di Torre Argentina 18; il secondo, qualche anno prima, nel 1962, quando andammo a impaginare in tipografia una rivistina – oggi si direbbe una news letter – “Sinistra Radicale”, che prendeva il nome dalla corrente che avevamo costituito nel primo Partito Radicale, il cui nome veniva sempre affiancato al prestigioso settimanale Il Mondo diretto da Mario Pannunzio a cui Angiolo collaborava.

In essa pubblicavamo la mozione con cui proponevamo ai partiti laici e alla maggioranza del nostro partito di perseguire una politica di alternativa laica alla DC, basata sui diritti civili con al centro la battaglia per l’introduzione del divorzio in Italia. La Voce Repubblicana, un giornale amico (ci siamo considerati a lungo lamalfiani), stroncò la nostra proposta con un corsivo irridente, in cui eravamo considerati degli irrealisti e dei visionari. Invece vedevamo bene se otto anni dopo il divorzio divenne legge dello stato e dodici anni dopo fu confermato nel referendum dal 60% degli italiani proprio grazie a una unità laica di cui anche i repubblicani facevano parte. La secolarizzazione del paese e il suo ammodernamento, la sua laicità e per molti versi la sua liberalizzazione avvennero su impulso di un piccolo partito, estraneo a qualsiasi posizione di potere e combattuto non solo dalle forze politiche di governo ma anche da quelle di opposizione e che, per affittare la propria sede, aveva bisogno della garanzia dello stipendio di due suoi militanti.

Angiolo non è stato solo un militante, è stato anche più volte tesoriere, segretario e parlamentare radicale. E fu in particolare il segretario che, per la prima volta, nel 1971/72. riuscì a superare la soglia dei 1000 iscritti (oltre 1300). È stato protagonista delle lotte per la fame nel mondo, della successiva trasformazione, con il simbolo di Gandhi, del partito in transnazionale e transpartito, dei tentativi di riformare lo Stato democratico riconquistando condizioni di legalità e al contempo di stabilità e governabilità democratica. Ma sarebbe fargli un torto ridurre la sua personalità e la sua cultura alla sola dimensione della politica. Io l’ho conosciuto prima che come militante radicale e della sinistra radicale, come autorevole collaboratore del Mondo di Pannunzio.

È stato un letterato, un saggista, un traduttore ed è stato un poeta, un vero poeta: la sua traduzione de La landa desolata di Eliot è contemporaneamente una ottima traduzione e una complessa e riuscita impresa poetica. A volte ho avuto addirittura l’impressione che la passione e l’impegno politico ne abbiano limitato le qualità letterarie e impedito il successo che avrebbe meritato. Fino all’ultimo, anche quando non era più in grado di uscire di casa, continuava a farmi recapitare i suoi piccoli libri di ricordi e di poesie. Il suo grande desiderio, perseguito con amorevole costanza è stato, anche di recente, quello di assicurare una giusta collocazione presso i musei di arte moderna e contemporanea alle opere del padre Aldo, noto illustratore e pittore della “Scuola romana”, nei confronti del quale Angiolo ha sempre avuto una ammirazione che andava oltre l’amore filiale. Grazie Angiolo per quanto ci hai dato e un abbraccio ad Aldo e a Cristina che fino all’ultimo ti sono stati vicini.