La ricchezza della eredità di Marco Pannella continua, dopo cinque anni dalla sua morte, a stupire. Nel maggio di quest’anno, una delle sue ultime battaglie, quella volta a far inserire il diritto alla conoscenza tra i diritti fondamentali dell’individuo, ha avuto un primo riconoscimento dal Consiglio di Europa, che ha concepito l’affermazione di tale diritto come una via per ridare fiducia nelle istituzioni e nella democrazia.

Più di recente, e precisamente il 31 agosto, la Corte dei diritti dell’uomo ha depositato la motivazione di due decisioni, che riaffermano solennemente i valori per i quali ha combattuto Marco Pannella e che appaiono destinate ad incidere significativamente sul distorto rapporto, oggi esistente in Italia, tra servizio pubblico radiotelevisivo e politica. Tutte e due le decisioni giungono al termine di giudizi promossi, quando Pannella era ancora in vita, dai Radicali Italiani, che lamentavano, con il primo, che le tribune politiche fossero state di fatto abolite e, con il secondo, che la lista Marco Pannella fosse stata, nel 2010, emarginata dai programmi di approfondimento politico. I programmi in questione erano Porta a Porta, Anno zero e Ballarò. Tutti e due i ricorsi sono stati accolti.

Al di là delle specifiche statuizioni, cui pervengono le decisioni, particolarmente preziosi appaiono i principi enunciati, perfettamente in linea con quello che è stato il pensiero di Marco Pannella sul tema del ruolo del servizio pubblico radiotelevisivo. Chi non ricorda i suoi scioperi della fame contro una Rai occupata dai partiti e reticente su questioni decisive per la vita democratica del paese, come ad esempio il sovraffollamento carcerario ed il numero delle morti, ed in particolare dei suicidi, tra detenuti ed operatori penitenziari? La Corte di Strasburgo è partita dalla considerazione che occorre distinguere i programmi di comunicazione politica, quali le Tribune politiche, dai programmi di informazione politica. I primi hanno come oggetto la diffusione delle opinioni e dei programmi delle forze politiche. I secondi si presentano come programmi di approfondimento relativi a fatti di attualità sociale o politica.

La Corte ha ritenuto, rispetto ai primi, che, pur dovendosi escludere un obbligo dell’emittente pubblica di trasmissione, dovesse comunque essere previsto un rimedio giudiziario, oggi inesistente nell’ordinamento italiano, contro la decisione di non darvi corso. Rispetto ai secondi, poi, ha affermato che, attesa la rilevanza dei programmi di approfondimento nella formazione delle opinioni politiche dei cittadini, l’autonomia delle redazioni nello scegliere gli argomenti e gli ospiti da invitare non possa comunque giungere alla emarginazione di un soggetto politico, come era, viceversa, avvenuto, nelle tre trasmissioni considerate, per la lista Marco Pannella.

Il principio fondamentale, intorno a cui ruotano le decisioni della Corte di Strasburgo, è che i cittadini hanno diritto di ricevere una informazione completa e plurale. Il ruolo fondamentale dello stato, dunque, è quello di garantire l’accesso di tutti i cittadini ad una informazione imparziale e precisa, nonché ad una pluralità di opinioni e di commenti, che riflettano la diversità delle opinioni politiche esistenti nel paese. Nel momento in cui il servizio pubblico radiotelevisivo ha, in un paese, un ruolo dominante, «è indispensabile per il buon funzionamento della democrazia che il medesimo diffonda delle informazioni e delle valutazioni imparziali, indipendenti e neutrali e che fornisca, inoltre, un foro di discussione pubblica, nel quale si possa esprimere un ventaglio il più largo possibile di opinioni e di punti di vista». Il pluralismo dell’informazione, di cui sono beneficiari i cittadini, è una condizione essenziale affinché il popolo possa esprimersi consapevolmente nella scelta del corpo legislativo ed in questa prospettiva non si può ignorare che le trasmissioni di approfondimento politico «sono diventate la forma privilegiata di presentazione del dibattito politico e di diffusione delle idee e delle opinioni politiche».

La inevitabile conseguenza, allora, è che tali trasmissioni, una volta divenute il luogo di eccellenza per l’informazione politica dei cittadini, devono, nel rispetto del pluralismo, dare spazio a tutti i soggetti politici, costituendo una illecita violazione della Carta dei diritti fondamentali la marginalizzazione o, addirittura, l’esclusione di qualcuno di essi. La Corte di Strasburgo, dunque, individua due compiti essenziali del servizio pubblico radiotelevisivo: offrire una informazione obiettiva e completa e aprire il foro pubblico di discussione politica, oggi costituito soprattutto dalle trasmissioni di approfondimento politico, al «ventaglio più ampio possibile delle opinioni politiche esistenti nel paese». Letta la motivazione della Corte di Strasburgo, se si rimettono i piedi per terra lo scenario italiano è sconcertante. Tanto più ove si ricordi che la forza politica attualmente maggiormente rappresentata in Parlamento (il Movimento 5Stelle), il 2 febbraio 2016 affermava, in una conferenza stampa convocata a Strasburgo, per bocca dell’on. Roberto Fico, allora presidente della Commissione Vigilanza Rai: «Serve una rivoluzione culturale per avere un’informazione più libera e onesta intellettualmente: la tv pubblica non può essere soggetta alla volontà della politica ma tutelare i cittadini e la democrazia».

Una volta che quella forza politica è giunta al governo del paese, cosa è successo di quelle affermazioni di principio? Non si può non ricordare, difatti, che in questo periodo la Rai è quella disegnata dal Governo gialloverde. Ebbene, se si pensa ad alcune questioni attuali, cruciali per la democrazia italiana, non si può non registrare che il sistema radiotelevisivo pubblico è stato silente o, quantomeno, reticente: quali ricostruzioni approfondite, obiettive ed imparziali sono state offerte dai programmi Rai su vicende come le rivelazioni di Palamara sul Sistema, la questione della Loggia Ungheria e le rivelazioni di Amara, i pestaggi nel carcere di santa Maria Capua Vetere, il sovraffollamento delle carceri, le morti e i suicidi di detenuti, i suicidi degli operatori carcerari?

Quale spazio è attualmente dato ai soggetti che hanno dato vita alle iniziative referendarie sulla giustizia e sul fine vita? Le decisioni della Corte di Strasburgo sugli obblighi del sistema radiotelevisivo pubblico arrivano quando sono passati ormai oltre dieci anni dai fatti cui si riferiscono, ma toccano problemi della democrazia italiana che continuano ad essere terribilmente attuali. Attraverso quelle sentenze, proprio considerata la loro bruciante attualità, Marco Pannella continua a far sentire la sua voce.