La cattura dopo 30 anni di latitanza di Matteo Messina Denaro non vuole dire che la partita contro la mafia sia vinta. Ne è convinto Maurizio de Lucia, il procuratore di Palermo che ha ‘firmato’ l’indagine che ha portato all’arresto dell’ex ‘Primula rossa’ di Cosa Nostra.

Da settembre al vertice della Procura che ha coordinatore le indagini, de Lucia sottolinea che Cosa Nostra “tende a ricostruire i suoi vertici. Adesso dovrà sostituire Matteo Messina Denaro come punto di riferimento per i grandi affari. C’è già chi è pronto a prendere il suo posto”.

Anche le indagini non sono finite, anzi. Ora si sposteranno “sulla caccia alla rete di protezioni e connivenze che hanno permesso a Messina Denaro di restare latitante per trent’anni”, dice il magistrato a Repubblica, in cui punta il dito contro “una fetta di borghesia che, negli anni, lo ha aiutato. Le nostre indagini puntano su questo”.

Ma chi prenderà il posto di MMD al vertice di Cosa Nostra? De Lucia ovviamente non può dirlo per due ragioni: “La prima perché appartiene alla sfera dell’imprevedibile, la seconda perché ci sono indagini che devono essere mantenute, doverosamente, riservate”.

In ogni caso, la scelta di un successore di Messina Denaro è ovvia, la mafia infatti, aggiunge ancora il magistrato, “a differenza delle camorre, la mafia ha una struttura con una testa sola. Un’organizzazione che, da sempre, si è data queste regole può continuare a vivere, nell’ordinaria amministrazione, senza una struttura centralizzata. Ma al tempo stesso, questa struttura centralizzata rimane fondamentale per poter continuare a prosperare e fare affari”.

Se il procuratore non si sbottona, si può però provare a ragionare sui nomi di importanti ‘big’ di Cosa Nostra, tra quelli a piede libero o chi è uscito di galera dopo aver scontato la pena, che potrebbero guidare l’organizzazione.

Il primo nome da appuntare è certamente quello di Giovanni Motisi, 64 anni, noto anche con lo pseudonimo di ‘U Pacchiuni (il grasso) e per essere il “killer di fiducia” dell’ex capo dei capi Totò Riina. Ricercato dal 1998 per diversi omicidi, per associazione di tipo mafioso e strage, deve scontare la pena dell’ergastolo per l’omicidio del commissario Giuseppe Montana, ucciso il 28 luglio 1985. Motisi è tra i quattro super latitanti ancora presenti nel “programma speciale di ricerca” del gruppo Interforze.

Tra i boss ‘storici’ c’è anche Stefano Fidanzati, 70 anni, della storica famiglia di narcotrafficanti dei Fidanzati dell’Arenella, che tra Milano e Palermo hanno costruito il loro impero economico.

Un terzo nome lo fa quindi Gaspare Mutolo, l’ex mafioso che sfidò Riina (era il suo autista) e che poi deciso di collaborare con Giovanni Falcone. Al settimanale Oggi, Mutolo cita l’85enne Settimo Mineo, attualmente recluso in carcere e storico capo del mandamento di Pagliarelli. “Io l’ho conosciuto, aveva una gioielleria in centro a Palermo, stimato da Riina, tanti anni fa scampò a un agguato in cui morì il fratello. Adesso è molto anziano. Di certo, i veri capi, i coordinatori, sono sempre stati di Palermo, anche all’estero per tradizione i capi erano palermitani. Messina Denaro è stato un’anomalia”, spiega Mutolo.

Quindi due nomi più “giovani”, tirati in ballo oggi dal Corriere della Sera. Si tratta di Giuseppe Auteri, latitante da un anno e detentore della ‘cassaforte’ del mandamento di Porta Nuova, tra i clan più ricchi di Palermo, e Sandro Capizzi, rampollo del boss Benedetto Capizzi, capomafia del clan di Santa Maria di Gesù, quello dello storico nemico di Totò Riina Stefano Bontate, morto poi nella guerra di mafia.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia