Si era recato nella clinica La Maddalena di Palermo per un day hospital, per curare un cancro che sta combattendo da anni. Si faceva chiamare “Andrea Bonafede” (nato il nato il 23 ottobre 1963), Matteo Messina Denaro, 60 anni, l’oramai ex primula rossa della mafia, arrestato il 16 gennaio dopo esattamente 30 anni di latitanza. “U siccu”, “il magro”, uno dei suoi soprannomi, è malato di tumore al colon e – secondo quanto emerge da ambienti della clinica – ha metastasi epatiche che lo obbligavano a sottoporsi a cicli periodici di chemioterapie.

Un blitz scattato intorno alle sette di questa mattina che ha visto in azione decine di carabinieri dei Ros (Raggruppamento Operativo Speciale). Secondo quanto emerge da fonti interne alla clinica, “Bonafede” era in cura da un paio d’anni, era un “paziente noto alla clinica”, e questa mattina si era recato lì per un day hospital. Aveva fato un tampone antiCovid ed era in attesa di ricevere la terapia quando c’è stata l’irruzione dei militari dell’Arma.

“Frequentava la clinica – dice un medico, che preferisce rimanere anonimo, all’Agi- ed era stato operato in Chirurgia, ora veniva seguito in Oncologia. Stamattina alle 6 non c’era nulla, poi i miei collaboratori mi hanno chiamato: ci sono i Ros, mi hanno detto, e si è presentato un militare in assetto di guerra, stiamo cercando una persona, mi ha detto, stia tranquillo. In ogni piano c’era uno di loro, dei carabinieri in assetto di guerra, lui è scappato, pè andato fuori al bar e lo hanno preso. Ha tentato la fuga al bar e c’è stato molto trambusto”. Matteo Messina Denaro ha subito due operazioni chirurgiche, una nel maggio 2021, l’altra durante la pandemia (il 13 novembre 2020 era stato operato per un cancro al colon nell’ospedale “Abele Ajello” di Mazara del Vallo). Pandemia che ha visto “U siccu” vaccinarsi tre volte nel 2021 vicino a Trapani e sempre con il nome di Andrea Bonafede.

Poi aggiunge: “Era un paziente noto alla clinica, ha fatto anche dei trattamenti. Un anno sicuramente per il day hospital. Ma non avevamo alcuna idea di chi fosse, figuriamoci se potevamo saperlo o riconoscerlo”. Secondo quanto raccontano alcuni sanitari, Messina Denaro “era un uomo generoso”. E ogni volta che andava portava olio o altre specialità contadine.

LE VOCI SULLA TRATTATIVA – Da anni si rincorrevano voci sulla presunta malattia di Matteo Messina Denaro. Lo scorso novembre, un ex mafioso, poi collaboratore di giustizia, Salvatore Baiardo aveva ipotizzato a “Non è l’Arena” su La7 una “trattativa per consegnarsi lui stesso” proprio perché “molto malato”. Anche per l’ex magistrato Otello Lupacchini, Matteo Messina Denaro “potrebbe essersi consegnato anche perché se non avessero garantito la sua sicurezza non sarebbe andato in una clinica, dove avrebbe potuto essere arrestato. Non dimentichiamo che per anni è sfuggito più volte alla cattura, segno evidente della cura che metteva alla sua sicurezza. È stato poi arrestato dopo 30 anni e un giorno dell’arresto di Totò Riina. Se è vero che è fortemente indebolito per una malattia nulla esclude che possa essersi consegnato perché avrebbe avuto poco da perdere”.

Rumors e voci che si rincorrono su più fronti ma che difficilmente verranno confermate, anche perché, da quanto emerge in queste prime ore successive all’arresto, il boss di Castelvetrano (Trapani) avrebbe tentato la fuga quando i carabinieri hanno fatto irruzione all’interno della clinica Maddalena ma è stato fermato dopo pochi secondi, confermando poi di essere “Matteo Messina Denaro”.

LA VERSIONE DI PROCURA E CARABINIERI – Finisce oggi una latitanza infinita, durata ben 30 anni, la maggior parte dei quali li avrebbe trascorsi proprio nella zona occidentale della Sicilia. Per la procura di Palermo, Messina Denaro è stato catturato grazie alle intercettazioni dei suoi familiari che hanno consentito di reperire pochi ma fondamentali dettagli proprio sulla malattia di Messina Denaro.

Da qui sarebbero partiti accertamenti da parte dei carabinieri del Ros, a partire dai dati sui malati oncologici raccolti dal ministero della Salute. E’ stata stilata una lista di pazienti che per età, provenienza, sesso e patologie erano compatibili con il boss di Castelvetrano e tra i nomi emersi c’era anche quello di Andrea Bonafede. Un cognome che ha attirato subito l’attenzione degli inquirenti perché si trattava di un nipote di un vecchio fiancheggiatore del padrino mafioso. 

Poi un altro dettaglio che ha fatto capire a carabinieri e pm che la direzione intrapresa era quella giusta: quando Messina Denaro è stato operato lo scorso maggio nella clinica La Maddalena, il suo ‘alias’ Bonafede era a casa. Così quando venerdì scorso, 13 gennaio, la clinica siciliana ha ricevuto la prenotazione dello stesso Bonafede per la visita odierna, è scattata l’organizzazione dei carabinieri che ha poi portato all’arresto di oggi, 16 gennaio.

LE CONDANNE – “U siccu” è stato condannato all’ergastolo per decine di omicidi, tra i quali quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito strangolato e sciolto nell’acido dopo quasi due anni di prigionia, per le stragi del ’92, costate la vita ai giudici Falcone e Borsellino, e per gli attentati del ’93 a Milano, Firenze e Roma.

ARTICOLO AGGIORNATO ALLE 21.30

 

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Giornalista professionista, nato a Napoli il 28 luglio 1987, ho iniziato a scrivere di sport prima di passare, dal 2015, a occuparmi principalmente di cronaca. Laureato in Scienze della Comunicazione al Suor Orsola Benincasa, ho frequentato la scuola di giornalismo e, nel frattempo, collaborato con diverse testate. Dopo le esperienze a Sky Sport e Mediaset, sono passato a Retenews24 e poi a VocediNapoli.it. Dall'ottobre del 2019 collaboro con la redazione del Riformista.