L’ultima volta che era stato visto in pubblico era l’agosto del 1993: a Forte dei Marmi, in Toscana, con i fratelli fidati Filippo e Giuseppe Graviano. Da allora nessuna traccia più di Matteo Messina Denaro, l’ultimo boss della Cosa Nostra stragista dei corleonesi, la “Primula Rossa” della Mafia siciliana, originario di Castelvetrano in provincia di Trapani, arrestato questa mattina a Palermo nei pressi della clinica La Maddalena, nel quartiere San Lorenzo, dove si curava per un tumore al colon. Era il primo della lista dei ricercati, latitante da quell’estate di trent’anni fa: da quando annunciò che avrebbe fatto perdere le sue tracce in una lettera alla sua fidanzata dell’epoca, Angela.

Figlio di Francesco detto Ciccio, capomafia di Castelvetrano e storico alleato dei corleonesi di Totò Riina. Era ricercato anche all’estero per associazione mafiosa, omicidio, strage, devastazione, detenzione e porto di materie esplodenti, furto. È stato ritenuto colpevole di aver contribuito all’organizzazione degli attentati compiuti a Roma, Milano e Firenze tra il 1992 e il 1993 per colpire lo stato italiano, e quello contro il presentatore televisivo Maurizio Costanzo (da cui Costanzo e la moglie Maria De Filippi uscirono illesi). Autorizzò anche il rapimento e l’omicidio di Giuseppe Di Matteo, figlio tredicenne di un mafioso pentito, rapito a San Giuseppe Jato, in provincia di Palermo, il 23 novembre 1993, strangolato e poi sciolto nell’acido da Giovanni Brusca l’11 gennaio 1996, dopo 25 mesi di prigionia. Era tra i dieci criminali più ricercati al mondo.

Dopo la cattura di Bernardo Provenzano, latitante per 38 anni, era diventato il ricercato numero uno in Italia. La sua lunga latitanza l’aveva in qualche modo annunciata lui stesso alla sua compagna dell’epoca, Angela, in una lettera in cui annunciava la sua fuga. L’ordine d’arresto numero 267/93 era stato spiccato per quattro omicidi, emesso da un giudice palermitano il 2 giugno 1993. Messina Denaro tre giorni dopo in quella lettera diceva addio per sempre alla fidanzata, “con il cuore a pezzi” ma con “la coscienza pulita”, perché il ricercato più ricercato di tutti si diceva innocente.

“Non so se hai capito che nell’operazione di ieri da parte dei carabinieri c’è anche un mandato di cattura nei miei confronti … Qualunque cosa abbiano messo è soltanto una grande infamia, perché sono innocente … È iniziato il mio calvario, e a 31 anni, e con la coscienza pulita, non è giusto né moralmente né umanamente … Spero tanto che Dio mi aiuti … Non voglio neanche pensare di coinvolgerti in questo labirinto da cui non so come uscirò … Vuol dire che il nostro destino era questo. Spero tanto, veramente di cuore, che almeno tu nella vita possa avere fortuna … Non pensare più a me, non ne vale la pena … Con il cuore a pezzi. Un abbraccio, Matteo”.

Messina Denaro ha segnato una discontinuità all’interno degli ambienti mafiosi anche per i suoi rapporti sentimentali. All’inizio la relazione con una giovane austriaca conosciuta in un albergo di Selinunte. Dopo l’inizio della latitanza la relazione con Francesca Alagna, con la quale nel 1996 ebbe una figlia, Lorenza, che il boss non avrebbe mai conosciuto ma che avrebbe reso Messina Denaro nonno, nel 2021. Dalla corrispondenza ritrovata in casa del cognato del boss, Filippo Guttadauro, era emersa la relazione con Maria Mesi, che si firmava Mari o Mariella, condannata per favoreggiamento per averlo ospitato e accompagnato durante la latitanza. Forse la sua ultima relazione. “Avrei voluto conoscerti fin da piccola e crescere con te, sicuramente te ne avrei combinate di tutti i colori perché da bambina ero un maschiaccio”, gli scriveva. Lui la chiamava Tecla. Con lei avrebbe passato una vacanza in Grecia nel 1994 e un’altra in un residence messo a disposizione dal boss Vito Mazzara a San Vito Lo Capo nel 1995.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.