Due ragazzini di 16 anni sono stati sottoposti a fermo per il reato di omicidio volontario aggravato dai futili motivi e dalla crudeltà. Sono accusati di aver ucciso con calci, pugni, spintoni un clochard di 43 anni di nazionalità ghanese, Akwasi Adofo Friederick, deceduto la mattina del 19 giugno scorso a Pomigliano d’Arco, comune in provincia di Napoli, dopo l’aggressione subita nelle ore precedenti, nella notte tra domenica e lunedì.

Ad eseguire il provvedimento di fermo, emesso dalla procura presso il tribunale per i Minorenni di Napoli guidata da Maria de Luzenberger, i carabinieri di Castello di Cisterna. La vittima è deceduta dopo un violento pestaggio avvenuto in via Principe di Piemonte. La salma è stata sequestrata per l’esame autoptico.

Grave trauma cranico

La vittima, secondo quanto ricostruito nelle indagini grazie all’ausilio anche delle telecamere presenti nella zona, è stata pestata in strada, poi avrebbe camminato per qualche metro fino ad accasciarsi all’interno di una corte condominiale, dove è stato soccorso in fin di vita. Trasportato all’ospedale di Nola, l’uomo è morto al pronto soccorso, nell’ospedale di Nola, in seguito a un grave trauma cranico ed emorragia cerebrale.

Gli approfondimenti, avviati nell’immediatezza dai militari dalla Stazione Carabinieri di Pomigliano d’Arco, e svolti con l’intervento dal Nucleo Operativo e Radiomobile di Castello di Cisterna e del Nucleo Investigativo, si sono incentrati sull’acquisizione e successiva minuziosa analisi delle telecamere presenti nella zona in cui la vittima è stata soccorsa. Proprio una telecamera, installata in un esercizio commerciale, ha ripreso la violenta aggressione, improvvisa e immotivata, da parte dei minori nei confronti della vittima, che si trovava da sola in strada.

Telecamere decisive, aggressione improvvisa e immotivata: calci e pugni alla testa quando era a terra

I due, dopo aver colpito al volto l’uomo, hanno continuato a sferrare calci e pugni, la maggior parte dei quali indirizzati al capo, quando ormai la vittima era immobile a terra. È stata quindi posta in essere dai carabinieri una sistematica raccolta di immagini impresse nei sistemi di videosorveglianza della città. I video estrapolati hanno permesso di ricostruire il percorso dei due giovani aggressori ed ottenere ritratti più nitidi dei relativi volti: il successivo raffronto foto e video pubblicati dai due 16enni sui propri profili social network, ha definitivamente consentito la loro individuazione.

Dalla visione dei profili social dei due ragazzi indagati è emersa la presenza di contenuti che esaltano la violenza, con immagini di coltelli e bastoni retrattili. Nel corso delle perquisizioni locali svolte presso le abitazioni degli indagati, sono stati rinvenuti indumenti utili alle indagini. Il provvedimento eseguito è una misura cautelare, disposta in sede di indagini preliminari, avverso la quale sono ammessi mezzi di impugnazione. I destinatari della misura sono persone sottoposte alle indagini e quindi presunte innocenti fino a sentenza definitiva

L’arrivo in barcone, il diploma, l’abbandono

Il 43enne era arrivato su un barcone in Italia oltre dieci anni fa, qualche anno dopo aveva conseguito la licenza media a Pomigliano. Non era la prima volta che veniva preso di mira da balordi. “È successo già altre volte e nessuno di noi ha mai fatto qualcosa perché non arrivasse il peggio. Purtroppo il peggio è arrivato. Perdonaci se puoi”, è scritto sul biglietto anonimo presente vicino alla panchina utilizzata spesso dall’uomo per riposare. Panchina dove da ieri sono presenti fiori, peluche e messaggi.

“Il problema è del razzismo che emerge in continuità”, dice il missionario comboniano Alex Zanotelli commentando, nel corso di una manifestazione che si è tenuta davanti al consolato greco di Napoli per ricordare la strage di migranti a Pylos, l’uccisione di Frederick Akwasi Adofo. “Man mano che si va avanti, in Europa, parlo dell’Italia, dell’Ungheria, della Polonia, con governi di suprematismo bianco, noi bianchi – spiega padre Alex Zanotelli – non vogliamo saperne dell’altro, basta che abbia il volto scuro o sia un musulmano e diventa l’altro, ci fa paura. Dobbiamo uscire davvero da questo, richiederà una rivoluzione culturale, le scuole, le chiese devono davvero giocarsi tutto su una questione ormai di umanità”.

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Giornalista professionista, nato a Napoli il 28 luglio 1987, ho iniziato a scrivere di sport prima di passare, dal 2015, a occuparmi principalmente di cronaca. Laureato in Scienze della Comunicazione al Suor Orsola Benincasa, ho frequentato la scuola di giornalismo e, nel frattempo, collaborato con diverse testate. Dopo le esperienze a Sky Sport e Mediaset, sono passato a Retenews24 e poi a VocediNapoli.it. Dall'ottobre del 2019 collaboro con la redazione del Riformista.