La storia del procedimento giudiziario
Codice Interno, da inchiesta a terreno di scontro: il rifugio del centrodestra sprovvisto di candidato
A Bari risultano indagate otto persone tra consiglieri comunali e dipendenti di enti pubblici. Numero che il titolare del Viminale Matteo Piantedosi ha ritenuto sufficiente per nominare una commissione di accesso finalizzata a verificare una ipotesi di scioglimento del Comune. Decisione apparsa di tipo politico più che giudiziario.
L’inizio dello scontro è datato 26 febbraio 2024, quando la procura di Bari emette due ordinanze nell’ambito dell’inchiesta «Codice interno»: complessivamente saranno raggiunte 130 persone. Parte dei personaggi coinvolti finirà in carcere, altri invece saranno costretti alla reclusione domiciliare. Tra di loro anche dei funzionari pubblici. Una consigliera comunale, Maria Carmen Lorusso, e suo marito Giacomo Olivieri, ex consigliere regionale. Poi quattro dipendenti dell’azienda di trasporto cittadina (Amtab, ora guidata dall’amministratore giudiziario Luca D’Amore). E ancora, due vigilesse della polizia locale. Otto persone appunto, su circa tremila dipendenti di cui si avvalgono comune di Bari e municipalizzate.
Sotto indagine
Le persone coinvolte (i 130 indagati) sono state ritenute responsabili a vario titolo di associazione di tipo mafioso, estorsioni, porto e detenzioni di armi da sparo, illecita commercializzazione di sostanze stupefacenti, turbata libertà degli incanti, frode in competizioni sportive, tutti reati aggravati dal metodo mafioso. E ancora, tra i reati compare anche quanto previsto dall’articolo 416 ter del codice penale: scambio elettorale politico-mafioso. Il nodo su cui nasce la bagarre che contrappone l’amministrazione in carica e l’opposizione. In base alle indagini della Direzione distrettuale antimafia, sarebbe infatti stata documentata una presunta ingerenza elettorale politico-mafiosa. In particolare, di organizzazioni criminali che fanno capo alle famiglie Parisi-Palermiti, al nucleo degli Strisciuglio e ai Montani. Rei di essere intervenuti nelle elezioni comunali del 26 maggio 2019. Quelle che avrebbero portato poi all’elezione di Lorusso in consiglio comunale, eletta nel centrodestra e passata poi nelle fila del centrosinistra.
Il centrodestra sprovvisto di candidato
Dopo l’annuncio dell’inchiesta, quello che era nato come un procedimento giudiziario è diventato scontro politico. Con buona pace delle parole spese dalla magistratura nelle ore subito successive agli arresti. Era stato proprio il procuratore di Bari Roberto Rossi a chiarire in occasione della conferenza stampa sulle vicende oggetto dell’inchiesta che «l’amministrazione comunale, anche nella persona del sindaco, ha dato grandissima collaborazione alla Procura per il raggiungimento dei risultati sulla legalità». A distanza di 25 giorni, il comune rischia di essere commissariato. O per lo meno, questo vorrebbe lasciare intendere il mondo del centrodestra barese che a meno di tre mesi dalle elezioni è sprovvisto di candidato. Secondo il ministro Piantedosi, i numeri sono sufficienti per chiedere al prefetto di Bari Francesco Russo di approfondire le analisi sul ruolo dell’amministrazione cittadina. Paventando, da Roma, l’intervento di un ente governativo terzo che si trovi a circa ottanta giorni dalle urne a guidare un capoluogo di regione che nella sua area metropolitana conta un milione e duecento mila abitanti. Rimangono forti i dubbi sull’opportunità della procedura in atto, nessuno invece sulla legittimità. In una accorata conferenza stampa andata in scena ieri mattina, il sindaco Antonio Decaro ha voluto annunciare la sua disponibilità alla piena collaborazione con i funzionari in arrivo da Roma. Consapevole, a suo dire, che qualsiasi indagine fugherà ogni dubbio sul presunto coinvolgimento dell’amministrazione.
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