Avete mai visto un giudice che invece di scrivere una sentenza disegna uno “schemino” (candidato n. 2814)? O che invece di articolare il ragionamento che lo ha condotto alla decisione si limita ad elencare gli articoli di legge (candidato n. 1333)? O che, oltre al pegno e all’ipoteca, inserisce la “servitù prediale” fra i diritti reali di garanzia (candidato n. 95)? In caso la risposta fosse negativa, preparatevi: fra poco potrà capitarvi di leggere sentenze dove i paragrafi sono stati sostituti dalle freccette dei diagrammi di flusso o dove la motivazione è come il Codice enigma, va decifrata. La lettura degli elaborati delle prove scritte dell’ultimo concorso per trecentotrenta posti di magistrato ordinario sta evidenziando più di una sorpresa, creando fin da ora ansia nei cittadini che potranno incappare in queste nuove leve togate.

Diversi candidati che sono stati bocciati agli scritti hanno fatto in queste settimane l’accesso agli atti, in vista di un ricorso al Tar, per capire che cosa avessero sbagliato e quale fosse il maggior livello qualitativo degli ammessi alle prove orali. Ad assisterli Maria Rosaria Sodano, fino allo scorso anno, prima di andare in pensione, giudice della Corte d’Appello di Milano, e ora tutor di alcuni ragazzi che provano il concorso in magistratura. I compiti analizzati (in questa pagina è possibile vederne qualche esempio), alcuni redatti in un italiano improbabile, presentano poi molte “anomalie”. Ci sono elaborati scritti interamente in stampatello maiuscolo, altri con righe vuote tra una frase e l’altra, altri ancora con una infinità di correzioni e cancellature da essere illeggibili.

Sul contenuto, infine, “orrori” giuridici a nastro. La genesi di questo concorso è alquanto complessa. Bandito nel 2017, la Commissione esaminatrice venne nominata ad ottobre dell’anno successivo. Le prove scritte, tre, si tennero a giugno dello scorso anno. La correzione è terminata qualche settimana fa. Come per tutto ciò che attiene il funzionamento del sistema giustizia, anche il concorso per indossare la toga non poteva essere immune dalle pressioni delle correnti della magistratura. La Commissione è composta da ventotto membri. Venti sono magistrati. Chi ha scelto queste venti toghe? Domanda retorica: Il Consiglio superiore della magistratura.

Con quali criteri? Con il “sorteggio”. I magistrati che volevano far parte della Commissione esaminatrice e quindi per un paio di anni stare lontani dai tribunali, avevano segnalato il proprio nome al Csm. Sulle modalità del sorteggio non è però dato sapere. Il Guardasigilli ha poi provveduto con proprio decreto alla nomina formale della Commissione. Il concorso in magistratura ha delle regole diverse da tutti gli altri concorsi pubblici. Sui segni di riconoscimento, ad esempio, le regole in vigore prevedono solo che il candidato “non debba farsi riconoscere”, lasciando alla Commissione di turno il compito di fissare quali siano i relativi criteri. Quindi il candidato può disegnare un pallino all’inizio di ogni rigo o lasciare spazi bianchi nelle pagine ed è tutto regolare. Ed anche fare lo schemino con le freccette invece che articolare le frasi nel tema.

La discrezionalità senza limiti della Commissione si spinge fino a vette inimmaginabili. Ogni esame, infatti, fa storia a sè. Lo schemino, ad esempio, poteva essere fonte di sicura bocciatura in un concorso precedente. A queste prove i partecipanti erano circa tredicimila. Poco meno di quattromila quelli che poi hanno consegnato gli elaborati. Il concorso si può tentare al massimo tre volte. Il capogruppo in Commissione giustizia della Camera Pierantonio Zanettin (FI) ha chiesto ieri al ministro Bonafede, con una interrogazione urgente, se abbia intenzione di mettere in campo qualche attività ispettiva per capire che cosa sia successo nella correzione dei compiti. Siamo già certi che non succederà nulla.

Dimenticavamo: fra le riforme epocali previste dal Guardasigilli grillino vi è anche quella del concorso in magistratura: sarebbe il caso di accelerare, mettendo così ordine nel far west delle scuole di formazione, dove insegnano i magistrati, e la cui frequenza pare essere un “indispensabile” biglietto da visita per azzeccare il titolo delle tracce.