Gli occhi dicono ciò che bocca deve tacere. Sebbene dall’alto della carica istituzionale e di garanzia, Augusto Antonio Barbera, presidente della Corte Costituzionale, non riesce a sottrarsi al richiamo del parlamentare che è stato. “Voi mi volete trascinare in giudizi politici che non mi competono” dice sorridendo ai giornalisti che lo interrogano, quasi lo “provocano” mettendo a dura prova la parte di vita che lo ha visto per cinque legislature in Parlamento e poi ministro (dal 1976 al 1994). “È vero, fatico a non rispondere ma non risponderò. Mi pongo invece in paziente, ma non troppo, attesa anche se siamo stanchi di aspettare questo Godot”.

Godot e i due temi cruciali

“Godot” sarebbe il Parlamento italiano che nonostante gli inviti e i solleciti della Corte ancora non ha deliberato su due temi cruciali, temi di civiltà: il fine vita e l’adozione di figli da parte di coppie omosessuali. Ma se Godot non dovesse arrivare, è la promessa, “sarà la Corte a decidere dando seguito con le sue pronunce ai quesiti che arrivano da altri giudici e dai territori”.
La Riunione straordinaria annuale del Presidente della Corte costituzionale corre spesso il rischio di essere un rito stanco e di difficile divulgazione. Questo rischio è stato decisamente evitato durante la presidenza Amato e messo nel cassetto dall’attuale presidente Augusto Barbera. Dove le parole non sono potute arrivare, ci hanno pensato gli occhi. Che talvolta hanno incontrato un mezzo sorriso del presidente Mattarella in prima fila con al fianco il presidente della Camera Lorenzo Fontana e il ministro Guardasigilli Carlo Nordio.

Meloni e La Russa assenti

La presidente della Cassazione Margherita Cassano, il vicepresidente del Csm Fabio Pinelli, la vicepresidente del Senato Anna Rossomando, il ministro Gennaro Sangiuliano (a tratti infastidito) e il sottosegretario Alfredo Mantovano (impassibile come una statura di sale) completavano le autorità in prima fila. Assente dunque la premier Meloni (non pervenuta anche all’inaugurazione dell’anno giudiziario a metà gennaio) e il presidente del Senato Ignazio La Russa. Coincidenze. Solo coincidenze.
Barbera firma una relazione di venti pagine (beata sintesi) con almeno sette acuti: servono con urgenza leggi chiare sul fine vita e sulle adozioni delle coppie omosessuali; la nostra Carta è tuttora “assai robusta perché eclettica ed inclusiva”, messaggio lanciato perché sta mettendo mano alle riforme; il principio inviolabile della separazione dei poteri vale per il Parlamento e il governo e anche per la magistratura; il dovere di cooperazione tra la Corte e il legislatore; basta con la strage dei morti sul lavoro e sui femminicidi.

Il silenzio del legislatore

Barbera parla di “rammarico perché nei casi più significativi il legislatore non è intervenuto, rinunciando ad una sua prerogativa e obbligando così questa Corte a procedere con una propria e autonoma soluzione”. Con queste parole denuncia l’inerzia legislativa del Parlamento rispetto a temi che salgono con urgenza dalla società civile come il caso Cappato sul fine vita (sentenza n.242 del 2019) e come “la condizione anagrafica di figli di coppie dello stesso sesso (auspicate con ben due sentenze, la n.32 e 33 del 2021). In entrambi i casi – è la denuncia di Barbera – “il silenzio del legislatore sta portando, nel primo, a numerose supplenze delle assemblee regionali; nel secondo, al disordinato e contraddittorio intervento dei sindaci preposti ai registri dell’anagrafe”. Il caos. Di fronte al quale la Corte non potrà rifiutarsi dal dire una parola finale e dirimente per tutti “attraverso i giudizi sui ricorsi in via incidentale”. Ne sta arrivando, ad esempio, uno sollevato da un gip di Firenze che potrebbe diventare la chiave per il tutto. La Corte “non è attività servente del Parlamento. Ma se resta l’inerzia, la Corte non potrà sottrarsi da una pronuncia”.

Le riforme e pm fai da te

Tutti vanno in cerca di un riferimento anche minimo al tema delle riforme costituzionali, premierato, autonomia regionale differenziata. Su questo tema si può forse intravedere un riferimento a pagina 5 della Relazione quando il Presidente parla di “riduzione dei ricorsi in via principale di circa il 60 per cento”. E della “tendenza ormai acquisita ad un alleggerimento delle questioni in via incidentale”. Barbera si chiede se una “simile flessione corrisponde ad un effettivo allentamento delle problematiche costituzionali poste all’attenzione delle magistrature”. Ma non è così, “anzi tali problematiche appaiono più vive che mai sotto l’effetto di molteplici spinte politiche e sociali”. E, al tempo stesso, “si riscontrano orientamenti di giurisprudenza che, attraverso una attività interpretativa orientata direttamente ai valori costituzionali (o ritenuti tali), finiscono per risolversi in una più o meno grave disapplicazione di disposizioni legislative, persino da parte di giurisdizioni superiori”. Insomma, giudici costituzionali fai da te che nella fretta di dare una risposta rapida ed efficace (“forme anomale di attivismo giudiziario”) spesso fanno danno e non danno la necessaria tutela ai diritti inviolabili. E allora, se è necessario dire “no alla fragile costituzione dei custodi”, è giusto anche chiedere “se dietro la decisa diminuzione dei ricorsi oltre ad una maggiore armonia tra governo centrale e regioni (venti a guida centrodestra, ndr) ci sia un primo assaggio di autonomia differenziata”.

È un dubbio che interroga la tenuta della Repubblica nel suo sistema di pesi e contrappesi.
Il 2023 è stato anche l’anno che ha visto in Italia “atroci casi di femminicidio e numerose e ripugnanti violenze contro le donne. Ed è stato l’anno in cui oltre mille persone sono morte sul lavoro”. Barbera fa una promessa: “Si tratta di tragedie che hanno visto e vedranno impegnata la Corte costituzionale”. Arriveranno presto ricorsi contro un codice degli appalti che liberalizza tutto.
Gli occhi della Corte sono già pronti.

Avatar photo

Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.