“L’immunità di gregge per la pandemia Sars-Cov-2 è un errore pericoloso, non ci sono prove scientifiche”. A dirlo sono ottanta ricercatori da tutto il mondo in una lettera pubblicata ieri sulla prestigiosa rivista medica Lancet. Sono epidemiologi, virologi, esperti di malattie infettive e sanità pubblica: tutti sono coalizzati per comunicare la gravità della nuova ondata, soprattutto all’indomani della dichiarazione della Casa Bianca di non voler limitare la pandemia con delle restrizioni optando per l”immunità di gregge”.

Questa, “suggerisce di consentire un ampio focolaio incontrollato nella popolazione a basso rischio proteggendo i più vulnerabili. I sostenitori – si legge sul portale del Lancet – suggeriscono che questo alla fine proteggerà i vulnerabili. Questo è un errore pericoloso non supportato da prove scientifiche. Qualsiasi strategia di gestione della pandemia basata sull’immunità da infezioni naturali per Covid-19 è difettosa. Oltre al costo umano – insistono gli scienziati nella lettera aperta – ciò avrebbe un impatto sulla forza lavoro nel suo complesso e sopraffarebbe la capacità dei sistemi sanitari di fornire cure intensive e di routine. Inoltre, non ci sono prove di un’immunità protettiva duratura alla Sars-Cov-2 a seguito di infezione naturale, e la trasmissione endemica derivata dal declino dell’immunità rappresenterebbe un rischio per le popolazioni vulnerabili per un tempo indefinito. Una strategia del genere non porrebbe fine alla pandemia ma si tradurrebbe in epidemie ricorrenti, come nel caso di numerose malattie infettive prima dell’avvento della vaccinazione”, dicono categorici gli ottanta esperti.

Questa strategia, continuano gli scienziati, rappresenterebbe un “carico inaccettabile per l’economia e gli operatori sanitari, molti dei quali sono morti a causa del Covid-19 o hanno subito traumi a causa della pratica della medicina ‘catastrofica’”. Gli ottanta virologi, epidemiologi ed esperti medici hanno ricordato anche che si sa ancora chi effettivamente potrebbe soffrire di Covid-19, e che anche solo prendendo in considerazione le persone a rischio di malattie gravi “la percentuale di persone vulnerabili costituisce fino al 30% della popolazione in alcuni regioni. L’isolamento prolungato di ampie fasce della popolazione è praticamente impossibile e altamente immorale – sottolineano -. L’evidenza empirica di molti Paesi mostra che non è fattibile limitare i focolai incontrollati a particolari settori della società”.

Hanno posto poi l’accento su una problematica ricorrente in più Paesi: la distribuzione del virus a seconda delle capacità economiche e culturali di una certa fascia di popolazione di difendersi. “Un simile approccio rischia di esacerbare ulteriormente le disuguaglianze socioeconomiche e le discriminazioni strutturali già messe a nudo dalla pandemia – dicono -. Sono essenziali sforzi speciali per proteggere i più vulnerabili, ma devono andare di pari passo con strategie su più fronti a livello di popolazione”.

Con più di 35 milioni di positivi nel mondo e oltre un milione di decessi registrati dall’Oms lo scorso 12 ottobre, gli scienziati si focalizzano nell’articolo sull’importanza di una comunicazione chiara di cosa serva davvero per rallentare la trasmissione del virus. Questa, si legge, “può essere mitigata attraverso l’allontanamento fisico, uso di rivestimenti per il viso, igiene delle mani e delle vie respiratorie, evitando la folla e gli spazi poco ventilati. Anche test rapidi, tracciamento dei contatti e isolamento sono fondamentali per il controllo della trasmissione. L’Oms ha sostenuto queste misure sin dall’inizio della pandemia”, ricordano gli scienziati, che hanno evidenziato come i blocchi istituiti nei vari Paesi “sebbene abbiano avuto un impatto distruttivo sulla salute mentale e fisica e danneggiato l’economia” siano stati l’unico modo per porre freno ai contagi.

“Il tasso di mortalità per infezione del Covid-19 – ricordano ancora gli studiosi nell’articolo, anche per smentire le molte notizie scorrette divulgate soprattutto negli Stati Uniti – è molte volte superiore a quello dell’influenza stagionale, e l’infezione può portare a malattie persistenti, anche in persone giovani e precedentemente sane. Non è chiaro per quanto tempo l’immunità protettiva dura e, come altri coronavirus stagionali, Sars-Cov-2 è in grado di reinfettare persone che hanno già avuto la malattia”.

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