Il periodo tra il 1° gennaio e il 28 febbraio registra 114.514 morti in Italia, ovvero 10.148 in meno rispetto ai 124.662 attesi mentre tra marzo e aprile si sono registrati 156.429 decessi, in aumento di 46.909 rispetto ai 109.520 attesi. Il numero di morti dichiarate come Covid-19 nello stesso periodo è stato di 27.938. Lo rileva l’Inps nello studio ‘Analisi della mortalità nel periodo di epidemia da Covid-19’. “Tenuto conto che il numero di decessi è piuttosto stabile nel tempo, con le dovute cautele – spiega l’Inps – possiamo attribuire una gran parte dei maggiori decessi avvenuti negli ultimi due mesi, rispetto a quelli della baseline riferita allo stesso periodo, all’epidemia in atto”.

L’analisi dell’Inps non manca di tirare in ballo i numeri forniti giornalmente dal dipartimento della Protezione Civile, una quantificazione dei decessi considerata “poco attendibile, in quanto influenzata non solo dalla modalità di classificazione della causa di morte, ma anche dall’esecuzione di un test di positività al virus”. Inoltre “anche il luogo in cui avviene il decesso è rilevante poiché, mentre è molto probabile che il test venga effettuato in ambito ospedaliero, è molto difficile che questo venga effettuato se il decesso avviene in casa”.

Guardando alla distribuzione per età e sesso si desume un’età media al decesso di 81,5 (78,5 anni per i maschi e 85,1 per le femmine). La percentuale di donne è risultata del 44,5% mentre nello stesso periodo riferito alla baseline risulta del 53,8%, a conferma che il virus colpisce maggiormente gli uomini. L’Inps precisa che il 94% dei deceduti nel 2020 sono soggetti che percepivano una o più delle seguenti prestazioni: pensione, assegno sociale, invalidità civile, indennità Inail e assegno di accompagnamento. Sul totale dei decessi nelle province più colpite la percentuale dei percettori di indennità è pari al 54% con riferimento ai primi 2 mesi del 2020 e si abbassa al 45% nel periodo successivo.

L’Inps si concentra in particolare sul Nord Italia, zona dove i decessi sono aumentati dell’84% rispetto alla media degli anni precedenti a fronte di un aumento del 11% al Centro e del 5% al Sud. Guardando al dato per province, l’Istituto rileva che le province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza presentano tutte una percentuale di decessi superiore al 200% e che quasi tutto il nord-ovest dell’Italia ha un incremento dei decessi superiore al 50%.

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