«La psicoanalisi aveva una spiegazione per tutto. Era un rito sacro che riempiva un vuoto di senso e soddisfaceva la domanda di chi era alla ricerca di un risarcimento. Le persone che nella infanzia erano state trascurate, non viste, umiliate, videro nel rigore e nella autorevolezza della psicoanalisi l’occasione per essere risarcite e di sentirsi speciali, migliori, diverse. Così come molti schiacciati dalle ingiustizie, sconfitti dalla vita, umiliati dallo sfruttamento, vittime di un capitalismo feroce avevano trovato lo stesso riscatto nel Pci». Le due strade, la psicanalisi e la politica, si sono incrociate nella vita di Maria Chiara Risoldi, che in questo “Freud. Illusioni e delusioni” (Armando editore) partendo dal suo vissuto traccia appunto il suo percorso da paziente e poi da terapeuta e descrive l’impatto, un vero corpo a corpo, con il freudismo.

Impatto tostissimo, e forse, per parafrasare il titolo, deludente: probabile che la risposta sia molto più complicata. Nel libro Risoldi racconta, racconta e ancora racconta le sue terapie, diremmo, sul lettino o sulla poltrona davanti al lettino: e ci propone una lettura molto umana e anche di notevole spessore scientifico perché la sua esperienza professionale è davvero molto ricca, così che in questo libro si ritrovano gli elementi essenziali, come fosse un piccolo breviario, di storia della psicanalisi. Dentro tutto questo si affaccia la militanza politica nei mitici anni Settanta, prima nella sua Bologna e poi a Roma a fare giornalismo militante di un certo livello nella autorevole redazione di “Rinascita“, il settimanale del Pci.

Grandi successi personali, intelligente, colta e bella. Risoldi tuttavia cambia nuovamente strada: «Se avessi fatto la giornalista non sarei potuta restare ferma nel mio angolino. Sarei diventata poco più di una passacarte. Competere era indispensabile. Se avessi fatto la psicoanalista non avrei avuto bisogno di avere successo. Bastava lavorare con efficacia e onestà con i pazienti e potevo tranquillamente restare ferma nel mio angolino. La psicoanalisi era un po’ come prendere i voti e chiudersi in convento». Quindi, «un dirigente del partito mi convocò per convincermi a restare con l’allettante proposta di andare a Raitre. Rifiutai e consegnai le dimissioni da Rinascita».

Ci voleva coraggio. Maria Chiara Risoldi lo ebbe e non se n’è pentita. Continuando sempre a cercare, perché, come disse Wittgenstein, «dare una ragione di quanto si è fatto o detto, significa mostrare una via che porta a quest’azione». Non è davvero facile trovare questa “via”, ma è giusto provarci.