Europa
Crisi energetica, l’Europa alla prova del 2025: sarà l’anno dell’indipendenza?
Oggi la crisi energetica è aggravata da tensioni geopolitiche e pressioni degli Usa La concorrenza asiatica minaccia le forniture. Sarà un anno cruciale per l’Europa

È in atto la tempesta perfetta per il Vecchio continente: il ritorno della guerra nel versante orientale eurasiatico, la strutturale instabilità del quadrante mediorientale e lo storico alleato atlantico che minaccia di abbandonare a sé stessa l’Europa se non prenderà in considerazione una nuova politica economica, che possa andare a riequilibrare la bilancia commerciale tra le due sponde dell’Atlantico.
In questo clima di crescenti tensioni geopolitiche e geoeconomiche, uno degli elementi fondamentali della competizione internazionale è senz’altro il tema energetico. In un contesto globale in costante mutamento, l’Oxford Institute for Energy Studies ha recentemente pubblicato un rapporto che va a delineare i possibili sviluppi per il 2025 del mercato energetico. Secondo quanto rappresentato dall’Istituto britannico, quest’anno sarà caratterizzato da una maggiore attenzione per il mercato energetico da parte dei principali player internazionali. Infatti, secondo l’OIES, anche in virtù delle politiche energetiche e delle scelte geopolitiche dell’amministrazione Trump, il 2025 rappresenterà un anno cruciale per gli sviluppi di questo mercato globale.
La fuoriuscita dagli accordi di Parigi, nonché la scelta di tornare a promuovere le trivellazioni sul proprio territorio, volendo far fruttare “l’oro liquido che scorre sotto i piedi degli americani”, sono due elementi fondamentali delle nuove prospettive energetiche statunitensi. Infatti il presidente Trump ha deciso di saldare le proprie prospettive imperialiste con una rinnovata visione strategica in ambito energetico, che cercherà di consolidare il primato – tanto in ambito economico quanto in quello energetico – degli Stati Uniti nell’agone internazionale. Il cambio di rotta imposto dalla nuova amministrazione ai rapporti economici tra le due sponde dell’Atlantico era stato già preannunciato da The Donald a fine 2024, quando – affidando il suo messaggio a Truth – intimò a Bruxelles di “colmare il suo enorme deficit con gli Stati Uniti acquistando su larga scala il nostro petrolio e il nostro gas. Altrimenti, sono dazi a tutto spiano!”.
Il rinnovato fervore statunitense si inserisce in un momento di particolare debolezza per l’Unione europea. Secondo il politologo americano Ian Bremmer, difatti, le pressioni Usa potrebbero andare a esacerbare le croniche criticità dell’Unione, “minacciando il continente con una crisi esistenziale che potrebbe rompere l’unità europea”. Una delle principali criticità che sta affrontando l’Unione europea è, senza dubbio, quella dell’approvvigionamento energetico. Infatti, dall’invasione russa del territorio ucraino, la Ue sta vivendo con difficoltà la transizione energetica. Se da un lato prosegue (e lo ha ribadito a Davos la presidente von der Leyen) il percorso verso una transizione sostenibile basata sulle fonti rinnovabili, dall’altro permane la strutturale dipendenza continentale dalle importazioni di energia.
L’interruzione delle forniture di gas attraverso l’Ucraina e il calo della produzione locale hanno spinto l’Europa a ricorrere a maggiori importazioni di GNL e – pur cercando di diversificare i propri approvvigionamenti – gli Stati membri rimangono ancora fortemente dipendenti dalle forniture di gas russo, non riuscendo a soddisfare totalmente per altre vie la propria domanda interna. A questo scenario complesso, si aggiunge un’ulteriore difficoltà per l’Europa: la crescente richiesta di gas e GNL da parte del mercato asiatico.
Infatti, sempre secondo l’Oxford Institute, le richieste provenienti dall’Asia – incentivate altresì dall’orientalizzazione del mercato economico ed energetico della Russia – potrebbero non solo far lievitare ulteriormente i prezzi, ma anche ridurre le disponibilità di approvvigionamento per gli Stati membri. Aggiungendo nuovi ostacoli alle già croniche difficoltà europee. Ciononostante, l’obiettivo della Commissione rimane quello di far riempire agli Stati membri i propri stoccaggi al 90% entro l’1 novembre. Una sfida che nel 2024 è stata vinta con uno stoccaggio record, ma che si preannuncia – secondo l’OIES – sicuramente più impegnativa per il 2025.
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