Sei Punte
Un'accusa storica che va oltre Gaza
Cuba, patria del diritto umanitario, interviene nel procedimento per genocidio contro Israele

La Repubblica di Cuba non è il primo e non sarà l’ultimo Stato-canaglia che interviene nel processo avviato contro Israele sul ricorso che il Sud Africa, alla fine del 2023, ha presentato alla Corte Internazionale di Giustizia.
Ovviamente non sarebbe corretto giudicare la fondatezza di un’accusa facendo lo scrutinio morale del soggetto che la rivolge, e tuttavia si ammetterà che qualcosa stona se a concionare di diritto umanitario sono ordinamenti repressivi di cui tutto si potrà dire, tranne che abbiano il culto dei diritti elementari delle persone. Ma, ciò a parte, la discesa in campo anti-israeliano da parte di Cuba si segnala in modo assai interessante per un motivo, diciamo così, di merito: e cioè proprio per il contenuto dell’intervento processuale che la dittatura comunista ha inteso sottoporre ai giudici dell’Aia.
La tesi forte dei cubani, peraltro già propugnata dal rappresentante sudafricano nell’udienza di esordio del procedimento alla Corte Internazionale di Giustizia, è che il presunto “genocidio” di cui si renderebbe responsabile Israele non comincerebbe affatto dopo gli eccidi del 7 ottobre ma, ben più gravemente, avrebbe corso da decenni e decenni. Genocidiaria, insomma, sarebbe la stessa giustapposizione statuale di Israele: un paese – dice Cuba – che, in “più di settantacinque anni di azioni e omissioni”, ha dimostrato il proprio dolo nella commissione del crimine di genocidio. Per questo motivo, conclude Cuba, la Corte dovrà prendere in considerazione e giudicare “le azioni o omissioni che, per decenni, hanno costituito le politiche dei diversi governi israeliani”.
Se il processo prendesse questo andazzo e si proponesse di piegare verso questo diverso terreno di indagine, vorrebbe dire che perderebbe – semmai lo avesse avuto – ogni riferimento giuridico ai fatti della guerra di Gaza e assumerebbe senza più nessun infingimento le fattezze di una ricognizione storico-politica rivolta a contestare la stessa legittimità dell’esistenza dello Stato Ebraico. Genocida per nascita, diciamo così.
È talmente profondo l’abisso cui conduce il pregiudizio anti-israeliano e anti-ebraico, ed è così aperto il panorama delle aberrazioni cui esso può dar luogo, che non sarebbe neppure stupefacente se l’impostazione sudafrican-cubana arrivasse a corrompere e orientare gli intendimenti della Corte. E se, dunque, il genocidio di cui si denuncia la commissione dovesse essere ritenuto sussistente non già per riscontri fattuali emergenti dal conflitto in corso, ma alla luce di “75 anni di azioni e omissioni”. Neppure attribuibili, si badi, a questo o quel governo di Israele, ma a indiscriminatamente a tutti; e nemmeno riferibili a comportamenti identificati, ma a un vago “contesto” intrinsecamente criminale puramente coincidente con l’esistenza e la vicenda del popolo ebraico in Israele.
Anche chi non avesse spiccate simpatie per Israele, anche chi non ritenesse autonomamente oltraggiosa l’accusa di genocidio, potrebbe forse meditare sulla piega ulteriore che quell’accusa rischia ormai di prendere.
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