Lavoro, giovani, identità
Danilo Venturi, direttore IED: “L’istituto ha avuto la capacità di leggere le trasformazioni sociali ed economiche, Milano capitale dell’arte del futuro”

Milano e il design sono cresciuti insieme, in un dialogo costante che ha modellato l’identità della città e ridefinito il ruolo stesso del design. Il design è il linguaggio attraverso cui la città evolve e si proietta nel futuro. Fare design oggi significa leggere la complessità delle aree urbane, proporre soluzioni per migliorare la qualità della vita. Significa creare connessioni tra luoghi, comunità e tecnologie.
«È ‘impossibile immaginare Milano senza Design. Sarebbe come separare un’anima dal suo corpo – afferma Danilo Venturi, direttore dello IED di Milano, l’Istituto Europeo del Design, che si appresta a compiere 60 anni di attività -, Il design è parte del DNA milanese, alimentato da una continua tensione verso l’innovazione, la sperimentazione, la ricerca. Allo stesso modo, il design perderebbe una delle sue voci più autorevoli senza Milano: una città che gli ha dato una casa, ma anche una spinta continua ad evolversi».
Un design diventato cultura e società, oltre che economia.
«Il design non è diventato cultura, è prima di tutto cultura. Design significa letteralmente: dare significato. È cioè una delle attività che rende gli umani qualcosa di diverso dal resto del regno animale. Include la visione, cioè la capacità di immaginare, e la techné, cioè la capacità di creare. Certo, poi come per tutte industrie creative, il design è anche un’attività economica. Ma anche l’economia è cultura, o meglio, il modo in cui si fa economia lo è. A Milano, la Design Week, così come le innumerevoli iniziative collegate al design, hanno modellato le nostre abitudini, scandiscono il tempo. Non è solo business, ma un vero e proprio esercizio collettivo di immaginazione e progettualità».
Accade quando una città si apre alle attività creative innovative, facendole uscire dal concetto di “produttività” e soprattutto dal loro stretto ambito.
«Il design ha dialogato con tutte le anime più vive e dinamiche di Milano: con la moda, l’arte, l’architettura, la tecnologia. Le ultime edizioni della Milano Design Week lo dimostrano: la città si trasforma in una piattaforma fluida dove i linguaggi creativi si intrecciano. Eventi e installazioni emergono ovunque, spesso sorprendenti, a volte eccentrici, ma sempre espressione di un fermento culturale unico. Il rapporto con la moda è forse il più evidente: dal programma “Milano Moda Design” alla partecipazione di brand iconici come Gucci e Prada, il dialogo tra fashion e design è sempre più stretto, generando progetti in cui creatività, artigianato e innovazione si incontrano».
Ma il tema “lavoro”, soprattutto in questo momento storico, è fondamentale, soprattutto in prospettiva, per le nove generazioni. Quanto il design riesce ad essere driver dell’occupazione e quanto attrae talenti?
«Più che il design in senso stretto, è l’intera industria creativa ad essere uno dei principali motori di sviluppo della città. Milano attrae talenti da tutto il mondo e offre ai giovani l’opportunità concreta di trasformare le idee in progetti, i progetti in professioni. È un ecosistema vivo, connesso, internazionale. Non è un caso che testate come il Financial Times abbiano definito Milano “la capitale dell’arte del futuro”: un luogo dove creatività e industria si incontrano, generando valore, visione e lavoro».
IED si avvicina a compiere 60 anni: da che necessità o intuizione è nato e che sviluppo ha intercettato e supportato in questi decenni?
«IED è nato a Milano, in quegli anni ’60 in cui la città si affermava tra le capitali internazionali della creatività. Era un’epoca di boom economico ma anche di fermento politico e culturale. L’intuizione fu tanto semplice quanto rivoluzionaria: portare i designer in aula, formare nuove generazioni di creativi attraverso chi stava già contribuendo alla costruzione del made in Italy. IED ha sempre avuto la capacità di leggere le trasformazioni sociali ed economiche del nostro paese, da quella industriale a quella digitale, fino all’attuale ricerca di sostenibilità ambientale e inclusione sociale. La cultura visiva, se vogliamo, l’estetica, in IED si accompagna sempre all’etica, cioè ad un contributo concreto all’evoluzione del nostro modo di vivere».
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