Il proclama è arrivato – immancabile, quasi come un mantra – ieri mattina. “La chiusura anticipata dei bar è sbagliata, a breve approverò delibere e ordinanze per consentire nuovamente ai locali di rimanere aperti dopo le 23”: eccolo, l’ultimo guanto di sfida che il sindaco di Napoli Luigi de Magistris ha lanciato al governatore campano Vincenzo De Luca, preoccupato dal rischio di una nuova impennata del Coronavirus. Ma un primo cittadino può sconfessare la linea della Regione in modo tanto sfacciato? No, secondo gli esperti di diritto amministrativo, a meno che de Magistris non voglia replicare il recente scontro sulle riaperture tra il governo nazionale e la Regione Calabria.

Sia ben chiaro: un soggetto politico può adottare un’ordinanza per far fronte a difficoltà che investano il suo territorio di competenza. Discorso diverso quando la questione travalichi i confini di quel territorio. “Un sindaco può adottare l’ordinanza che ritiene opportuna per affrontare un problema sanitario nel suo Comune, per esempio un’invasione di topi – spiega Ferdinando Pinto, docente di Diritto amministrativo con un passato da primo cittadino di Sorrento – Se il problema non è circoscritto ai confini comunali, come nel caso della pandemia in atto, ordinanze come quelle annunciate da de Magistris sono inconcepibili”. La questione è pressoché identica a quella che ha contrapposto, nelle scorse settimane, il governo nazionale alla Regione Calabria che aveva autorizzato bar e ristoranti a riprendere il servizio ai tavoli esterni in barba a quanto stabilito dal premier Giuseppe Conte. In quella circostanza il Tar ha accolto il ricorso di Palazzo Chigi contro l’ordinanza della governatrice Jole Santelli proprio perché, trattandosi di una pandemia di livello nazionale, spetta al Consiglio dei ministri adottare le misure indispensabili per contenere il contagio. Il che significa che le Regioni non possono derogare alle misure di sicurezza emanate dal governo, se non entro certi limiti.

Che cosa succederebbe, dunque, se de Magistris firmasse un’ordinanza per consentire l’apertura dei bar anche dopo le 23, contrariamente a quanto stabilito da De Luca? “In quel caso – continua Pinto – lo Stato o la Regione potrebbero impugnare il provvedimento davanti al Tar”. Il risultato, dunque, sarebbe un contenzioso che inasprirebbe nuovamente lo scontro politico tra sindaco e governatore in un momento in cui i due sembravano essersi riavvicinati per discutere delle misure indispensabili per fronteggiare la crisi economica. De Magistris, però, non ha parlato solo di ordinanze, ma anche di delibere. Voci di corridoio vogliono che l’ordinanza sui bar sarà preceduta da una delibera della giunta comunale. Che senso avrebbe questa strategia? “Servirebbe soltanto a spalmare un’eventuale responsabilità penale e civile su più soggetti – conclude Pinto – nel caso in cui qualcuno contestasse un reato o avanzasse una richiesta risarcitoria legata all’ordinanza”. In altre parole, quello di de Magistris sarebbe l’ennesimo bluff. Anzi, un doppio, clamoroso bluff. E senza particolare coraggio.

Avatar photo

Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.