Bisognerebbe capire se le fondamenta dello Stato di diritto, pericolosamente compromesse durante la devastazione dei governi Conte, siano state miracolosamente rimesse in sicurezza durante Draghi. È verosimile che sia così, visto che allora almeno un po’ se ne parlava (poco poco, ma insomma…) e oggi non se ne parla più per niente (ma niente niente, proprio…). Viene allora il sospetto che gli sparuti allarmi a suo tempo elevati per la lesione dello Stato di diritto fossero consentiti più perché c’erano quelli a governare e meno per come essi governavano. E non si vuol dire che il governo di adesso sia uguale, tutt’altro, ma è abbastanza innegabile che certi problemini denunciati a quel tempo sono qui belli interi, nell’indifferenza generale.

Non tutti, ripeto, e non con lo stesso grado di urgenza: ma far finta che siano spariti porta armi ai nostalgici di quella sciagurata esperienza, tipo quel nobile giornale democratico secondo cui andava tutto benissimo perché «Niente ha intaccato la libertà di parola e di pensiero degli italiani». Potevano persino pensare, gli italiani: figurarsi se era un problema la gragnola di decreti illegali Made in Casaleggioland, la spedizione in desuetudine del parlamento con il capo del governo che si dichiarava “disponibile” ad ascoltarlo un paio di volte al mese, il ministro degli Esteri e dei Gilet Gialli che prometteva disposizioni “sempre più ferree e stringenti contro gli irresponsabili”, tipo gli organizzatori di grigliate sui tetti di Palermo, la secretazione dei verbali dei comitati tecnici mentre il ministro della Delazione istigava i condomini a denunciare il dirimpettaio che invitava a cena il cugino di troppo. Dice: ecco, appunto, tutta questa roba non c’è più. No, questa no.

Ma la decretazione sbrigliata resta, e non migliora solo perché contiene meno strafalcioni (un po’ ne reca ancora). L’indiscutibilità parlamentare delle riforme blindate c’è, e non bastano a renderla compatibile con un ordinato sistema rappresentativo né l’infezione pandemica né la necessità di agguantare i soldi europei: salvo credere – ma è solo un esempio – che la riforma della giustizia sia buona perché porta in calce una firma più rassicurante rispetto a quella di Alfonso Bonafede. I tentacoli della piovra giudiziaria, ritratti momentaneamente in tempo di lockdown e nei pochi giorni di strepito per la pubblicazione di un libro scopri-verminaio, hanno ripreso a svilupparsi come prima e più di prima senza che nessuno faccia nulla per contenerne le ambizioni aggressive. E questo perché? Perché c’è l’epidemia. Perché prima viene la salute. Perché prima bisogna capire se Draghi è davvero di sinistra, e poi per fermare le destre bisogna dimostrare che anche a sinistra ci sono profili patriottici. Intanto quella roba, lo Stato di diritto, resta la solita faccenda piccoloborghese.