Caro direttore,
sto seguendo con interesse sul suo giornale il dibattito sul 25 aprile, sulla cancel culture e sul senso dell’antifascismo ai giorni nostri. Non potremmo immaginare di dare un senso a questa discussione senza avvalerci del soccorso “rosso” del saggio di Bobbio, sulla contrapposizione destra e sinistra, termini di una diade che sembrano avere bisogno l’uno dell’altro per esistere.

Per dirla con le parole di Paolo Macry, è la mancata storicizzazione del fascismo ad alimentare il dibattito in Italia; un unicum in Europa, un universo politico che, nonostante la fine delle ideologie, è ancora condizionato dalla nostra storia.

Si pensi all’inizio del secolo breve, allorquando intellettuali socialisti si fecero teorici del fascismo o quando nel ’68, a sinistra, furono adottati pensatori compromessi con il nazismo che, fallito il movimento, traslocarono nel luogo politico a loro più congeniale, cioè a destra, o da quando politici cosiddetti di destra si sono appropriati di temi o posizioni tipici della sinistra.

Tornando ai giorni nostri, sono certo che assisteremo alla solita scontata strumentalizzazione del 25 aprile da parte di coloro i quali, da sinistra, credono nella propria superiorità morale e politica; da destra invece leggeremo dichiarazioni o post sui social improntati sulla declinazione lessicale della “liberazione” in libertà.

Quest’ultima, apparsa strumentalmente con la discesa in campo del 1994 del Cav e utilizzata a piè spinto per ammantare mancanze politico culturali, sarà protagonista di messaggi erga omnes, di fatto ammiccanti verso il solo proprio elettorato: una strategia comunicativa vincente che ha saputo dare frutti inaspettati e ancora oggi è attraente ed efficace come poche altre.

Ad un recente convegno alla Camera dei Deputati in memoria di Ugo Intini, un illuminante Giuliano Amato si è soffermato sul senso di appartenenza politica e su come la sinistra sia stata espropriata di un blocco sociale rappresentato dalle fasce più deboli, migrato lentamente ma inesorabilmente nel centro destra, a partire dalla fine della prima repubblica.

La vexata quaestio accennata dall’ex Presidente della Corte Costituzionale, che non pare avere alcuna soluzione almeno a breve termine e che di sicuro non potrà trovare una discontinuità con rimedi nominalistici o personalistici all’interno del simbolo di partito, figurarsi di quello più rappresentativo del campo di sinistra, potrà essere risolta solo con il ritorno della cultura politica, favorendo se possibile un nuovo humus culturale che sappia mettere in moto i veicoli delle idee attraverso forme partitiche adatte alle sfide che ci attendono.

Esse prevedono un salto culturale delle classi dirigenti che, seppur con leadership giovani, non appaiono in grado di eliminare l’attitudine provinciale dei propri partiti nei riguardi dell’esistente.
È notizia recentissima che l’amministrazione americana di (Sleepy Joe) Biden, attraverso il proprio dinamico segretario del commercio, Gina Raimondo, ha mediato l’acquisto da parte di Microsoft della G 42, azienda della AI negli Emirati Arabi per svariati miliardi di dollari, al fine di contenere l’invasione cinese nel Golfo e nelle tecnologie su scala globale.

È la nuova sfida geopolitica della AI (intelligenza artificiale) che la classe dirigente americana dimostra di saper governare. Quest’ultimo scenario stride e tanto con il nostro, se si pensa all’assenza di capacità di analisi politica da parte della nostra classe dirigente, evidenziata dall’ultimo episodio riguardante il voto sul patto di stabilità all’Europarlamento, di fatto disertato dai partiti politici, in linea, sia consentita la battuta, con la fuga sempre più crescente degli elettori dalle urne domestiche.

Per concludere, credo che questo andazzo avvilente avvantaggerà sempre la destra per i motivi che ho cercato velocemente di riassumere. L’augurio è che la sinistra sappia rinnovarsi e parta dalla lezione di Bobbio sopra accennata: festeggiamo la liberazione come patrimonio comune ed eleggiamo l’uguaglianza a valore universale, termine che implica il rapporto con gli altri essere umani, a prescindere dalla classe, dalla razza e dal sesso. Essere liberi non significa essere uguali. L’idea di eguaglianza implica il rapporto con gli altri, quello di libertà, no.

Antonio Demitry

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