A mettere una pietra sopra al 25 aprile ha provveduto chi organizza il 25 aprile. Una manifestazione tanto stonata, distonica ed estemporanea da disperdersi in un prisma di manifestazioni diverse e in molti casi antitetiche e contrapposte. Le due piazze di Roma e di Milano sono diventate cinque. E in nome dell’unità sotto le insegne dell’antifascismo ciascuno ha manifestato pro domo sua, e soprattutto contro i manifestanti accanto. Il motivo è chiaro: l’appaltatore unico della certificazione antifascista, l’Anpi, da sigla unitaria è diventata un’organizzazione faziosa. E di quella fazione che in nome della storia partigiana – il popolo invaso armato contro l’invasor, come recita Bella Ciao – si preoccupa di prendere posizione con la Russia di Putin, invocando il disarmo e quindi la resa dell’Ucraina, e per il disarmo di Israele contro le incursioni di Hamas. Un rovesciamento della storia partigiana che autorizza estremisti e violenti a scagliarsi, sempre in nome della pace, contro le vittime di ieri e di oggi. Vediamo il mosaico in cui si è scomposto il fronte unitario dell’antifascismo doc.

Roma – Porta San Paolo

La manifestazione più importante della Capitale è un contenitore vuoto dentro al quale ognuno mette quel che vuole. Un anno era una iniziativa contro Berlusconi, l’anno dopo contro l’austerity di Monti e per gli esodati. Poi era diventata la piazza dei «partigiani contro il Jobs act» e, sempre per difendere democrazia e antifascismo, nel 2016 segnò l’avvio della campagna per il No al referendum costituzionale. Ieri i partigiani antifascisti si sono scoperti «tutti palestinesi», come hanno gridato con slogan e striscioni. La Liberazione di cui parlano è quella della Palestina, e pazienza se nessuno tra loro c’è mai stato. Ieri ci credevano davvero, erano tutti scesi dai piani alti della sinistra atticista per dirsi dalla parte di Gaza. La priorità assoluta è quella di «cacciare i sionisti dalla Palestina come i fascisti nel ‘45». A dirlo una variopinta compagine che non ha esitato a scandire, tra gli slogan, quello sulla «Distruzione di Israele, Stato di assassini». La soluzione finale, il sogno di Adolf Hitler, compare con disinvoltura sulle bocche di questi squadristi travestiti col fazzoletto rosso al collo. E sempre nel nome della pace e della democrazia, la partigiana Luciana chiarisce che della convivenza civile si potrebbe, tutto sommato, anche fare a meno.

I complottisti del 7 ottobre

«Tornassi indietro, al 1945, forse non userei tutta la cortesia che abbiamo avuto nel rimettere in libertà i fascisti e userei altri metodi…». È una promessa anche se suona un po’ come una minaccia l’intervento conclusivo di uno dei ‘partigiani di San Lorenzo’ che prende la parola dal palco dell’Anpi, in piazza di Porta San Paolo, a Roma. Colpiscono come pietre le parole della “compagna” Luciana più evocative della «democrazia conquistata con il sangue» sono nette rispetto al passato: “I nostri morti vanno celebrati – sottolinea – per quelli loro si può avere pietà, ma ci sono responsabilità chiare rispetto al dolore provocato a tutto un Paese”. I nostri e i loro, per un giorno, tornano in scena su due trincee diverse. Con parole affilate e toni incandescenti, il palco dell’Anpi diventa la giuria di un tribunale del popolo che ribolle di rabbia. C’è perfino spazio per due ‘ebrei antisionisti’ – la cui identità rimane ignota – che mostrano cartelli contro Israele e mettono in discussione, come tutti i complottisti, il massacro del 7 ottobre. «Chissà se è vero tutto quello che ci vien riferito e se Hamas ha fatto veramente i massacri del 7 ottobre. I fatti certi sono i bombardamenti su Gaza e i massacri di persone indifese, un vero genocidio». Si fa a gara a chi la spara più grossa.

Chef Rubio e la sua propaganda

E per un giorno, gli spaccavetrine si mettono in vetrina. Sentono i riflettori addosso, le telecamere delle televisioni. E ne approfittano. C’è Chef Rubio che non delude mai le aspettative. «La brigata ebraica sventola il vessillo dei terroristi e chi sta coi terroristi sta coi nazisti che occupano la Palestina e i fascisti che opprimono i palestinesi», twitta mentre è in piazza. C’è un po’ di parapiglia quando il movimento degli studenti palestinesi prova ad entrare in contatto con i rappresentanti della Brigata Ebraica. Nella confusione qualcuno lancia una scatola di piselli e un sasso. Vengono colpiti l’operatore di una tv alla testa ed un cronista di un sito internet d’informazione al naso. Ancora Chef Rubio: «La brigata ebraica, che sostiene come tutte le comunità ebraiche i terroristi che occupano la Palestina, è protetta mentre lancia bombe carta e latte di fagioli». La polizia chiarirà che sono stati lanciati due petardi. Nessuna bomba carta. E se non ci si mette d’accordo neanche sulla natura dello scatolame, figurarsi sulla geopolitica.

Roma – Pantheon

Unitario ma non troppo, questo 25 aprile è stato anche quello degli Stati Uniti d’Europa che a Roma hanno riempito piazza del Pantheon mentre il resto della sinistra è a Porta San Paolo. Riccardo Magi di +Europa e Gerardo Labellarte del Psi, Roberto Giachetti di Italia Viva e Matteo Hallisey di Radicali Italiani manifestano per le ragioni di Israele, aggredito il 7 ottobre, e per quelle dell’Ucraina, aggredita dall’invasore russo. Sono dalla parte della Brigata ebraica e contro i rigurgiti di antisemitismo che affiorano ormai ovunque. E cantano canzoni contro Putin, «il macellaio di Mosca», invocando più armi per difendere l’Ucraina proprio come i partigiani invocarono le armi dagli angloamericani. «Siamo dalla parte giusta della storia, abbiamo portato in piazza i colori della resistenza di oggi. I colori della libertà contro l’invasore», grida Patrizia De Grazia, la giovane presidente di Radicali Italiani, chiudendo il comizio. Un gruppo di ucraini intona Bella Ciao, e tutta la piazza la canta. Anche qualche decina di turisti in fila lì davanti al Pantheon, e che in fondo incarnano davvero – francesi, tedeschi, spagnoli che cantano in italiano – i cittadini di una Europa che sa di doversi unire e armare, per difendersi dall’invasor.

Roma – via del Pellegrino

Un centinaio di persone ha preso parte al ricordo del partigiano Mario Fiorentini. È stata inaugurata una targa commemorativa del celebre gappista – tra i protagonisti dell’attentato di via Rasella – morto a Roma a 103 anni, che aveva aderito a Italia Viva in polemica con il Pd e con l’Anpi. A ricordarlo sono stati Roberto Giachetti e Luciano Nobili, insieme con il nipote del partigiano, Suriel Fiorentini: «Mio nonno portò in piazza, il 25 aprile dell’anno scorso, la bandiera ucraina: perché vedeva nel popolo ucraino, invaso dall’aggressore russo, la continuità con la lotta partigiana del 1944-’45. Oggi sono a rischio le democrazie, in Europa. Essere rispettosi della storia partigiana significa schierarsi anche con le armi a fianco dell’Ucraina».

Roma – via Tasso

Azione, in polemica con altri soggetti del centrosinistra, a Roma ha manifestato per il «suo» 25 aprile in via Tasso. Davanti al carcere nazista dove i tedeschi imprigionarono, torturarono e uccisero centinaia di persone dopo aver occupato, nel 1943, la Capitale. «In questo giorno è importante ricordare il contributo della brigata ebraica alla lotta di liberazione dal nazifascismo. Trovo inaccettabile che i vessilli della brigata ebraica vengano offesi e respinti durante le manifestazioni che commemorano il 25 aprile. Non si può utilizzare questa ricorrenza cosi’ significativa per iniziative antisemite, ecco perche’ oggi sono stato a via Tasso ricordando i versi di Piero Calamandrei ai giovani», ha detto tra l’altro il Consigliere regionale del Lazio e responsabile Welfare di Azione, Alessio D’Amato.

Milano – Piazza Duomo

La manifestazione nazionale a Milano, città simbolo del 25 aprile, è stata turbata dall’ingombrante presenza di militanti filopalestinesi sistemati nelle prime file davanti al palco della manifestazione. A forza di spintoni sono riusciti a far cadere una parte delle balaustre. Il servizio d’ordine ha fatto da cordone e sono poi intervenute le forze dell’ordine in tenuta antisommossa, effettuando due fermi. I poliziotti schierati in assetto anti sommossa hanno effettuato una breve carica di alleggerimento dopo il lancio di bottiglia di vetro in piazza duomo da parte di un partecipante al presidio pro Palestina. I manifestanti, pochi minuti dopo la carica, si sono avviati in corteo per le vie attorno a piazza Duomo.

 

Sempre invocando pace e libertà, gli antifascisti filo palestinesi hanno sfilato le aste delle bandiere della Brigata ebraica dalle mani che le sostenevano e le hanno usate per colpire i manifestanti che, malgrado fossero di religione ebraica, avevano violato il divieto di circolazione – comunicato da giorni – e avevano osato partecipare al corteo. Un ragazzo che sfilava con la Stella di David è stato ferito a un braccio. Mentre i facinorosi – «pochi estremisti», si dirà – aggredivano fisicamente, dal palco parlava il presidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo. Per invitare tutti alla calma? No: per versare benzina sul fuoco. «Netanyahu è responsabile dello sterminio dei palestinesi e se attacca in forza Rafah può avvenire un massacro di dimensioni inaudite». Soffocata, tra la folla, la voce di Raffaella Paita, che guidava la delegazione di Italia Viva nel corteo: «Vergogna! Quello che sta succedendo davanti ai miei occhi è indecente, sono agghiacciata. Urlare ‘fascisti’ e ‘assassini’ alla Brigata ebraica, a chi rappresenta un popolo perseguitato dal fascismo e che il fascismo ha combattuto è intollerabile, oltre che da ignoranti. Qui gli unici fascisti sono gli autori di questi cori!».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.