Napoli, qui la vita scorre lenta. Non è vero che si corre sempre, anzi sì, si corre piano. Il sole di fine aprile è una promessa d’estate, riscalda il giusto, e il mare luccica vanitoso su questo spicchio di terra tra acqua e cielo che è il lungomare Caracciolo. Ci sono due signori seduti, viso alto rivolto al sole e caffè tra le mani. Posso? «Certo, signorina, sedetevi». Avrei una domanda per voi, cosa si festeggia il 25 aprile? «Un momento, prendetevi un caffè e poi ve lo diciamo». A Napoli il caffè è un ricatto emotivo. Non si può dire di no. Arriva il mio caffè.

Faccio parte del trio. Augusto e Domenico hanno 75 e 80 anni, guardo le loro mani mentre si accendono una sigaretta, una nuvola di fumo si leva e sembra uscire dalla bocca del Vesuvio. Sono le mani di chi ha lavorato una vita intera, mani che non conoscono tregua. «Allora che volevate sapere?».  Il 25 aprile cosa si festeggia? Mi risponde Domenico: «È la festa della liberazione, la liberazione dal nazifascismo, i partigiani e gli alleati iniziarono a cacciare le truppe naziste dall’Italia». Giusto. Lei crede che oggi ci sia ancora il fascismo? «Mah…– un tiro di sigaretta e riprende – sì esiste, ma non come era prima, esiste sia nella politica di destra che nella politica di sinistra. Oggi il fascismo è ovunque. Ma se tutto è fascismo allora niente è fascismo. Il 25 aprile non ha senso».

Mi sorprende la sintesi. Domenico ha già rivolto lo sguardo al sole. Guardo Augusto: «È acqua passata. Sono passati tanti anni, quell’epoca là non esiste più, festeggiamo una cosa che oggi non ha senso». Finisco il mio caffè, li ringrazio e dopo qualche minuto mi trovo a passeggiare tra le bancarelle del mercatino di via San Pasquale. Mi avvicino a Federico, scopro che si chiama così il venditore di orecchini e collane in ottone, rigorosamente “fatte a mano”. Cosa si festeggia il 25 aprile? «La liberazione dai francesi…». Non è convinto della risposta e ritratta: «No, ho sbagliato, dai tedeschi». Quindi non lo sai? «No, onestamente no e non capisco perché si festeggia». Una signora sulla settantina prova un paio di scarpe alla bancarella affianco e decide di partecipare alla conversazione: «Lo può chiedere a tutto il mercatino, nessuno sa cosa si festeggia il 25 aprile, per me sono tutte cose inutili che servono solo al Governo…».

Non ha tutti torti e mentre mi chiedo se la signora alla fine comprerà o no quel paio di scarpe rosse a righe blu, incontro il fruttivendolo. Scusi, mi dà una mela e mi dice cosa si festeggia il 25 aprile? «E che ne so… ah sì, forse la liberazione. Quando Napoli cacciò i fascisti». Quelle sono le quattro giornate di Napoli. «E io quelle festeggio, che ne so il 25 aprile che si festeggia». Un po’ di campanilismo o l’idea ben più profonda che Napoli non faccia veramente parte dell’Italia. È come se fosse un’entità a sé. Il signore che vende la frutta si ricorda delle quattro giornate di Napoli, del 25 aprile non sa niente né vuole sapere niente.

Un ragazzo che non avrà avuto più di 35 anni si avvicina per comprare la verdura. Ne approfitto: Cosa si festeggia il 25 aprile? «So che si festeggia qualcosa perché non vado a lavoro, è giorno rosso, penso che si festeggi l’unità d’Italia». In realtà la liberazione. «Ah sì, giusto…». Non è tanto convinto. Non sa di cosa sto parlando, forse ha vaghi ricordi, reminiscenze della scuola, niente di più. Due ragazzi escono dal portone del liceo alle spalle delle bancarelle. Cosa si festeggia il 25 aprile? Lei, senza giri di parole, mi dice che non ne ha la più pallida idea. Lui lo sa: «La liberazione dai tedeschi». Ha senso oggi festeggiare? C’è il pericolo del fascismo oggi? Si sente l’esigenza dell’antifascismo?

«È una tradizione e le tradizioni vanno rispettate. Oggi l’estremismo non esiste più: non esiste più né il fascismo né il comunismo. Sono cose superate. C’è chi si omologa e si definisce fascista o comunista per moda».  «Sarebbe intelligente invece fare più informazione, non sappiamo da cosa siamo stati liberati né da chi» riflette invece lei. Incontro ancora una decina di ragazzi delle scuole medie, loro sono più informati, hanno studiato da poco quel periodo storico e sanno cosa si festeggia ma «non comprendiamo perché dopo tutti questi anni si debba ancora celebrare quel periodo».

Accennano le note di Bella ciao, è una canzone che hanno ascoltato in classe. Sulle note della canzone simbolo della Resistenza italiana, arrivo in via Marina, all’ingresso della facoltà di Lettere e Filosofia che fa capo all’ateneo federiciano. Mi accoglie un manifesto: 25 aprile, antifascista e antisionista, a fianco della resistenza palestinese contro la guerra e la complicità dell’Italia. Conosco il cortile di questa facoltà e so che i ragazzi che incontrerò sono informati. Informati e tutti rivoluzionari, impegnati nell’esprimere le loro idee. Qui tutti sanno cosa si festeggia il 25 aprile e tutti credono che ci sia ancora bisogno dell’antifascismo per contrastare il pericolo di un ritorno al fascismo.

«Oggi il fascismo ha nuove vesti – spiega Roberto, al terzo anno di università – Ha nuove vesti, quello su cui punta il neofascismo ha tratti diversi dal fascismo. Come se avesse una crisi di identità, non vuole identificarsi con il passato però ne assume molte caratteristiche e a quelle aggiunge il vittimismo. Proprio in virtù del fatto che il fascismo degli anni 40 è stato condannato, per ripresentare idee vecchie in nuove vesti, puntano anche sul fatto che vengono condannati». Quindi oggi l’antifascismo ha ancora un senso. «Ha molto senso – aggiunge Dalila – Anche perché in Italia non c’è mai stata un’educazione, una condanna ferma come c’è stata in Germania. È un fatto culturale, una memoria storica dura a morire. Anzi. I tedeschi provano vergogna per quel periodo della storia, gli italiani invece no».

Passeggio in quel cortile e li vedo intenti a discutere. Si sente il fuoco di chi crede davvero di poter cambiare le cose. Si discute, ci si scambiano idee, qualcuno sta scrivendo un manifesto. Proprio sul 25 aprile. «Oggi più che mai, per la situazione che c’è al governo, il 25 aprile va festeggiato. Il fascismo oggi esiste in una certa forma di coercizione – sostiene Enrico, al secondo anno di università – Soprattutto lo abbiamo visto con le manifestazioni pro-Palestina. Le forze dell’ordine hanno ripreso comportamenti che erano propri dei fascisti. Certo oggi non si rischia il ritorno a un regime fascista in Italia, ma questo governo utilizza metodi che lo ricordano e che sicuramente impediscono la libertà di espressione».

Lascio l’Università e i sogni dei ragazzi, la passione e la ferma convinzione che anche loro faranno la storia. Sulla via che conduce al centro direzionale, quell’enorme distesa di palazzi di vetro che tutto riflettono, ci sono una moltitudine di negozi. Pongo la stessa domanda ai negozianti: cosa si festeggia il 25 aprile? Ha ancora senso celebrare la liberazione dell’Italia dai nazisti? Non lo sanno, loro sono solo incazzati con il Governo, per le tasse, per l’aumento della bolletta. Sanno che è un giorno rosso, glielo suggerisce il calendario. Non sembrano sapere altro. Scivola tra punti di domanda e risposte incerte, la mattinata tra le strade di Napoli. E mi torna in mente la risposta lapidaria di Domenico: se tutto è fascismo, allora niente è fascismo.

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Giornalista napoletana, classe 1992. Affascinata dal potere delle parole ha deciso, non senza incidenti di percorso, che sarebbero diventate il suo lavoro. Segue con interesse i cambiamenti della città e i suoi protagonisti.