Il tema dell’abrogazione della prescrizione coinvolge tutti e non va liquidato con frasi di stile. Le vittime del reato e gli assolti non possono attendere in eterno. La bozza della riforma del processo penale proposta dal ministro Bonafede e a cui abbiamo lavorato in questi mesi, è un progetto moderno e ambizioso; potrebbe efficacemente affrontare i tempi della Giustizia e, senza scalfire le garanzie della difesa, costruire davvero quel “giusto processo” scritto in Costituzione.  Uso il condizionale perché una cosa è scrivere una norma, altro è verificare la sua efficacia. Per questa ragione liquidare il tema relativo alla sostanziale abrogazione della prescrizione con frasi di stile non mi convince e non mi trova d’accordo. Pochi parlano, per esempio, delle gravissime conseguenze a cui andrebbero incontro le vittime del reato che avessero deciso di costituirsi parte civile qualora, dopo una sentenza di primo grado, i tempi del processo fossero dilatati.

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Le vittime sarebbero legate ai tempi eterni di un processo che non finisce mai, di una sentenza definitiva che tarda ad arrivare; e non potrebbero ottenere giustizia neppure trasferendo l’azione in sede civile, perché anche in tale caso la loro azione sarebbe sospesa.  Esistono devastanti conseguenze che colpirebbero chi, assolto in primo o secondo grado, dovesse attendere una sentenza definitiva dai tempi non prevedibili; per costoro persisterebbero in modo inaccettabile impedimenti, conseguenze negative e ostative per concorsi, per trovare un lavoro, per la loro carriera, per rapporti e concessioni con lo Stato, per la vita politica e amministrativa. Esiste poi il sacrosanto diritto del cittadino di sapere, in tempi ragionevolmente brevi così come afferma l’art. 111 della Costituzione, chi sia colpevole o innocente, per poter scegliere e difendersi. “Abrogare” la prescrizione dopo la sentenza di I grado, sia essa di condanna, sia essa di assoluzione, senza aver verificato l’efficacia sul campo della “riforma del Processo penale” potrebbe tradursi in una vera barbarie giuridica.

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Per queste ragioni, prima di avere acquisito tale la certezza, è necessario fissare dei termini che impongano di celebrare in tempi ragionevolmente brevi i giudizi di appello e di Cassazione, pena l’estinzione del processo, e prevedere che l’abrogazione della prescrizione dopo la sentenza di I grado non valga anche per chi sia stato assolto. Non è una battaglia identitaria, ma la difesa di principi e diritti tutelati dalla nostra Costituzione, sulla cui lesione appare complesso trovare mediazioni.  Sono persuaso che il presidente del Consiglio Conte e il ministro Bonafede che – come tutti noi – hanno ben chiare le sfide della Giustizia, sappiano privilegiare la sostanza e i diritti dei cittadini rispetto alle battaglie di una parte politica, che seppur comprensibili, restano comunque di parte e non di tutti.