Come si fa a non capire che in uno stato civile il primo vero e grande baluardo per la democrazia è costituito dalla giustizia? E come si fa a non capire che nell’ambito del pianeta giustizia il punto cardine attorno al quale ruota ogni ulteriore aspetto è costituito dai tempi brevi e certi? Brevi perché chi è innocente ha diritto di sentirselo dire rapidamente e chi è colpevole deve essere in tempi rapidi costretto a pagare il debito con la comunità ove vive. Certi perché non c’è nulla di peggio che lasciare all’arbitrio di fattori indeterminati e indeterminabili la conclusione di un percorso giudiziale. Sorrido quando mi viene fatto notare che senza lo stop alla prescrizione resterebbero impuniti fatti sicuramente rilevanti sotto il profilo sociale: sono disinformati quelli che citano la strage ferroviaria di Viareggio, tanto per esemplificare, facendo leva sui sentimenti di doveroso rispetto e piena comprensione per i deceduti e i loro congiunti, o addirittura le morti per la vicenda Eternit, per la quale la prescrizione è maturata addirittura prima della decisione di primo grado.

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Bisognerebbe chiedersi: perché a oggi processi simili a questi o relativi a vicende della stessa portata non si sono conclusi? E la risposta non possono darla certamente gli avvocati, bravi o scadenti che siano, con i loro presunti tentativi di allungamento dell’iter processuale, bensì solo i pubblici ministeri titolari dell’azione penale e i magistrati titolari dei collegi giudicanti. I primi hanno avuto a disposizione – e spesso dispongono anche in attualità di anni e anni per sviluppare il percorso processuale, ma nessuno mai ha controllato o controlla la tempistica dei loro interventi o delle loro inadempienze per non parlare della qualità del loro lavoro. Certo lo Stato è in colpa per non averli sempre dotati di strutture adeguate, di collaboratori preparati, di strumenti tecnici significativi e immediati, ma ciò non elide, in molti casi – forse proprio nella maggioranza dei casi -, il fatto che tutti i frequentatori della trincea quotidiana delle aule di giustizia possono avere ben presenti le responsabilità di chi è chiamato all’altissimo compito di istruire un percorso di indagine o addirittura proprio di giudicare gli imputati.

Cosa dire, in realtà, della contemporanea fissazione di decine di dibattimenti con la certezza che verranno celebrati uno per volta e che quindi ci saranno persone (avvocati, testimoni, ecc.) che attenderanno spesso ore e ore, magari poi per sentirsi dire che verranno richiamati perché ormai è troppo tardi per la celebrazione del loro processo? Cosa dire di notifiche disposte senza congruo anticipo con la inequivoca possibilità che non giungano per tempo a destinazione donde il conseguente prevedibile rinvio? Certo tutto questo non è colpa degli avvocati e certo proprio queste sono le più significative ragioni di differimento di un’udienza!