Informazioni girate anche a Servizi segreti stranieri?
Dossieraggio, le 10mila pagine “verminaio”: i segreti ‘sensibili’ nelle mani di Striano e l’ambiguo 007 indagato
Striano aveva segreti sensibili: 500 imprese italiane erano rette da russi. Anche altri soggetti hanno abusato negli accessi alla banca dati della Dna. Un mercato di informazioni riservate, basato su “un sistema di relazioni”: un grave rischio per la democrazia parlamentare italiana
Paradossi italiani, mezzi di informazione a due velocità: quelli parlati presi da un romanzo di Liala, con implicazioni sul governo Meloni, che racconta del “flirt” dell’ex ministro Gennaro Sangiuliano con Maria Rosaria Boccia; quelli scritti che ricostruiscono il più grande scandalo di dossieraggio della storia repubblicana, senza ombra di dubbio. Dopo la scoperta dei dossier Sifar diretto dal Generale De Lorenzo (che nel 1964 predispose il Piano Solo di emergenza speciale dell’ordine pubblico), lo scandalo dossieraggio alla Dna mette ora a grave rischio la democrazia parlamentare italiana. Non siamo al “tintinnar di sciabole” di Pietro Nenni, ma la situazione è ben peggiore. Bisogna ringraziare Raffaele Cantone (procuratore capo di Perugia) e Giovanni Melillo (procuratore capo della Direzione nazionale antimafia) per l’operazione di salvaguardia delle garanzie della vita democratica.
Le 10mila pagine “verminaio”
È stato proprio l’ex presidente dell’Anac a inviare alla Bicamerale Antimafia gli atti attorno alle 10mila pagine dell’inchiesta, definita da lui stesso “verminaio”. Chiara Colosimo – presidente della Commissione – ha interpretato in modo restrittivo il materiale cartaceo dell’inchiesta, imponendo il vincolo di riservatezza assoluta ai parlamentari che hanno richiesto copia. Decisione abbastanza inedita, che però come logica di base ha la “pericolosità antidemocratica” dell’affaire dossieraggio. Intanto per l’11 settembre è stato convocato l’Ufficio di presidenza della Bicamerale.
Tutto è partito quando è stato scoperchiato il vaso di Pandora. Senza la denuncia di Guido Crosetto, il “verminaio” non sarebbe mai venuto fuori. Il ministro della Difesa si è recato dal procuratore capo di Roma e ha presentato un esposto, in cui si è dichiarato vittima di una presunta attività illecita di rivelazione dei suoi dati sensibili. Ha avuto la netta sensazione che qualcuno si fosse introdotto nei sistemi bancari e avesse sottratto dati sensibili per poi fornirli illegalmente alla stampa, ossia al quotidiano “Domani” di Carlo De Benedetti. L’articolo porta la firma del direttore Emiliano Fittipaldi e del cronista Giovanni Tizian. Come visto, non tutto farina del loro sacco.
Siamo tutti spiati: chi è il mandante di Striano?
Con un’inchiesta in chiave di work in progress, siamo tutti spiati e – se tutto va bene – non siamo colpiti dal dossieraggio. Stiamo parlando di un mercato di informazioni riservate basato su un “sistema di relazioni”, non dell’opera di un solitario e “infedele” finanziere. Di sicuro, oltre a Pasquale Striano, ci sono altri soggetti che hanno abusato negli accessi alla banca dati della Dna (che invece dovrebbe essere un’inviolabile sancta sanctorum). Ora si cerca il mandante (o i mandanti); la Procura di Perugia ha indagato e ha chiesto gli arresti per Antonio Laudati e per il luogotenente della Guardia di Finanza. Arresti non concessi dal gip, con il procuratore capo che ha presentato ricorso al Tribunale del Riesame.
Striano e i segreti sensibili
L’ex pm è una vecchia conoscenza, con il pallino di supervisionare e controllare tutte le attività della Procura di Bari. Tant’è che costituì un pool con un’aliquota di Gdf, con il compito di informarlo di tutto e su tutto. Striano invece è un finanziere che – attraverso concorsi interni – ha acquisito il grado di luogotenente, responsabile del Servizio segnalazioni operazioni sospette (Sos). Lavorava alla Dna, aveva collegamenti con i Servizi segreti o era un agente doppio (Aise o Aisi)? A incuriosire è il fatto che Striano aveva segreti sensibili: 500 imprese italiane erano rette da russi e, non potendole gestire, le avrebbe volute passare al funzionario degli 007. Come se fosse il passaggio di un “pacco” a un amico in cui non si tiene conto della pericolosità del contenuto. Considerando il suo modo “spasmodico” di accedere illegalmente nella banca dati dell’Antimafia, gli è stato inviato un mandato di arresto per accesso abusivo a un sistema informatico.
La pesca a strascico
Striano all’interno della Dna ha avuto le mani libere per entrare (sia per servizio sia per affari suoi) nelle banche dati segrete, tant’è che ha praticato tranquillamente la pesca a strascico. Come si spiega che il finanziere abbia avuto l’accesso alle banche dati per anni a suo piacimento, senza alcun controllo? Striano ha cercato illegalmente informazioni su politici e vip dello spettacolo e dello sport (ad esempio il caso Gravina-Lotito e quello del cardinale Becciu). Tra i colpiti figura persino Francesco Totti e noi avevamo già sollevato la questione – ovviamente ignorando il contesto e il retroterra – in un articolo pubblicato due anni fa sul Corriere dello Sport. Per ora nella stragrande maggioranza degli spiati rientrano quelli della Lega e di Fratelli d’Italia; seguono Renzi, Conte e la sua compagna. Nessuno del Pd, tranne il deputato Federico Fornaro. Il dem Sandro Ruotolo ha attaccato Cantone e Melillo perché vorrebbero mettere il bavaglio alla libertà dell’informazione. A tamburo battente il procuratore di Perugia ha chiarito: “Credo che (la stampa, ndr) svolga nella democrazia un ruolo determinante. Nel processo sul saccheggio della nostra banca dati erano emersi numerosi giornalisti beneficiati dal sistema, ma riguardavano atti pubblici. Quindi quelle posizioni sono state giustamente archiviate”.
I rapporti con i servizi segreti stranieri?
Ci si trova di fronte a un “verminaio” e, complessivamente, gli accessi alle banche dati sono di un “numero mostruoso”. La preoccupazione maggiore è che alcune informazioni siano state girate a Servizi segreti stranieri. Va dato atto a Melillo che – con la sua nomina alla Dna – ha rivoluzionato la “casamatta” di via Giulia, dove si praticava lo spionaggio politico. Chiaramente non è la Direzione nazionale antimafia che fabbrica dossier, ma coloro che – come servitori dello Stato – tradiscono, vendono le informazioni e si relazionano con i giornalisti per amichettismo in cambio di favori di ogni sorta. Strada facendo la Dna è diventata un moloch; il caso è esploso quando l’ex ministro grillino Alfonso Bonafede ha fatto circolare il provvedimento che ha finito per allargare a dismisura i poteri. A quel punto è partita la contestazione di numerosi procuratori (da Greco a Melillo, passando per Pignatone), ma sono stati attaccati a muso duro dall’allora procuratore nazionale Antimafia, Federico Cafiero De Raho, oggi parlamentare M5S nonché membro della Commissione nazionale Antimafia. Si dice che con lui la Dna è diventata un “colabrodo” da cui uscivano continuamente le notizie. Per chi? E per che cosa? Dovrebbe avere il buon gusto – diciamo così – di dimettersi, per un conflitto di interessi grande quanto una casa.
L’ambiguo 007 indagato
Tra gli indagati c’è anche un ambiguo 007, che risulta agente dell’Agenzia informazioni e sicurezza esterna, senza incarichi operativi. Oltretutto la vicenda non ha nulla a che fare con la selezione per entrare all’Aise della moglie di Crosetto, la pugliese di Ostuni, Gaia Saponaro. Ci aveva provato ma non era stata presa dai Servizi. E menomale, visto che allora il marito era presidente di Aied. Il sospetto che la notizia fosse uscita dai Servizi aveva allarmato Crosetto, che poi però è stato rassicurato “da fonti qualificate” sull’inconsistenza del dubbio.
È evidente che siamo di fronte a qualcosa che, per la sua gravità, supera di gran lunga tutti i precedenti episodi di violazione del segreto istruttorio. Allora si trattava di atti processuali in ogni caso formati, con motivazioni precise, giuste o forzate che fossero. Invece, per quanto riguarda il “verminaio”, si parla del furto di dati sottratti dalla banca dati dell’Antimafia senza che a monte ci fosse alcuna azione processuale. Qualcuno potrebbe chiamare tutto ciò killeraggio allo stato puro. La presidente Meloni ha capito da tempo la gravità del caso dossieraggio e a ogni piè sospinto lo rilancia.
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