Appello all’unità delle forze di maggioranza
Draghi positivo al Covid manda in Angola e Congo Di Maio e Cingolani
Ha richiamato all’ordine, con tatto e pragmatismo, una maggioranza litigiosa e spesso divisa, quasi incurante del delicatissimo quadro internazionale in cui si trova l’Italia e il resto d’Europa. Ha chiesto a tutti di “rivendicare quanto fatto di buono insieme in questi quattordici mesi” perché “abbiamo fatto molto e lo abbiamo fatto insieme” e ha chiesto di “progettare il futuro con ottimismo e fiducia e non con antagonismo e avversità”. A chi, e sono molti, sembra preoccuparsi solo di campagna elettorale, di consenso e di ritrovare un posto in Parlamento, ha chiarito un passaggio prezioso.
Prima di tutto, ha detto Mario Draghi nell’unica intervista rilasciata in questi quattordici mesi (e ha scelto il Corriere della Sera), “non sono stanco e non ha alcuna intenzione di dire addio alla guida del governo. Voglio però governare per il bene dell’Italia e non certo per il potere fine a se stesso. Anche perché chi lo fa, in genere, perde potere”. Quindi, sgomberando il campo dal sospetto di molti, ha precisato che non farà un partito e non si candiderà, tentazione di molti tecnici passati da palazzo Chigi. “Non immagino per me un futuro in politica – ha chiarito il premier – Essere eletto è contrario alla mia formazione”. Il premier ha parlato chiaro. Adesso tocca ai partiti dimostrare di aver capito. Perché la settimana che inizia oggi, e quelle a venire, sono ricche di esami per misurare la maturità politica, e quindi la responsabilità civica, dei partiti di maggioranza. Ma anche di opposizione rispetto alla quale il premier ha detto di “apprezzare la franchezza che fa parte del rispetto”.
Si comincia oggi con la riforma della giustizia, poi con il Def, un nuovo decreto energia, la delega fiscale che più di tutte, per “colpa” del catasto, ha fatto fibrillare la maggioranza. E poi anche il decreto concorrenza e la riforma del Codice degli appalti i cui decreti delegati saranno scritti in tempi veloci e con un italiano comprensibile dai magistrati del Consiglio di Stato presieduto da Franco Frattini. Sono per lo più riforme “miliari” che il Pnrr prevede approvate entro la fine di giugno. Altrimenti rischiamo di perdere il terzo assegno (24 miliardi) del Recovery fund. Oltre a questo, il governo combatte la sua guerra contro il tempo per diversificare il gas russo (“i tempi saranno più brevi del previsto” ha tranquillizzato il premier negando economie di guerra e razionamenti) e per sostenere famiglie, imprese e lavoratori in un momento per cui tra inflazione e aumento dei prezzi dell’energia, l’economia segna un “rallentamento”. Dopo una crescita strepitosa (+6,6) nel secondo semestre del 2021. Accanto a tutto questo c’è il costante lavoro diplomatico per convincere Putin a sedere ad un tavolo di pace. Sullo sfondo, la pandemia che continua ad avere numeri preoccupanti. Bisogna essere zen e molto motivati per sperare di passare tutto questo indenni con due campagne elettorali in corso.
Giovedì approda in Aula al Senato il decreto Energia, già licenziato da Montecitorio con voto di fiducia e da convertire in legge entro il 30 aprile, mentre si torna a discutere, tra le polemiche, dell’eventualità di una riapertura delle centrali a carbone per far fronte alla eventuale riduzione del gas in arrivo da Mosca. Tutti a parola dicono di non volere il gas russo e però… trovano sempre molti però. No ai falsificatori no al carbone. Il nuovo decreto – questa settimana o la prossima – contro il caro prezzi dovrebbe mettere sul tavolo altri 6 miliardi. Che si aggiungono ai 20 già erogati da gennaio a oggi. Ancora una volta senza fare debito e chiedere uno sforamento di bilancio. Il ministro Franco lo ha ribadito in settimana quando è stato audito sul Def (che andrà in aula alla Camera domattina con voto a maggioranza assoluta sulla Relazione entro le 14.30 e subito dopo in aula al Senato) . I partiti infatti restano in pressing su questo punto. È chiaro che si giocano su questo un pezzo della campagna elettorale, sia per le amministrative di giugno che per le politiche del prossimo anno. Il Pd ha insediato una task force permanente al Nazareno che lavora su alcuni punti. La priorità per i dem è difendere e rafforzare il potere d’acquisto attraverso interventi sui salari e sulle pensioni.
Il Movimento 5 Stelle preme per un nuovo scostamento di bilancio e un taglio all’Iva sui beni di prima necessità. Lega e FI continuano a tenere alta l’attenzione sul fisco. Sul nodo delega fiscale, oggetto di un vertice “positivo chiarificatore” tra Draghi e il centrodestra la settimana scorsa, sono previsti nuovi incontri con Franco e i suoi tecnici. “Su delega fiscale e catasto c’è qualche margine di trattativa” ha spiegato Draghi che ha però anche chiarito, nel colloquio avuto con Salvini, Tajani, Lupi e Cesa, che “gli elementi caratterizzanti di queste riforme non si toccano”. Ovverosia ci sarà la delega fiscale con la riforma delle aliquote (altrimenti che riforma sarebbe) così come la riforma del catasto che è “un’operazione di trasparenza, equità e giustizia”. Soprattutto, “non ci sarà alcun aumento delle tasse”.
Il primo test sarà stamani con la riforma dell’ordinamento giudiziario e del Csm. Le forze di maggioranza continuano a discutere. Il Parlamento è costretto a una corsa contro il tempo per approvare le nuove regole prima delle elezioni di luglio dell’organo di autogoverno dei magistrati. Italia Viva ha già fatto sapere di non voler votare le modifiche proposte perché ritenute inutili. Per Matteo Renzi, infatti, le modifiche non toccano le correnti, ma “aggiungono solo un posto in tavola”. La defezione di Italia Viva, tuttavia, non dovrebbe far mancare i numeri alla maggioranza. E Draghi ha ribadito di non voler mettere la fiducia su un provvedimento che il Parlamento deve mostrare la maturità di voler approvare. Così come non vorrebbe mettere la fiducia sulla delega fiscale e sul catasto. Il Presidente del Consiglio s’è beccato il Covid, È asintomatico e sta bene. Seguirà quindi tutto questo da remoto. Almeno in questa settimana. Motivo per cui in Angola e Congo manderà i ministri Di Maio e Cingolani. “Cercare il gas oggi è come quando a febbraio dell’anno scorso cercavamo i vaccini”. È questa la partita che lo preoccupa di più. Perché sa che da qui passa la pace. E la tenuta del paese.
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