Italia Viva alla fine ha deciso: si astiene sulla riforma della giustizia. Non vota contro proprio per dare un segnale che non vuole essere di rottura. Ma sul Csm non c’è accordo possibile. “Noi ci asteniamo”, fa sapere il leader di Italia viva Matteo Renzi, parlando della riforma del Csm a margine di un convegno sul presidenzialismo organizzato da Iv al Senato. «Sono tutti d’accordo sulla riforma del Csm, la Lega va d’accordo con il Pd, i grillini con Forza Italia. È un’immagine bellissima… Noi no, perché – ha aggiunto – questa riforma non cancella il potere delle correnti, non mette la responsabilità civile della magistratura. Non è dannosa come la riforma di Bonafede ma è sostanzialmente inutile. Noi ci asterremo». Rimane l’incognita fiducia.

Se il governo porrà la questione, tutte le opzioni tornano sul tavolo. «La fiducia? Vediamo se il governo la mette – ha risposto Renzi -, in Consiglio dei ministri aveva detto che non l’avrebbe fatto, però non è come la riforma fiscale, su questa hanno i numeri, sono tutti d’accordo. Gli unici che dicono che non va bene siamo noi di Italia viva. Io, se ho un problema con la magistratura, posso convocare una conferenza stampa e i media mi seguono con attenzione, ma cosa fa un cittadino normale che si trova invischiato nelle vicende della malagiustizia?», si interroga il leader di Iv. «Avevamo un governo con Conte, Casalino e Bonafede che era dannoso» sulla giustizia. «La riforma Bonafede faceva danni. La riforma Cartabia non è dannosa, non produce grandi passi avanti, è una riforma inutile ma passerà perché sono tutti d’accordo. Passerà con la nostra astensione perché noi vorremmo di più per restituire ai cittadini la possibilità di credere alla magistratura, ma sempre meglio la Cartabia di Bonafede».

Di giustizia si parla anche alla conferenza che Renzi ha convocato al Senato. Maria Elena Boschi presiede un tavolo che va da Ernesto Galli della Loggia a Luciano Violante e che vede al centro Sabino Cassese. Il giudice emerito della Corte Costituzionale entra subito nel merito: «Il problema oggi è dare capacità di decisione alla democrazia senza perdere la ricchezza della democrazia, la sua pluralità di voci». E poi ha specificato i timori che vede e le vie di uscita. «Al presidenzialismo si lega l’ombra di Bonaparte. L’idea che possa essere la ripetizione dell’esperienza cesarista, bonapartista, peronista evocando pericoli -ha spiegato il costituzionalista-. Questo è il problema da superare, tenendo conto del fatto che noi parliamo al singolare ma dovremo parlare al plurale perché esistono decine di forme di presidenzialismo e decine di forme di semi presidenzialismo».

«Nel presidenzialismo ci sono due investiture, quella del Parlamento e quella del presidente. Dove c’è una rigida separazione dei poteri e una durata in carica si crea una possibilità di evitare la concentrazione dei poteri. Tant’è che negli Stati Uniti si parla di governo diviso e in Francia di coabitazione», ha detto ancora Cassese. L’iniziativa “Democrazia in crisi: il presidenzialismo la salverà?” vede Italia Viva tornare sul terreno delle grandi riforme istituzionali. Il partito guidato da Matteo Renzi vuole aprire una discussione sul presidenzialismo coinvolgendo parlamentari, giornalisti e costituzionalisti. «Italia Viva organizzando questi incontri vuole tentare di approfondire i temi cercando di far valere le ragioni della politica – ha detto Renzi -. Noi siamo quelli che dicono che la democrazia è l’insieme di valori che fa riferimento alla nostra comunità occidentale. Poi Renzi ha richiamato qualche episodio chiuso a chiave nella cassetta dei ricordi. «Xi Jinping una volta atterrò in Italia fuoriprogramma e io e Gentiloni improvvisammo una cena con lui. Ci disse che la democrazia occidentale era debole, che Obama non era riuscito a eleggere la Clinton mentre Cameron aveva perso il referendum sulla Brexit. Ma non chiuse alla democrazia liberale come la intendiamo noi: ‘Solo non so quando succederà’».

«Difficile reggere lo scontro tra democrature e democrazie», dice Violante – oggi presidente di Italia Decide – nel suo intervento. Incentrato sul fatto che noi, però, non stiamo curando le democrazia come avremmo dovuto. «Diamo la democrazia come condizione naturale, come un dato di fondo, scontato e immutabile. Invece la democrazia va tenuta in vita, curata, rinnovata». È un’apertura a parlare di riforme istituzionali con coraggio. L’ex presidente della Camera è l’unico a puntare i fari sui cambiamenti che attendono il Parlamento e le sue dinamiche costitutive dopo la riduzione del numero dei parlamentari. «Una riduzione che aumenta la loro utilità marginale», specifica Violante, ma non solo: «I costi per la campagna elettorale saranno più alti». Attenzione quindi a chi può permettersela, alla spinta che riceveranno i candidati. Il tagliando da fare alla democrazia passa anche da qui, dalla puntuale verifica dei poteri decidenti.

Cosimo Ferri, prima magistrato e oggi deputato di Iv, membro della commissione Giustizia della Camera, torna a parlare di giustizia, ma rasserena gli animi: «Cerchiamo di migliorare la riforma Cartabia, speriamo la ministra ci ascolti e tenga conto delle nostre proposte, siamo ottimisti. Se non cambia? Il nostro voto a favore, rimanendo così, è difficile che lo abbia». Ma niente sfiducia. “Draghi ha detto pubblicamente che non metterà la fiducia – ha spiegato Ferri – ed io penso che non lo farà, visto che ha preso pubblicamente un impegno. Non possiamo però non dire che è una mini riforma, che non risolve un granché”.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.