Prima il gas. Nove miliardi di mc in più, circa un terzo dei 30 mila importati dalla Russia ogni anno. Il resto è noia. Cioè le bizze dei partiti. Perché di bizze elettorali – parlando di catasto – si tratta. Mario Draghi ha ben chiare priorità e agenda: ieri ad Algeri per chiudere, nel senso di firmare, nuovi accordi sulla fornitura di gas e anche importanti cooperazioni sulle energie rinnovabili. Tra oggi e domani, tornato a palazzo Chigi, vedrà i leader del centro destra che hanno alzato bandierine assurde sulla legge delega per la riforma del fisco. Delega che, all’articolo 6, contiene anche la famigerata riforma del catasto. Per i partiti di destra si tratta di una patrimoniale travestita da opera di bene, la vasta e attesa riforma fiscale.

Il governo dice e ripete da fine ottobre, quando la delega fu approvata in Consiglio dei ministri, che “il governo non alza le tasse” e che “nessuno pagherà un euro di più”. Questo almeno fino al 2026. A quel punto, chiunque sarà al governo, una volta fatta, finalmente visto che l’ultima risale al 1988, la nuova fotografia del patrimonio immobiliare italiano, sarà la scelta di chi governa decidere se applicare i nuovi estremi oppure lasciarli solo sulla casa. Una cosa è certa: chi ha sempre dichiarato la verità e non nasconde abusi o immobili fittizi, non ha nulla da temere. Per gli altri – cioè chi non è in regola con la dichiarazione – giungerà forse il momento di recuperare almeno una parte dell’evasione miliardaria stimata per difetto ogni anno.

Sulla delega fiscale il centrodestra non intende ammainare la bandiera issata “sulla difesa della casa, il bene supremo degli italiani” e non intende neppure ammettere che la riforma del catasto protegge chi ha case denunciate regolarmente. Aizzati da Giorgia Meloni – che è all’opposizione ma tiene le due braccia della coalizione in maggioranza -; storditi dalla Lega che ha messo i suoi esperti in materia – Gusmeroli e Bitonci – a spiegare giorno dopo giorno perché “il governo Draghi così facendo aumenterà le tasse”, anche Forza Italia si è allineata alla battaglia al grido: “Mai potremo dare sostegno al partito della tesse”. Individuato ovviamente nell’area di centrosinistra. È evidente che Draghi, che ha messo la riforma del fisco e del catasto tra gli obiettivi del Pnrr, non può retrocedere su questo punto. Lo ha ripetuto più volte, in vari interventi in Parlamento e anche in questi giorni con i suoi collaboratori. Uno soprattutto: il ministro economico Daniele Franco. Anche in queste ore, dove la priorità è recuperare materie prima che la guerra ha reso merce rara, il premier viene aggiornato su come evolve la situazione in Parlamento. Attraverso alcune fonti possiamo dire che Draghi non ha alcune intenzione di mollare. Glielo chiedono anche da sinistra con la motivazione che “la riforma del catasto è una misura politica che è problematico far assumere da un governo d’emergenza”. Sicuramente ascolterà le ragioni della coalizione.

Se capirà che è possibile fare qualche correzione senza stravolgere l’impianto della legge approvata in Consiglio dei ministri da Forza Italia ma non dalla Lega, la farà. Se invece capirà che si tratta di un gioco al rialzo di evidente sapore elettorale, il premier non farà mezzo passo indietro. Finanche a mettere la fiducia. A quel punto i responsabili di una eventuale crisi di governo – in mezzo ad un guerra, la crisi economica e quella sanitaria ancora non risolta – avranno nome e cognome. Anche davanti agli elettori. L’incontro non è stato ancora ufficializzato. E i “vaffa” che da giorni si scambiano Lega e Pd non lasciano presagire nulla di buono. Ieri Salvini è arrivato a schierare il sottosegretario all’Economia Federico Freni, cioè un membro del governo, per spiegare come “la delega fiscale prevede la stangata su casa, negozi titoli di stato”. Spacciando un riordino delle aliquote per un aumento delle tasse. Il Pd ha risposto con parole di fuoco. “Dalla Lega intollerabile propaganda per spaventare i cittadini” ha attaccato Mario Fragomeli, capogruppo in Commissione Finanze. “Dov’era la Lega nei mesi in cui abbiamo discusso e approvato la delega fiscale in Commissione?”. Sul catasto la Lega si è sempre messa contro, questi è vero. Ma ha sempre approvato la revisione delle aliquote su casa e titoli di stato. “Non prendiamo lezioni dal partito delle tasse” ha ribattuto Bitonci. “Stiamo solo chiedendo a Draghi di andare avanti senza aumentare le tasse” ha peggiorato la situazione Salvini insistendo sulla mistificazione di fondo.

È una modalità, questa, che non porta da nessuna parte. Tranne che alla conta in aula. Draghi intanto si occupa di limitare i danni della dipendenza dal gas russo che anche i governi di destra e della Lega filo putiniana hanno contribuito negli anni ad aumentare. La visita del premier ad Algeri ieri è stata la cornice istituzionale di un lungo lavoro diplomatico iniziato a gennaio quando, prima dell’inizio della guerra, Putin aveva iniziato a mandare a singhiozzo i gasdotti dalla Russia. Il premier, dopo il colloquio con il presidente Tebboune, ha parlato di “collaborazione eccellente non solo nel gas ma in tutto il comparto delle energie rinnovabili e dell’idrogeno verde”. Un settore che promette “nuove opportunità di sviluppo, nuovi posti di lavoro e un forte sviluppo commerciale con l’Algeria che è già il primo partner italiano”.

Draghi aveva annunciato, subito dopo l’inizio della guerra, che “l’Italia si sarebbe mossa con rapidità” per sottrarsi al ricatto russo sull’energia che il premier ha più volte biasimato soprattutto perché aumentato dopo la guerra in Crimea, quando è iniziata la stagione delle sanzioni. “Gli accordi oggi sono una prima significativa risposta” a quelle promesse. In pratica abbiamo sostituto un terzo del gas importato ogni anno dalla Russia, 9 miliardi di mc su 30 miliardi. In tutto, ogni anno, l’Algeria ci fornirà 19 miliardi di mc di gas. La parte operativa è stata affidata in queste settimane ai ministri Di Maio (ieri presente ad Algeri) e Cingolani. Un lungo e però veloce iter chiuso ieri con la firma tra il ministro Di Maio e i suo omologo algerino e tra Descalzi, Eni, e l’omologo della Sonatrach. I maggiori quantitativi di gas passeranno da Transmed, il gasdotto che dalla Tunisia arriva in Sicilia.

Algeri è stata solo la prima tappa di un viaggio che porterà Draghi subito dopo Pasqua in Congo e poi Angola e Mozambico. Paesi con cui l’Italia intende “rafforzare la cooperazione energetica” come ha ribadito Di Maio, che ha già fatto tappa anche in Qatar e Azerbaijan per preparare il terreno di nuove intese. La cosa fondamentale è essersi mossi con rapidità. Il gas algerino fa gola a molti paesi adesso. Draghi ha in testa un piano che è uno stravolgimento radicale degli attuali assetti energetici. Ovvero, fare del Mediterraneo e dei paesi africani che affacciano sul Mare Nostrum, il nuovo hub energetico per l’Europa. Spagna, Portogallo e Grecia, sono d’accordo. Erano i vecchi Pigs quando Draghi impugno il bazooka per salvare l’euro da una speculazione che l’avrebbe ammazzato. Oggi l’obiettivo è riempire gli stoccaggi entro l’autunno con 12 miliardi di metri cubi (più 4 di emergenza) per far fronte ai mesi freddi. Nel frattempo accelerare tutte le altre forme di energia rinnovabile. Poi oggi il premier dovrà anche occuparsi di catasto.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.