Amedeo Ricucci aveva raccontato la guerra dagli scenari di guerra più importanti e pericolosi degli ultimi decenni. Lo storico inviato della Rai è morto a 63 anni, in Calabria. Era stato inviato per trasmissioni come Professione Reporter, Mixer, il Tg1 e La Storia Siamo Noi. Era nato a Cetrano, in provincia di Cosenza, il 31 luglio 1958. Era giornalista professionista dal 1998. Ha ottenuto nella sua lunga carriera diversi riconoscimenti fra cui il Premio Javier Valdez (2020), il Premio Carlo Azeglio Ciampi “La Schiena dritta” (2019), il Premio Acqui Storia (2019) per La storia in TV, il Premio Ilaria Alpi (2001), il Premio Giornalisti del Mediterraneo (2012 e 2015).

Ha seguito i conflitti in Algeria Kosovo, Afghanistan e Iraq. Era con la collega Ilaria Alpi in Somalia quando la giornalista del Tg3 venne uccisa dopo una sparatoria a Mogadiscio. E nel 2002 era stato testimone della morte a Ramallah del fotoreperter Raffaele Ciriello, ucciso sotto i proiettili dell’esercito israeliano durante la seconda Intifada palestinese. Ricucci era stato anche sequestrato in Siria dal gruppo jihadista Al Nusra, vicino ad Al Qaeda, dal 3 al 13 aprile 2013, nel pieno della prima fase della guerra civile esplosa dopo le Primavere Arabe.

“Ciao Amedeo, te ne sei andato mentre facevi quel lavoro che tanto amavi – scrivono i colleghi del cdr del Tg1 -. Difficile qui trovare parole che non sembrino scontate, per esprimere il profondo dispiacere e la tristezza per la perdita di un compagno di strada straordinario. Appassionato nel suo essere giornalista, inviato speciale. Amava quello che faceva, raccontare la realtà che andava a scovare negli angoli del mondo e nei momenti più bui, come quelli della guerra. A rischio della propria stessa vita”.

“Inviato per definizione, orgoglio del servizio pubblico – sottolinea l’Usigrai, il sindacato dei giornalisti Rai -. Dalla Palestina, dove fu testimone dell’uccisione di Raffaelle Ciriello al suo sequestro, con altri colleghi, in Siria, Amedeo si è sempre battuto per essere dove accadevano le notizie e le storie che il servizio pubblico aveva il dovere di raccontare. Anche a rischio della propria vita. È una perdita per noi giornalisti e per la nostra azienda. L’esecutivo Usigrai si stringe intorno ai suoi familiari e a suoi amici, ricordandolo anche come sindacalista agguerrito, in prima fila nella difesa dei diritti dei lavoratori”.

Stampa Romana sottolinea in un comunicato la vocazione del giornalista per la sua professione: “Voleva essere sempre nei luoghi dove si svolgevano i fatti, viverli fisicamente, un testimone diretto di quanto accadesse nel mondo per poter raccontare la verità senza filtri né manipolazioni”. A ricordare il reporter anche il portavoce di Amnesty International Riccardo Noury: “Dare voce a chi non ha voce dovrebbe essere uno dei compiti più nobili del giornalismo. Amedeo Ricucci ne è stato più che all’altezza. Mancherà moltissimo”. Lo storico inviato era malato da tempo. È morto in una camera d’albergo a Reggio Calabria, dove si trovava per realizzare uno speciale del Tg1 sulla ‘Ndrangheta. Se n’è andato facendo il suo lavoro, che amava.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.