«Io non ho verità assolute, ma di una cosa sono sicuro, del ruolo fondamentale che ebbe il Pci nel combattere il terrorismo e l’estremismo».
Siamo d’accordo, gli replico, ma resta il fatto che per troppi anni a sinistra ci sia stata una sorta di reticenza nel parlare delle vittime di destra. Lui non ci sta e mi risponde: «Sono stato sindaco di Marzabotto e ho organizzato un’iniziativa per ricordare le vittime delle Foibe».
Inizia così una bella chiacchierata con Andrea De Maria, deputato del Pd, che ci ha tenuto a dire la sua in riferimento al commento pubblicato ieri su Il Riformista. Ne è nato un dialogo, fra chi quando il muro di Berlino crollava era già impegnato in politica e chi invece come me nasceva.

Andrea, dopo il racconto del Viceministro Bignami hai voluto specificare come i giovani del PCI non si siano resi protagonisti di episodi di violenza politica in quegli anni.
«Per quanto mi riguarda condanno qualsiasi forma di violenza politica e credo si debba rispetto a tutte le sue vittime, senza distinzioni per la loro appartenenza. Lo penso ora e lo pensavo nel 1989, quando ero Segretario della FGCI di Bologna e come facevamo tutti in quella organizzazione politica. Ho voluto sottolineare questo. Ho poi contestato l’idea di Bologna come città dove si respira un clima di intolleranza. Per me è vero il contrario: Bologna è una città dove è certo forte il valore dell’antifascismo e, proprio per questo, siamo una comunità aperta dove tutti, come è giusto, si esprimono nella massima libertà».

È vero però che moltissimi giovani di estrema sinistra legati a gruppi autonomi, così come di estrema destra, hanno commesso atti violenti e perfino omicidi in nome di un’ideologia. Erano omicidi spesso slegati dal terrorismo ma dettati dall’odio. Pensi che riaprire un dibattito post ideologico su questo possa essere utile al Paese? una pacificazione non deve passare anche da parole chiare di condanna verso l’ideologia comunista e neofascista da parte dell’attuale classe politica?
«Se si parla di una stagione difficilissime come quella degli anni settanta (che peraltro per ragioni anagrafiche ho vissuto da spettatore), non credo sia storicamente corretto confondere le derive violente di settori dell’estremismo di sinistra con il ruolo che svolse il Partito Comunista Italiano, che peraltro era un avversario di quell’ estremismo come lo era la strategia del Compromesso Storico di Berlinguer. Il PCI è stato fondamentale per difendere le istituzioni democratiche dal terrorismo rosso come da quello nero. Il punto sinceramente non credo sia una “pacificazione”. Mica siamo in guerra. E oggi con la destra il confronto avviene nelle aule parlamentari in democrazia. Vorrei peraltro dire qui che proprio con Bignami e con il senatore Lisei di FdI abbiamo lavorato, insieme a tutti i gruppi parlamentari ed alle associazioni dei familiari, ad una proposta di legge per i diritti delle vittime e dei familiari delle vittime del terrorismo. Il punto è quale è il riferimento comune per le forze politiche, cosa unisce la democrazia italiana. E mi pare evidente che ci si possa unire solo sulla Costituzione. E la nostra è una Costituzione antifascista, nata dalla Resistenza, che vieta esplicitamente la ricostruzione in qualsiasi forma del Partito Fascista».

Se ci concentriamo sul rapporto con il terrorismo sia Almirante che Berlinguer lo rifiutarono nettamente però. Perché secondo te quindi non si possono equiparare Msi e Pci nel rapporto con le istituzioni democratiche?
«Non credo sia corretto storicamente equiparare PCI ed MSI nel loro rapporto con le istituzioni democratiche. Ce lo dice la storia della cosiddetta strategia della tensione e ce le dicono anche le sentenze dei processi sulla strage del 2 agosto. Su questo la destra italiana dovrebbe dire parole più chiare, mi riferisco anche al dibattito degli ultimi giorni proprio sulla strage alla Stazione di Bologna. Nessun problema ad un confronto, senza reticenze, sulla storia che abbiamo alle spalle. Ma non per riscriverla per quello che non è stata».

L’episodio di violenza accaduto in una scuola Fiorentina ad opera di giovani legati alla destra studentesca di FdI e la denuncia del clima di violenza dei collettivi nei confronti dei giovani di FdI a Bologna fanno a volte temere che si possa di nuovo alzare il livello dello scontro. Mi chiedo spesso se la nostra democrazia ha anticorpi sufficienti per evitarlo…
«Dobbiamo tutti, uniti, respingere qualunque deriva violenta. Per quanto mi riguarda l’ho sempre fatto. È una responsabilità comune di tutte le forze politiche».