La proposta di introdurre un paio d’ore a settimana di educazione affettiva nei programmi scolastici, pur essendo un tentativo di rispondere a quel che è successo mi lascia senza parole. Non solo perché palesemente insufficiente, ma perché a mio parere ancora una volta si bistratta la scuola privandola del ruolo che le compete e della possibilità di educare veramente.

Sì educare! Educare la persona intera e quindi anche la sua affettività; rispondere al suo bisogno di sapersi orientare nelle scelte future, rispondere alla necessità di crescere come buoni cittadini e al bisogno di sapersi muovere un domani nel mondo del lavoro. E non ho scelto queste voci a caso: negli ultimi anni abbiamo assistito a una progressiva diminuzione e mortificazione delle ore di lezione da dedicare alle discipline di studio a favore dell’educazione civica, dei pcto, dell’orientamento e ora forse questa tendenza proseguirà con l’educazione all’affettività. Sì educare!

Educare a tutto ciò e a molto altro attraverso le discipline, educare insegnando.
Invitando gli studenti a incontrare la realtà, nei grandi temi che da sempre affascinano e muovono l’uomo attraverso la lente di ingrandimento delle singole materie. Condividere con loro la sete di sapere e il piacere della scoperta, muovere le loro menti e i loro cuori alla scoperta del mondo e di sé stessi.

Faccio un esempio personale, insegno scienze al liceo scientifico; fino a pochi anni fa potevo permettermi di dilungarmi nel far ripercorrere i grandi esperimenti storici e le biografie dei giganti della scienza che ci hanno preceduto. Storie di uomini che, come Niels Bohr hanno affrontato studio e fatiche, sono fuggiti dalla guerra portando avanti famiglie numerosissime (4 figli più due morti in tenera età), e nel frattempo ci hanno regalato alcune delle più grandi scoperte nella storia dell’umanità. Storie di donne umili ma rivoluzionarie e perseveranti come Rosalind Franklin o Marie Curie che hanno lavorato contro tutti e tutto arrivando a risultati che hanno spalancato le porte della conoscenza su alcuni grandi temi della chimica-fisica e della biologia. E di quanti altri ancora ho raccontato sotto lo sguardo incantato dei ragazzi!

Del coraggio e dell’ostinazione di Wegener, della determinazione nell’interrogare la natura di Rutherford o di Einstein, della trasparenza dello sguardo di Pasteur…entrando nel merito del loro ingegno e nella genialità dei loro esperimenti e invitando i ragazzi ad entrarci a loro volta e a scoprirsi magari altrettanto talentuosi. Storie di donne e uomini omini capaci di sacrifico, fatica capaci di accettare delusioni e sconfitte e anche ingiustizie senza metter mano a un coltello uccidendo chi gliele infliggeva. Non si può più fare, non c’è più tempo. Non c’è più tempo perché bisogna fare il pcto, l’orientamento e tutto il resto. Correndo il rischio di estrarre e estraniare gli obiettivi che perseguono dal resto; rendendo sempre più difficile quel che dovrebbe essere la cosa più naturale: che emergano in modo autentico e efficace dalla realtà, dalla complessità, profondità e bellezza delle cose. Non c’è più tempo per noi, per studiare approfondire e usare tutta la nostra creatività per pensare a qualcosa di coinvolgente che possa guidare i ragazzi a una vera conoscenza di sé e del mondo.

Non c’è più tempo in classe, le ore di lezione superstiti sono appena sufficienti per svolgere un lavoro che sia minimamente di senso e che faccia in modo che gli alunni siano in grado di affrontare gli studi successivi. E se ho potuto fare un esempio io, che dire di materie come arte, storia, filosofia, letteratura? Ho la fortuna di lavorare in una scuola paritaria dove tutti, anche l’ultimo giovane docente sono invitati a confrontarsi con una proposta didattica ed educativa chiara e vivace. Condivido il lavoro con colleghi che si spendono per realizzarla anche traendo il meglio per i ragazzi da questi continui vincoli. Si resiste dunque. Ma “resistenza” è una parola che si usa in tempo di guerra. Per favore restituiteci il tempo per insegnare in pace!
Che solo così possiamo tentare di dare il nostro contributo all’educazione delle giovani generazioni.

Alessandra San Martino

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