“Eitan è in ostaggio”. “Eitan non è dove i genitori avrebbero voluto che crescesse”. “Eitan vive con persone che non hanno neanche una foto con lui”. Il piccolo Eitan è al centro di una vera e propria guerra legale tra zii paterni e materni emersa oggi in tutta la sua drammaticità. E ha solo sette anni. È stato l’unico sopravvissuto della tragedia del Mottarone dello scorso 23 maggio: nell’incidente e lo schianto, il crollo della cabina della funivia Stresa-Mottarone sulla quale stava viaggiando sono morte 14 persone. A bordo c’erano anche il padre Amit e la madre Tal, il fratellino Tom e i bisnonni Barbara e Yitzhak.

Eitan sta meglio, è seguito da psicologi ha appena tolto i gessi e sta rispondendo bene al periodo di convalescenza, ha detto il rabbino di Torino Ariel Di Porto in occasione della consegna, a Verbania, del denaro raccolto attraverso una sottoscrizione a favore del piccolo il giorno in cui il Giro d’Italia è passato a Stresa. Il bambino è stato affidato dal tribunale dei minori di Torino, in via provvisoria, al ramo paterno della famiglia che vive in Italia. Anche il ramo materno ha tuttavia chiesto l’affidamento.

A Tel Aviv oggi è stata organizzata una conferenza stampa dalla zia materna, Gali Peri, e dall’avvocato Ronen Dlayahu, che rappresenta gli interessi della parte della famiglia che vive in Israele. “Eitan è stato sottratto da una famiglia che non lo conosceva, che in precedenza non era stata a lui vicina in alcun modo”, ha detto la zia materna. “Il diritto di Eitan è che dovrebbe avere una casa dove i suoi genitori volevano che crescesse; come ebreo in una scuola ebraica, e non in una scuola cattolica in Italia – hanno aggiunto nel punto stampa – Hanno preso il controllo del suo corpo, della sua mente e della sua anima, esattamente così, per tenerlo in Italia”.

E ancora, come riporta Il Corriere della Sera: “Abbiamo un bimbo israeliano a due ore di volo da noi e si trova in un Paese dove i suoi genitori non avrebbero voluto che vivesse, di sicuro non nel modo si prevede verrà educato. Non abbiamo bisogno di denaro; è impensabile che il bimbo sia tenuto da una madre che non lo ha mai conosciuto e che prima della tragedia non aveva nemmeno una foto con lui. I parenti lamentano di aver dovuto far ricorso al tribunale per poter incontrare il bimbo “due volte la settimana, per due ore e mezzo”.

L’inchiesta sulla strage del Mottarone

Il gip Elena Criotti, lo scorso luglio, ha nominato un pool di periti che in quattro mesi e mezzo dovrà accertare “tutto quello che può aver contribuito a causare l’evento con una attenzione molto dettagliata sia allo stato dell’impianto, alle sue caratteristiche, agli interventi di manutenzione”. Al centro dell’attenzione lo strappo o cedimento della fune. Dalle indagini finora svolte è emerso che il sistema di freni era stato disinserito tramite l’applicazione dei forchettoni che evitare l’attivazione del sistema e quindi il blocco delle corse a causa di alcuni problemi tecnici. Il plenum del Csm intanto, a fine luglio, ha bocciato la revoca del fascicolo sulla tragedia della funivia del Mottarone da parte del presidente del tribunale Luigi Montefusco alla giudice per le indagini preliminari Donatella Banci Buonamici

Le operazioni del pool sono partite il 3 agosto tramite sopralluoghi, con la formula dell’incidente probatorio. Il 30 agosto il via agli esami della scatola nera. Il 16 dicembre la presentazione in aula del lavoro dei periti. L’unico indagato agli arresti domiciliari è il capo servizio della struttura Gabriele Tadini. Altri indagati a piede libero sono il direttore dell’esercizio Enrico Perocchio e l’imprenditore Luigi Nerini.

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Giornalista. Ha studiato Scienze della Comunicazione. Specializzazione in editoria. Scrive principalmente di cronaca, spettacoli e sport occasionalmente. Appassionato di televisione e teatro.