Locale o no, il voto della domenica di Pasqua in tutti gli oltre 1900 comuni delle 81 province turche conta. E, in particolare, contano moltissimo le elezioni a sindaco nelle 30 grandi municipalità, le Büyükşehir. Tra queste, la megalopoli Istanbul, cuore economico e culturale del paese, e la capitale Ankara che Erdoğan ardentemente ambisce a riconquistare, dopo averle perse nelle elezioni del 2019 quando il Partito repubblicano del popolo (Chp), la maggiore forza d’opposizione, vinse in quasi tutti i maggiori centri urbani della Turchia.

Chiunque vinca a Istanbul potrebbe determinare la traiettoria dell’intero Paese, compreso il futuro del Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp) al potere e l’eredità del presidente Recep Tayyip Erdoğan.

E, per altro verso, un’altra vittoria del sindaco uscente Ekrem İmamoğlu, consoliderebbe senza dubbio la sua posizione di leader de facto dell’opposizione e di candidato più probabile alle prossime elezioni presidenziali del 2028. Imamoğlu è ampiamente considerato una figura di spicco all’interno dell’opposizione. Il suo approccio costruttivo, dalla retorica gentile e inclusiva, tale da abbracciare musulmani e laici, curdi e turchi, alevi e sunniti, contrapposta alla retorica fortemente polarizzante dell’Akp di Erdoğan, gli hanno fatto guadagnare popolarità tra strati della società di diversa estrazione sociale, religiosa, culturale e politica. Questo costituisce il suo principale vantaggio nella competizione.

Imamoğlu vinse due volte le elezioni municipali del 2019, affermandosi sia nella sfida iniziale che nella successiva ripetizione dopo che il Consiglio supremo elettorale (Ysk), su pressione di Erdoğan, aveva annullato quelle elezioni che lo avevano visto prevalere per circa 20 mila voti sul suo sfidante. Quella vittoria si rivelò la forza trainante dell’opposizione, un risultato notevole, in particolare contro il presidente Erdoğan, che aveva iniziato il suo percorso politico come sindaco di Istanbul nel 1994 e aveva svolto un ruolo attivo nella campagna elettorale durante le elezioni comunali di Istanbul del 2019.

Ma cosa c’è di diverso questa volta? E perché sono così importanti queste elezioni?Intanto perché nessuna delle due parti può riposare sugli allori.
Per l’opposizione, il tentativo di replicare un analogo successo nelle parlamentari e nelle presidenziali del maggio 2023 si rivelò fallimentare a causa di passi falsi nella selezione dei candidati e in particolare del candidato presidente. A differenza del 2019, questa volta non c’è alcuna alleanza elettorale tra i partiti di opposizione che si presentano divisi e ciascuno con il proprio candidato a sindaco e ciò rappresenta un’ulteriore sfida oltre agli ostacoli posti dall’ambiente non equo in cui si sta svolgendo anche questa campagna elettorale.

Tutti gli occhi sono puntati su Istanbul. La sfida più emozionante e imperdibile delle elezioni municipali si svolgerà senza dubbio in questa città-stato.
La corsa vedrà contrapporsi il sindaco in carica Ekrem İmamoğlu, rappresentante del principale partito di opposizione Chp, e il candidato dell’Akp, Murat Kurum, impegnati in un testa a testa con un leggero vantaggio del sindaco uscente.Una seconda vittoria a İstanbul di İmamoğlu sarebbe fondamentale per ravvivare le speranze di milioni di persone in Turchia. Gli elettori dell’opposizione avevano riposto la loro fiducia nel cambiamento nelle presidenziali del 2023, e il risultato è stato un’enorme delusione per molti democratici di tutto il Paese.

Il trauma da stress post-elettorale sta infatti continuando ad affliggere l’elettorato turco. Il calo di entusiasmo è palpabile ovunque, come stiamo riscontrando percorrendo i distretti di maggior peso della megalopoli. Tuttavia, una eventuale vittoria di İmamoğlu avrebbe il potere di cambiare questa atmosfera, attivare nuova speranza e infondere nuova vitalità nell’opposizione. Per questo quella della megolopoli del Bosforo non è una semplice corsa per il sindaco, ma può segnare un punto di svolta per il futuro della democrazia turca.
Istanbul ha 15,6 milioni di abitanti ed è più grande di 20 dei 27 Stati membri dell’Unione europea.

L’interesse di Erdoğan

Al di là della sua importanza simbolica per le elezioni del 31 marzo, Erdoğan ha interesse a prendere la megalopoli per ragioni personali e finanziarie.
La considera “la sua città”, una parte fondamentale del “marchio” erdoğaniano.
Istanbul ha soprattutto un grande peso economico per il presidente, rappresentando quasi la metà della base imponibile della Turchia e circa un terzo della sua produzione economica. La città è diventata una macchina per fare soldi con i numerosi progetti di costruzione, soprattutto di grandi opere, di proprietà immobiliare e di rinnovamento urbano, se si pensa all’abbattimento di strutture e di centinaia di migliaia di abitazioni a rischio sismico per costruirne altri con criteri antisismici. Erdoğan vuole rendere questi fondi disponibili per i suoi sostenitori e alle imprese che sostengono il suo partito. Vincere a Istanbul significa tutto per lui.

Il candidato dell’Ak Parti, ex ministro dell’Agricoltura, è privo di un forte carisma, Erdoğan lo ha scelto solo per la sua fedeltà, non vuole che un sindaco politicamente forte e carismatico possa mettere in ombra la sua leadership. Per questo lo stesso presidente è attivamente coinvolto nella campagna per Istanbul anche se con tono molto più calmo rispetto alle precedenti tornate elettorali. Appare raramente in Tv e i suoi discorsi non sono né provocatori né divisivi. Anche la sua retorica populista, solitamente fortemente polarizzante, è stata molto attenuata in questa campagna elettorale. Nemmeno per i pensionati e per coloro che percepiscono il salario minimo ha annunciato nuove sovvenzioni e sconti sulle bollette dell’elettricità e del gas; insomma, non ha messo in atto la strategia della cosiddetta “spesa elettorale” praticata nel 2023. Erdoğan sta seguendo la linea della stabilità in economia praticata dal ministro Mehmet Şimşek e con la sua squadra mira a raggiungere due cose: Evitare di trasformare le elezioni locali in un referendum o in un voto di fiducia sul presidente. Un approccio simile nel 2019 si rivelò infatti un errore che si è guardato bene dal ripetere.

In secondo luogo, una retorica particolarmente non divisiva, contrariamente a quella da lui adottata in tutte le precedenti elezioni, potrebbe non motivare gli elettori dell’opposizione a presentarsi alle urne e ciò avvantaggerebbe il candidato del presidente perché, come sostengono diversi analisti, con un tasso di affluenza al di sotto dell’80% İmamoğlu rischierebbe di perdere le elezioni.