Chi resiste?
Elezioni, vince chi vota. Quando pochi decidono per tutti mentre nasce lo schema a due querce
In democrazia vince chi vota. Regola aurea dei sistemi parlamentari del ventesimo secolo. Nel ventunesimo, vige la nuova regola della democrazia capovolta: metà degli elettori resta a casa, il 25 per cento si fa governo e i pochi decidono per tutti. Dittatura delle minoranze, ma non solo.
L’astensionismo è il terreno più fertile per il dilagare della demagogia. Si può discettare all’infinito su un confronto politico ancorato ai dogmi di tempi remotissimi, fascismo-antifascismo, zecche rosse e camicie nere, giudici e complotti, immigrati buoni o cattivi. Ma fin quando a decidere il potere saranno le curve dello stadio, i leader si specializzeranno sempre più nelle parole d’ordine e nelle chiamate alle armi.
Nel suo ultimo libro, Tony Blair ricorda che “il leader non deve pensare a quello che la gente vuole ma a quello di cui la gente ha bisogno, e convincerla che sia quello che vuole. Altrimenti è un follower”. Ma nel bi-populismo italiano non conta convincere la maggioranza ma solo compattare i fedelissimi. Come scrivono Paola Concia, Simone Lenzi ed Ivan Scalfarotto sul Foglio, la politica punta a “eccitare gli animi delle tribù di riferimento, rifiutando le mediazioni culturalmente e socialmente accettabili, al solo fine di garantirsi la sopravvivenza”. È un sistema così sicuro di sé stesso che tende a tagliare le sue ali estreme. Lega e 5 stelle animano le baruffe sui giornali e nei talk show ma sono sempre meno attraenti per gli elettori.
Il ritorno allo schema Quercia-cespugli
Dopo le elezioni in Emilia e Umbria, c’è chi parla del ritorno allo schema Quercia-cespugli. Ma è più corretto dire che oggi le querce sono due, una a sinistra e una a destra, come immobili fotografie di un’appartenenza: sono con te perché non sono “con loro”. A chi strepita fuori dai due grandi partiti-rifugio, restano le briciole. Salvini e Conte possono pure rintanarsi dietro le alterne fortune dei loro schieramenti, ma la realtà è che più giocano ad esagerare più diventano marginali. Zaia e Grillo incombono, e non per caso.
La maggioranza di chi si astiene
E gli elettori riformisti e liberali? Quelli che non pensano che la lotta democratica passi per cancellare il profilo su X per punire il pericoloso Elon Musk? E anzi vorrebbero un confronto non limitato ai 280 caratteri dei post di quel social? Una parte premia l’accorta strategia di Forza Italia. Ma la maggioranza è nel 50 per cento che ha disertato le urne. Sono vittime di personalismi che hanno raso al suolo un’area politica e culturale fino a un anno fa fiorente, e i cui ex-leader ora boccheggiano nel campo largo o poco distante. Se c’è una rotta per invertire la china è quella di parlare a questo mondo di delusi con un nuovo linguaggio fatto di idee concrete. I cittadini non sono mostri se votano l’avversario o angeli se votano te. E neppure sono quelli che Michele Serra chiama con disprezzo “i dispersi che si sono fatti un mondo loro che non è più il nostro”.
Anche non votare è una scelta, legittima e significativa. A cui si dovrà rispondere con la politica.
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