Nel Sì & No del giorno del Riformista, spazio al dibattito sulla presenza – e sul discorso – di Elon Musk ad Atreju: giuste le polemiche sulle sue dichiarazioni? Per il “Sì”, Alessio De Giorgi, responsabile del Riformista.it, che le ritiene “più che condivisibili” a partire da quella sulla GPA; per il “No” Andrea Ruggieri, direttore del Riformista, che definisce le accuse rivolte come ‘tautologicamente ridicole’. “La verità è che chi critica Musk, è egli stesso un illiberale – scrive -, che vorrebbe comprimere la libertà di espressione limitandola solo a ciò che egli crede e vorrebbe imporre a tutti”.

Di seguito il commento di Andrea Ruggieri 

E dunque, in una nazione in cui si è riservato il ruolo di oracolo a mezze calzette di minima risma, non va bene che alla festa del primo partito italiano si ascolti Elon Musk, cioè un visionario di livello assoluto, che in 52 anni ha inventato aziende di ogni genere, portato avanti il mondo di un metro, creato posti di lavoro, arrivando a essere l’uomo più ricco del pianeta, e incarnando cosi, plasticamente e incredibilmente bene, il sogno americano. Dettaglio: Musk viene portato a conoscere Giorgia Meloni, che è premier italiana, non una passante qualunque, da Nicola Porro, a margine di un’intervista. Passano alcuni mesi ed eccolo di nuovo qui, ospite di Atreju. A fare un discorso interessante, tutto votato al futuro, senza alcun riferimento politico di parte, ad ammonire chi governa di avere maggiore lungimiranza, offrendo spunti interessantissimi perché la crisi demografica che – dice lui – colpisce sistematicamente i paesi industrializzati, mette a rischio l’esistenza stessa di culture che lui dice di amare e ammirare, tra cui la nostra.

Ineccepibile, visto che prima dell’esistenza della cultura, è scritto che andranno in crisi la previdenza e la sanità italiana, se non nasceranno bambini in un numero sufficiente da invertire una rotta che le proiezioni dicono ci porteranno in 15 anni ad avere un giovane in età lavorativa chiamato a sostenere tre pensionati.

Musk snocciola nozioni, numeri, e considerazioni sulla natalità, sull’immigrazione (esaltando quella regolare che egli incarna, essendo oggi americano ma nato sudafricano) e raccomanda prudenza nell’affrontare la svolta ecologica che egli guida da protagonista da decenni, avendo inventato Tesla (unico produttore a non dipendere dalla Cina per le batterie). Il tutto, davanti a una platea di ragazzi che per una volta non ascolta un pallone gonfiato, un influencer o un cattivo maestro livoroso, ma un signore che da zero, armato solo di idee, entusiasmo e impegno, ha rivoluzionato le transazioni economiche, poi il trasporto elettrico e spaziale, e le infrastrutture web. Un gigante. Ma a qualche rosicone non va bene. Musk va dalla Meloni e non sposa la superficiale prepotenza del politicamente corretto o quella follia da fanatici che è la cultura woke, quindi è per definizione di destra. Che, anche fosse, non mi pare costituisca reato o diminutio intellettuale. Non lo salva nemmeno il fatto che, degli undici figli, ne abbia avuto uno con la vomitevole pratica dell’utero in affitto. Qualcuno si spinge a definirlo un sovranista. Cioè, un alfiere del capitalismo globale che per definizione travalica i confini nazionali, sarebbe un retrogrado sovranista. Sono accuse tautologicamente ridicole. La triste verità è che a Musk viene rimproverato di aver acquistato Twitter, che si voleva tempio del main stream politically correct, e di non considerare reietta la parte di politica non di sinistra.

Detto che per Musk l’unico affare che non frutterà sarà probabilmente proprio Twitter (oggi X, un social sopravvalutatissimo specialmente da chi fa politica ma non sa comunicare, e che con la luminosa eccezione di Barack Obama non ha mai spostato un voto da che è nato), la colpa di Musk è applicare il principio del free speech anche corrosivo. Per cui si può sparare panzane ma c’è anche la possibilità di confutarle. E dove, prima di Musk, si bannava l’account di Donald Trump, presidente Usa, ma non quello dei Talebani. Rendiamoci conto. La verità è che chi critica Musk, è egli stesso un illiberale, che vorrebbe comprimere la libertà di espressione limitandola solo a ciò che egli crede e vorrebbe imporre a tutti.
Francamente, l’unico difetto che incarna Musk riguarda l’Italia. Nel senso che ahimè, uno come lui qui non sarebbe potuto diventare quello che è lui. Perché questo continua a essere un paese assai diverso dagli Stati Uniti, tarpato da tasse e burocrazia che lo rendono un posto dove è assai difficile dare corpo a idee rivoluzionarie e fare impresa.