La visione del sultano
Erdogan vuole entrare nei Brics, Turchia player di tre continenti: “Sempre meglio mangiare a entrambi i matrimoni”
Erdoğan vuole fare del suo un paese multi-allineato che si siede dove vuole sui tavoli geopolitici, che siano Ucraina, Caucaso o Medio Oriente
Nello stesso giorno in cui Bloomberg diffondeva la notizia che alcuni mesi fa la Turchia aveva presentato domanda ufficiale di adesione ai Brics plus dei paesi in via di sviluppo, da Mosca è arrivato l’annuncio che il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan avrebbe partecipato al vertice dei Brics che si terrà a Kazan, nel Tatarstan in Russia, dal 22 al 24 ottobre. La notizia è stata poi confermata da Ömer Çelik portavoce del Partito della giustizia e dello sviluppo del presidente turco.
A questa organizzazione, costituita nel 2006 da Brasile, Russia, India e Cina per rafforzare la cooperazione tra i paesi in via di sviluppo e la loro già crescente influenza nell’economia mondiale, si è unito il Sud Africa nel 2010 e nel 2024 si è ulteriormente ampliata includendo l’Egitto, l’Etiopia, l’Iran e gli Emirati Arabi Uniti sviluppando una cooperazione non solo economica, ma anche politica e per la difesa degli interessi comuni sulla scena internazionale. Si potrebbe pensare che la Turchia abbia presentato la domanda di adesione all’alleanza dei Brics plus semplicemente perché si sente frustrata dall’Unione europea che l’ha di fatto esclusa dal processo di allargamento e per l’ostinato rifiuto di Bruxelles, dal 2016, di ampliare l’accordo di Unione doganale del 1996 e forse anche per il fatto che, da quando nel 2019 Ankara ha acquistato il sistema di difesa missilistico russo S-400, Washington la tiene a distanza.
Perché Erdogan vuole aderire ai Brics
Ma in realtà ciò che indirizza l’asse della politica estera turca sono ragioni profonde di visione e di convinzioni ideologiche e strategiche assieme all’opportunità di integrare le relazioni con l’Occidente unendosi ad altre piattaforme economiche e politiche con l’obiettivo di accrescere la propria influenza globale e stabilire nuovi legami al di là dei suoi tradizionali alleati occidentali della Nato, anche nella speranza di superare le difficoltà economiche in cui versa il paese. Inoltre è opinione diffusa all’interna dell’amministrazione turca la radicata convinzione che l’Occidente non eserciti più alcun dominio e che in un mondo post-occidentale, la Turchia abbia necessità di coprirsi le spalle. Erdoğan ha sempre detto di non vedere i Brics come un’alternativa all’Alleanza Atlantica o alla Unione europea.
“Mangiare a entrambi i matrimoni”
Tuttavia non vi è dubbio che lo stallo del processo di adesione a Bruxelles incoraggi a esplorare la possibilità di ingresso in altre piattaforme economiche. Per questo motivo l’interesse della Turchia per i Brics non dovrebbe essere visto come un completo allontanamento dall’occidente. Erdoğan è convinto che “è sempre meglio mangiare a entrambi i matrimoni, quando si ha la possibilità di parteciparvi”. La Turchia intende costruire una proficua cooperazione sia con l’Occidente che con l’Oriente.
L’interesse della Turchia per una piattaforma economica di fatto guidata dalla Cina e dalla Russia ha già fatto storcere il naso nelle capitali europee. Le ragioni della richiesta formale di adesione ai Brics avanzata da Ankara in questi giorni sono da leggere nel lungo e cristallino discorso tenuto a Istanbul da Erdoğan domenica 1° settembre, durante la “Cerimonia di ricevimento del diploma dell’Accademia militare dell’Università della Difesa Nazionale e di consegna della bandiera”. Il leader turco si è rivolto ai paesi occidentali dicendo. “Non vi ascolteremo!” e definendoli dei ficcanaso ignoranti che non riescono a comprendere perché la Turchia è in Libia, Somalia, Qatar, Iraq, Balcani, Asia e Africa. Secondo il leader turco Bruxelles guarda la politica estera turca dalle finestre delle capitali occidentali invece di osservarla e comprenderla attraverso la prospettiva di Ankara ed ha aggiunto che come nella metafora della bussola di Mevlana, la Turchia terrà orientate le estremità dell’ago sempre verso i quattro punti cardinali nell’interesse del Paese abbracciando così il mondo intero.
Turchia player di tre continenti
In sostanza Erdoğan vede la Turchia come un player, perno della bussola posizionata nel crocevia di tre continenti e il cui ago indica la visione e la direzione in cui proiettare la politica estera turca e ciò richiede il rafforzamento delle relazioni con l’Oriente e nel contempo l’avanzamento della radicata cooperazione con l’Occidente. Il leader turco vuole che la Turchia si posizioni come player globale che non può guardare solo verso ovest, ma che deve estendere il proprio sguardo a 360°. Insomma, per Erdoğan la Turchia deve ricoprire il ruolo che la storia e la geografia da sempre le hanno assegnato e perché ciò sia possibile deve simultaneamente orientare le sue relazioni a Est e a Ovest, per acquisire forza, prosperità, prestigioso ed efficienza.
La convinzione del leader turco è che qualsiasi visione diversa da questa concezione di politica estera, indipendente, multidirezionale e multidimensionale eliminerebbe la Turchia dall’equazione di attore di riferimento e influente in un nuovo ordine mondiale. È chiaro che Ankara non vuole cambiare campo allontanandosi dalla Nato, al contrario, vuole mantenere un piede in ogni campo mentre espande la sua influenza in Medio Oriente e Asia centrale e il suo potere economico in modo più ampio. Ora dialoga liberamente con Washington, con la Nato, con l’Europa, con l’Iran, con le ricche monarchie del Golfo e con altri attori regionali e globali senza sentirsi in dovere di scegliere un partner preferito. Possiamo dire che è un paese multi-allineato che si siede comodamente dove vuole su qualsiasi questione geopolitica, che si tratti della guerra in Ucraina, del conflitto nel Caucaso meridionale o dell’instabilità in Medio Oriente.
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