“Se si cerca l’essenza dell’Europa non si trova che uno spirito europeo evanescente e asettico; tuttavia una idea dell’Europa come realtà spirituale esiste ed è nata da radici culturali e spirituali ben precise. Innanzi tutto la cultura greca, poi il messaggio cristiano e, infine, la grande rivoluzione scientifico-tecnica”. Così scriveva Edgar Morin e nella sua Storia dell’idea d’Europa Federico Chabot concludeva “nel formarsi del concetto d’Europa e del sentimento europeo, i fattori culturali e morali hanno avuto nel periodo decisivo di quella formazione preminenza assoluta, anzi esclusiva”.

Ma ha senso tornare ancora a questa visione alta quando la politica si affanna sulle caselline delle liste elettorali per le europee? Mentre l’Europa è sempre più fragile a fronte di uno scenario mondiale bellico che richiederebbe una sua presenza forte, efficace, autorevole. Tornare alla sua identità, alle sue radici spirituali, alle sue culture politiche e morali, può non essere l’ennesimo richiamo ai fondatori, una liturgia stanca, rituale.

Il convegno

Una piccola scommessa di uscire da questa retorica è il convegno sull’identità liberal-popolare dell’Europa che si terrà a Roma domani 17 aprile mattina alla sala Isma presso il Senato della Repubblica, Piazza Capranica, 72. Promossa dalla senatrice Mariastella Gelmini, con il filosofo Sergio Berardinelli e l’ex-ambasciatore Michele Valensise. Non per tornare ad una ripresa estenuata sulle radici giudaico-cristiane che conobbero una contrapposizione polarizzata sulla mai realizzata Costituzione europea, ma per lavorare insieme in nome di un comune umanesimo. Come individuarono Joseph Ratzinger e Juergen Habermas nel loro fondamentale dialogo del 2004. Se non è ormai troppo tardi. Quali sono allora le radici dell’Occidente? Che ne è rimasto si chiede nella sua relazione Sergio Berardinelli.

Le vere divisioni

Un umanesimo dissolto nel post-umano, nell’assolutizzazione della tecnica, nella dogmatizzazione della scienza? Come progrediscono le radici comuni fondate sulla “dignità umana” che si è tradotta nei diritti umani quali fondamento delle democrazie liberali? In un dirittismo in cui l’individualismo del desiderio diventa diritto e rimanda a divisione profonde, polarizzate, diversamente conciliabili, ad un vero scontro antropologico. Sulla stessa idea di uomo e di donna. “Se ieri – dice il filosofo Sergio Berardinelli- ci attestavamo su forme di pluralismo degli stili di vita, pluralismo etico o politico, derivati comunque fondamentalmente da un’antropologia in gran parte condivisa, oggi le vere divisioni, spesso incolmabili, le registriamo proprio sul piano antropologico”.

Il caso aborto

Pensiamo al recente caso della dichiarazione sull’aborto. Giustissima, legittima e urgente la richiesta, sulla scia francese, di rendere sempre garantita la libertà della donna di abortire messa sotto attacco nel mondo, dall’America ai sovranismi europei ungheresi e polacchi. Ma che questo (diversamente che in Francia dove l’aborto non si ascrive a diritto) passi invece sotto la definizione di “diritto all’aborto”, significa farne un diritto positivo, sbagliato giuridicamente e politicamente (perché si riaccendono tutti gli altri diritti, dal diritto del feto, a quello del padre ecc.). Insomma una grande regressione che ci ripota alle lacerazioni del passato, mentre dobbiamo ribadire che il diritto deve essere quello della libertà di scelta della donna e che ci devono essere le condizioni materiali per renderlo possibile. Questa la vera conquista. Come trovare dunque un uomo e una donna europei? Tornando anche alle ragioni storiche di quella estraneità dei popoli delle nazioni che oggi si sentono sempre meno europei.

L’idea di Europa

Inutile abusare del termine europeista se l’idea di Europa – come successe nei processi di unificazione nazionale – è calata dall’alto se non respira lo spirito dei popoli e delle nazioni. Se la politica ha lasciato il posto alla burocrazia, alle commissioni, quando non agli affari sottobanco. Senza il senso della loro storia, dei loro valori e delle identità dei popoli, che già faticosamente lo trovarono nelle loro nazioni, come si può pensare ad una politica estera comune per non parlare di una comune difesa? E, allora, come sono cambiate le culture politiche all’interno dei diversi paesi? Ne parlerà Michele Valensise già ambasciatore in Germania a partire proprio dal caso tedesco e dalla “crescita dell’estrema destra di Alternative fuer Deutschland (AfA), nata nel 2013 da una costola conservatrice della Cdu/Csu… con i suoi leader scatenati contro l’Europa, la Nato, gli Stati Uniti e invece comprensivi nei confronti della Russia oltre che inclini a un inquietante revisionismo sulle responsabilità della Germania negli anni più bui della sua storia… La stanchezza dei grandi partiti popolari tedeschi non è una buona notizia, non solo per la Germania”. E infine ci sarà una disamina, su quale politica, e quali alleanze, su quale identità per una Europa liberal-popolare, negli interventi della Senatrice Mariastella Gelmini, ideatrice e animatrice del convegno e del leader di Azione Carlo Calenda, da sempre sensibile alle radici culturali dei processi politici e ad una idea di libertà mai sganciata dalla responsabilità e da quella dei diritti sempre accompagnata da quella dei doveri.

Emma Fattorini

Autore