Risposta laica oltre i pregiudizi
Farmaci oppiacei, serve equilibrio tra l’uso nella terapia del dolore e le misure contro il rischio di abuso e dipendenza
Il tema della terapia del dolore, con particolare riferimento all’uso dei farmaci analgesici oppioidi, oggetto di un incontro organizzato lunedì da Formiche e Istituto Gentili, riveste grande importanza non solo sul piano scientifico ma anche su quello assistenziale e sociale. Il diritto dei cittadini ad accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore è sancito dalla legge n. 38 del 15 marzo 2010. Sebbene si riscontri ancora una serie di importanti criticità nella piena applicazione di tale legge, non c’è dubbio che essa rappresenti una misura di civiltà, che tutela la dignità e la qualità della vita del malato fino al suo termine.
Riguardo l’uso dei farmaci per la terapia del dolore, i dati derivanti dall’Osservatorio nazionale sull’impiego dei medicinali indicano che negli ultimi anni il ricorso a tali farmaci è aumentato. La prevalenza d’uso nella popolazione generale ha raggiunto nel 2023 il 5,4%, e gli oppioidi maggiori da soli o in associazione rappresentano circa il 40% della spesa dell’intera categoria. Mentre l’efficacia dei farmaci oppiacei non è mai stata in discussione, il loro utilizzo a volte è frenato da timori relativi al profilo di sicurezza e in particolare al loro potenziale di abuso e dipendenza. La cosiddetta crisi degli oppiacei, che ha causato un aumento delle morti negli Stati Uniti e in Canada, ha portato a rivalutare l’uso di questi farmaci e ha favorito un approccio più integrato al trattamento del dolore cronico, che comprende interventi multimodali e sviluppo di linee guida specificamente mirate a ridurre il rischio di abuso e a introdurre buone pratiche cliniche per un utilizzo più sicuro. Tra queste, appare rilevante il suggerimento di limitare la dose giornaliera di farmaci, ma anche l’implementazione di strategie di sospensione in caso di comportamento aberrante e dipendenza.
Ci sono diversi lavori che sostengono che i paesi europei abbiano atteggiamenti diversi nei confronti della prescrizione e dell’uso degli oppiacei rispetto agli Usa e al Canada: c’è ancora una differenza di consumo di oppiacei 3 volte superiore in Nord America rispetto ai paesi dell’Europa occidentale, nonostante negli ultimi anni nei suddetti paesi si sia registrata una riduzione globale dell’uso. Al contrario, il consumo di oppiacei ha subìto un significativo aumento nella maggior parte dei paesi europei dalla metà degli anni ‘90 in poi, segno di una crescente attenzione nel trattamento del dolore nel Vecchio Continente. L’uso di oppiacei nel dolore cronico non oncologico è considerato per certi versi più controverso dell’uso in oncologia. È pertanto particolarmente importante la recentissima pubblicazione della linea guida sul “buon uso dei farmaci oppiacei nella terapia del dolore cronico non da cancro dell’adulto”, risultato di una collaborazione multidisciplinare tra società scientifiche e associazioni di pazienti.
Concludendo, il tema della terapia del dolore e dell’uso dei farmaci oppiacei in particolare – oltre a essere estremamente rilevante – abbraccia molti dei campi di attività del nostro Istituto, dallo studio dell’uso e dell’appropriatezza dei farmaci ai percorsi assistenziali e alle linee guida. Nel suo ruolo istituzionale, l’ISS non può che supportare l’adozione di un atteggiamento “laico” nei confronti dell’uso dei farmaci oppiacei che – mettendo in atto tutte le necessarie misure di minimizzazione del rischio di abuso e dipendenza – ne favorisca l’utilizzo, ove appropriato, nella terapia del dolore.
Rocco Bellantone – Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità
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