Ho assistito, insieme all’avvocato Francesco Prota, Gianluca Ansalone nel processo Open, concluso con una sentenza di non luogo a procedere emessa dalla Giudice per l’udienza preliminare di Firenze in favore di tutti gli imputati e per tutte le numerose imputazioni. Parlo del mio assistito perché il suo caso è emblematico e può risultare di grande interesse per tutta la giurisprudenza. Gianluca Ansalone, nella sua qualità di responsabile dei rapporti istituzionali di British American Tobacco, era chiamato a rispondere di finanziamento illecito e corruzione in relazione, in sostanza, ad erogazioni liberali effettuate da BAT ad Open. Non spetta a me dire se si sia trattato di un processo politico, quello che però è stato chiaro sin da subito è che si trattava di accuse all’evidenza infondate. Al di là del fatto che definire Open una longa manus del PD Renziano non stava in piedi sul piano politico, la Cassazione per ben tre volte aveva già escluso questa identificazione, smentendo in radice che finanziare Open significasse supportare il partito di Matteo Renzi.

L’accusa infondata

L’accusa di corruzione sembrava poi, se vogliamo, ancora più infondata perché neanche un euro era mai stato dato a Luca Lotti o ad altri parlamentari e mai è stato definito alcun accordo di scambio in forza del quale BAT aveva condizionato il suo sostegno ad Open alla percezione di qualsiasi tipo di beneficio in suo favore. Se si crede nelle idee di qualcuno, se si crede in una visione del paese, non c’è niente di male nel volere sostenere un laboratorio culturale in cui dargli forma. Tutto ciò non solo è consentito dalla legge ma è anche giusto e connaturato al diritto di chiunque di partecipare in qualunque forma al gioco democratico.

Il chilling effect

Trasformare questo in capi d’accusa rischia di creare un cosiddetto chilling effect, un effetto congelamento verso chi intende incoraggiare la nascita di nuovi progetti per migliorare, dal suo punto di vista, l’Italia. Questo tipo di processi, insomma, determina un senso di deterrenza nei confronti di attività non solo lecite, ma espressione della migliore, libera dialettica democratica. Si chiama overcriminalization.

Il ruolo di Gianluca Ansalone

Gianluca Ansalone svolgeva un ruolo, quello di responsabile relazioni esterne, che ha sempre rivendicato con orgoglio, apprezzato e stimato da tutti. Confondere le parole “lobby” e “corruzione” si traduce, appunto, in un pernicioso effetto collaterale per il regolare svolgimento delle dinamiche democratiche. Si crea terrore e incertezza, scoraggiando fisiologiche e proficue interlocuzioni tra rappresentati di legittimi interessi ed esponenti politici. Cosi si rischia di conculcare le normali logiche di funzionamento di un paese a democrazia ed economia avanzate e, se s’insiste su questa strada, non si può escludere che l’Italia resti fuori dal consesso dei suoi competitori. Per fortuna ci siamo imbattuti in una GUP davvero autonoma che ha evitato il prolungarsi di inutili sofferenze.

Per rinviare a giudizio basta una firma, per assolvere serve studiare

L’udienza preliminare solitamente si conclude con un rinvio a giudizio, un po’ perché basta apporre una firma in calce a un modulo, mentre per assolvere occorre studiare un intero fascicolo (qui davvero voluminoso) e scrivere una sentenza, un po’ perché in questa fase il rapporto di colleganza tende a scoraggiare la sconfessione dell’impianto accusatorio soprattutto nei procedimenti mediatici. Per questo serve la separazione delle carriere e una vera responsabilizzazione professionale dei magistrati, perché i cittadini devono potere confidare sulle regole e non sulla buona volontà e le capacità dei migliori. La riforma Nordio continua dunque ad essere un’urgenza e, insieme ad essa, è indispensabile introdurre autentiche forme di valutazione dell’operato dei magistrati affinché solo quelli davvero meritevoli raggiungano i vertici della carriera, non vedendosi scavalcati dai più attivi nelle dinamiche di corrente, che non sempre sono i più laboriosi e indipendenti.