Open Arms, oggi la sentenza per Salvini
L’inchiesta-fuffa Open si chiude: 5 anni di calvario per niente. Ora la politica riformi il finanziamento ai partiti
Open è chiusa. A dispetto del nome. No, anzi: a dispetto dei giudici che per anni hanno rovistato nelle schede di memoria dei telefonini, negli iPad, nei computer dei dieci indagati dalla Procura di Firenze. Open va in archivio, non i danni che ha prodotto, le ferite che ha inferto. Umane, prima che politiche. Delle prime possiamo solo dolerci, delle seconde dobbiamo occuparci. Dovrà occuparsene il legislatore che deve mettere mano con quanta più forza possibile su un sistema sbalestrato di ingerenze indebite nella vita democratica.
La politica e i finanziamenti
Il “non luogo a procedere” sentenziato ieri incontra quell’altro “non luogo” che riguarda la vita stessa dei partiti, ricacciati in un limbo eternamente sospeso tra legalità e illegalità. Cosa è lecito dare, alle fondazioni politiche, alle associazioni politico-culturali, a chi organizza e gestisce festival, a chi promuove campagne elettorali? I temi sono di scottante attualità: l’archiviazione di Open, con tante scuse agli indagati, spegne il lampeggiante degli inquirenti ma accende il faro delle emergenze vere. Quel vulnus costituzionale dato dall’incolmabile distanza tra i pilastri della democrazia (così la Costituzione descrive i partiti) e le leggi intervenute per limitare, bandire, sanzionare tutte le facoltà di dare una base solida a quei pilastri. E così, mentre Giovanni Toti scrive nel suo libro-manifesto: «È stata la politica ad abdicare al suo ruolo, facendo continui passi indietro che altri poteri hanno colmato. La politica ha bisogno di poter essere finanziata in modo lecito, pubblico, trasparente», ecco che viene giù un altro dei castelli accusatori con cui si è cercato di bloccare l’attività della politica.
A più di sei anni dall’inizio delle indagini, e dopo oltre due anni di udienza preliminare, nel caso della Fondazione Open ieri sono stati prosciolti tutti gli imputati, a partire da Matteo Renzi. L’ex premier ha scritto: «Sono stato prosciolto dalla vergognosa e infamante accusa di finanziamento illecito alla politica». E nel corso di una conferenza stampa ha chiesto le scuse di «Meloni e Travaglio», oltre al M5s e la «parte giustizialista del Pd». La Procura aveva ipotizzato che, violando le norme sui finanziamenti ai partiti, la fondazione Open avesse incassato circa 3,5 milioni di euro dal 2014 al 2018. Oltre all’ex premier sono stati prosciolti anche Maria Elena Boschi e le altre nove persone indagate (più quattro società), tra cui l’ex ministro Luca Lotti, l’avvocato Alberto Bianchi – ex presidente della fondazione – e l’imprenditore Marco Carrai.
Del tutto estranei a ogni accusa si sono dimostrati Gianluca Ansalone (all’epoca dei fatti responsabile dell’ufficio relazioni esterne della British American Tobacco Italia) e Giovanni Caruci (sempre all’epoca dei fatti vice presidente della British American Tobacco Italia).
Renzi e Boschi, con Carrai, erano imputati solamente per finanziamento illecito ai partiti, mentre tra gli altri indagati si suddividevano le accuse di traffico di influenze, corruzione, autoriciclaggio ed emissione di fatture per operazioni inesistenti. La Gup del tribunale di Firenze, Sara Farini, ha invece stabilito che non ci furono irregolarità. Ha dichiarato il «non luogo a procedere» perché «gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna». Poche parole per chiudere un capitolo che era intervenuto, con curiosa tempestività, proprio all’indomani della nascita di Italia Viva. «Non cancella la cupezza di anni difficili», dice dal Pd Simona Malpezzi, tra le poche parlamentari dem ad esprimere soddisfazione per la fine della gogna giudiziaria.
Open Arms, oggi tocca a Salvini
Per Forza Italia parla il segretario regionale toscano, Marco Stella: «La vicenda torna ancora una volta a porre il tema del rapporto tra una parte della politica con una parte della magistratura, e richiama l’urgenza di una riforma della giustizia». Le ingerenze indebite nella politica non si contano più. Ieri è arrivato anche un tweet di Elon Musk che interviene sul processo a Matteo Salvini, il cui giudizio è atteso oggi. «È folle che il vicepresidente del Consiglio e leader della Lega, Matteo Salvini, venga processato per aver difeso l’Italia». Anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, è intervenuto: «Sono convinto che Salvini debba essere assolto».
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