Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli hanno seguito la conferenza stampa di Letta e Calenda con malcelata irritazione. E poi, al riparo delle telecamere, hanno sbottato, arrivando ieri a far saltare l’incontro con il Pd. Il “matrimonio” tra Pd e Azione ha preteso una dote carissima in termini di programma, e non solo. La richiesta di Calenda a Letta di escludere Fratoianni e Bonelli dalla candidatura all’uninominale in collegi blindati o quasi sicuri ha fatto implodere in culla la coalizione che si stava formando.

E poco cambia se Enrico Letta ci mette una pezza con il “lodo” che invita tutti i leader, divisivi per antonomasia, di fare un passo indietro. I rumors dicono che i due alleati di Sinistra Italiana e Verdi Europei hanno moltiplicato i messaggini con Giuseppe Conte. Si parla della Cosa Rossa, cioè M5S + SI e Verdi come di un polo che potrebbe prendere tra il 12 e il 15%, come ha confermato al Riformista il sondaggista Fabrizio Masia: “In un momento di confusione come questo, le identità forti prendono più di quelle sfumate, e in Italia per una sinistra alla Mélenchon vedo un quindici per cento degli elettori”.

Fratoianni è furioso con Letta, tanto che se dipendesse da lui, viene fatto filtrare, l’accordo con i pentastellati sarebbe già cosa fatta. Qualcuno dei suoi ci spiffera anche una versione di quel che ha spinto il segretario dem nelle braccia di Calenda: “Girava una proiezione fosca sui collegi uninominali. Il Pd ne avrebbe presi otto in tutto, se non avesse corso con un elemento capace di spostare voti da destra a sinistra come Calenda”. Un esito scioccante che ha indotto il Nazareno a ingoiare il rospo del 70-30, una sproporzione vistosa – considerati i rapporti di forza – che implica anche scelte di programma ben precise. E antitetiche a quelle della parte sinistra della sinistra.

Fratoianni romperebbe, dicevamo, se potesse. Però non può. Perché c’è un esonero nella complicata raccolta estiva delle firme, indispensabile per presentare il simbolo di Sinistra Italiana, sul quale fanno molto affidamento nello staff di Fratoianni. Tre settimane fa, pare su pressione del Pd che ha indirizzato la richiesta a Fornaro, c’è stato un cambiamento della denominazione del gruppo di Liberi e uguali alla Camera in “Liberi uguali, Articolo 1, Sinistra italiana”. Un cambio nell’insegna sociale che lascia intuire che questo fosse l’esonero che Bonelli e Fratoianni pensavano di utilizzare. Ma Sinistra italiana non era affatto costituita in gruppo, né era contenuta nella denominazione del gruppo al 31 dicembre 2021 e dal punto di vista giuridico non è una evoluzione di Liberi e uguali. Ne è una componente, e la più recente, quasi posticcia: una parte, non il tutto.

In sostanza Sinistra Italiana non deve raccogliere le firme finché rimane organica al progetto Pd-guidato. Il simbolo non può essere candidato senza l’accordo di Pierluigi Bersani e di Roberto Speranza. Se Articolo1-Mdp decidesse di rescindere l’accordo, dichiarando dissolto l’apparentamento alla Camera, ecco che Fratoianni dovrebbe provare a raccogliere le firme da solo. Impresa impossibile. E poi c’è un’altra questione: quella dell’approdo. La Cosa Rossa non si può improvvisare in tre giorni. Mancano i tempi minimi. Si potrebbe fare un listone, più che una coalizione. Una lista rossa, più che una Cosa Rossa. Facendo specularmente a quanto succede con Di Maio nel Pd, una operazione di integrazione delle liste, magari assicurandosi in questo caso il seggio per Fratoianni e Bonelli con i collegi uninominali. Nel Movimento 5 Stelle vige però il limite dei due mandati, come potrebbero surclassare le parlamentarie i candidati di SI e dei Verdi, alcuni dei quali oltre il terzo mandato?

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.