La vita di Israele e della Striscia di Gaza si divide tra un presente fatto di guerra e un futuro di cui si inizia sempre più a discutere. I media israeliani ieri hanno segnalato una riunione del gabinetto di guerra in cui per la prima volta dall’inizio del conflitto con Hamas si sarebbe parlato del dopoguerra a Gaza.
Una notizia che indica diversi elementi. Il primo è che Benjamin Netanyahu non è impermeabile alle pressioni della comunità internazionale e in particolare degli Stati Uniti. Washington ha chiesto a Israele di dare indicazioni sul futuro della Striscia di Gaza, anche per trovare un compromesso in grado di ripristinare un equilibrio regionale soddisfacente per gli Usa e i partner arabi. E l’impressione è che Netanyahu, dopo le divergenze manifestate con Joe Biden, abbia comunque voluto mostrare una prima ricerca di compromesso. Il secondo elemento è poi la necessità del premier israeliano di far vedere anche alla propria opinione pubblica e agli apparati statali la volontà di guardare al di là dell’operazione militare in corso nell’exclave palestinese. Lo Stato ebraico è impegnato in una guerra logorante che, a detta anche dei maggiori esponenti militari e politici, potrebbe durare mesi.

Guerra a gaza, i negoziati e le tre fasi dell’Egitto

Tuttavia, come sottolineato tempo fa anche dal Washington Post, non è un mistero che il sistema economico e strategico israeliano non possa reggere un conflitto di tale portata per molto tempo, sia per la quantità di riservisti impiegata al fronte sia per le minacce provenienti da diversi fronti e che già incidono sull’economia e sulla sicurezza del Paese. La discussione sul futuro di Gaza, oggetto anche degli incontri in Usa del ministro per gli Affari strategici Ron Dermer, si lega poi alle trattative in corso con Hamas e le varie fazioni palestinesi. In questi giorni, a muoversi è soprattutto l’Egitto, che proprio ieri ha confermato di avere presentato un suo piano per il cessate il fuoco nella Striscia. Il capo ufficio stampa del governo egiziano, Diaa Rashwan, ha comunicato che il Cairo “ha presentato una proposta che cerca di avvicinarsi alle posizioni delle parti con l’obiettivo di mettere fine allo spargimento di sangue palestinese, fermare l’aggressione contro la Striscia di Gaza e riportare la pace e la stabilità nella regione”. L’obiettivo del programma egiziano è quello di raggiungere la tregua attraverso un percorso in tre fasi, in cui la prima dovrebbe prevedere il rilascio delle donne, degli anziani e dei bambini ancora tenuti in ostaggio dai terroristi.

Nel momento in cui scriviamo, non sarebbero arrivate risposte né da Hamas né da Israele. Mentre dall’Egitto sembrano abbastanza concordi nel ritenere che per quanto riguarda il dopoguerra nell’exclave palestinese, l’esclusione di Hamas appaia quantomeno “irrealistica”. Le trattative sono quindi in corso. E questo mentre nella Striscia continua a infuriare la guerra. Le forze armate israeliane hanno annunciato che nelle ultime 24 ore sono state ultimate alcune operazioni per distruggere le ultime infrastrutture di Hamas nella città di Gaza, con alcuni reparti impegnati a combattere le rimanenti forze dell’organizzazione a nord dell’exclave palestinese. Secondo le Tsahal, sono 167 i caduti tra i militari israeliani dall’inizio dell’invasione. E questo certifica la durezza dei combattimenti su tutto il fronte. Secondo il ministero della Salute di Gaza, controllato da Hamas, sarebbero invece oltre 21mila le vittime palestinesi da quando è iniziato il conflitto. Mentre l’Unrwa, ovvero l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei rifugiati palestinesi, ha lanciato l’allarme sul rischio di carestia per il 40 per cento della popolazione.

Polemiche per i video dei detenuti spogliati a Gaza e rilanciati dalla Cnn

Hanno destato inoltre scalpore i video circolati sui social e rilanciati dalla Cnn che mostrano decine di detenuti palestinesi spogliati, tra cui anche giovanissimi, in un luogo che l’emittente Usa avrebbe identificato nello stadio Yarmouk di Gaza. La Cnn non è riuscita a datare il video, che è stato postato sui social il 24 dicembre. Ma le immagini pubblicate da uno dei principali network americani conferma anche l’importanza che può avere l’opinione pubblica statunitense sull’approccio di Biden al conflitto, soprattutto perché una parte dell’elettorato dem è critico nei riguardi dell’operazione israeliana. La tensione è salita di nuovo anche in Cisgiordania, dove le Idf hanno proceduto all’arresto di 25 persone e ampliato le operazioni pure nel territorio sotto l’Autorità nazionale palestinese.
Mentre sul fronte della sfida tra Iran e Israele, ieri, durante il funerale di Seyed Razi Mousavi, elemento di spicco dei Pasdaran morto in un sospetto raid israeliano in Siria, da Teheran sono volate ancora minacce nei confronti dello Stato ebraico. Il capo dei Guardiani della rivoluzione iraniana, Hossein Salami, ha ribadito che “la vendetta sarà dura, come sempre”. E un drone lanciato da una milizia sciita dell’Iraq contro il Golan israeliano conferma che la risposta può arrivare dall’intero mosaico di fazioni legate all’Iran.