L’uomo nero della politica americana punta diritto alla Casa Bianca, anche se è poco probabile che ce la faccia. Persino la CNN – liberal e vicina ai democratici – gli regala una prima serata il mercoledì con una giornalista che si azzuffa bravamente con “The Donald”. È stato dichiarato in arresto, condannato (pochi giorni fa, per un controverso caso) eppure tira dritto approfittando della debolezza nell’attuale team alla Casa Bianca: Joe Biden, e la sua vice Kamala Harris, la prima donna alla White House. Per la verità di scarsissimo successo, imbranata e inefficace, di cui tutti sono terrorizzati perché se Jo morisse prima della fine del mandato, lei gli succederebbe come accadde allo sconosciuto Lindon Johnson chiamato a giurare come nuovo Presidente davanti al cadavere di John Fitzgerald Kennedy assassinato a Dallas.

Quello è il tallone d’Achille democratico, in totale mancanza di alternative. Non è affatto detto che Trump riesca a ottenere la nomination perché il Grand Old party è spaccato. Le due fazioni? Conservatori e trumpiani che sono isolazionisti non soltanto per la naturale concorrenza fra i candidati alla nomination per le elezioni del 2024, ma proprio sulla differenza tra le politiche di Trump e quelle classiche di un partito conservatore ma dinamico, ricco per ricchi ma pronto alle riforme e che non dimentica di discendere direttamente da Abraham Lincoln.

Abbonda il panico su entrambe le rive mentre in casa democratica si percepisce l’angoscia: Biden dovrebbe vivere troppo per poter concludere il secondo mandato e lo hanno supplicato in tutti i modi di rinunciare, ma lui ha detto di sentirsi in forma, di voler fare quel che ha sempre sognato e di non avere alcuna intenzione di mollare.

Il problema dell’età? Nessuno può dire oggi quanto possa cambiare un uomo costantemente curato e monitorato 24 ore al giorno da una squadra di medici. Certo, il vecchio Joe (l’uomo più anziano che abbia messo piede alla Casa Bianca – ricandidandosi, per giunta –nella storia americana) ogni tanto traballa. Qualche cedimento sulle scale dell’aereo, piccole confusioni leggendo un discorso o salutando qualcuno che non c’è. Ma si tratta di sciocchezze perché quello che c’è e funziona bene non è solo il suo cervello ma anche la sua concordanza col dipartimento di Stato, l’unico ente americano che abbia e coltivi una vera memoria storica del paese. Questo significa ad esempio che Biden sia totalmente ostile ad una rovinosa caduta di Putin con conseguente smembramento dell’impero russo che va da Kaliningrad allo stretto di Bering per undici fusi orari, è favorevole invece ad un contenimento muscolare delle ambizioni del presidente russo fino a fargli capire che non è proprio aria e che si possono trovare accordi soddisfacenti.

Il partito repubblicano è diviso sull’Ucraina: Trump abbandonerebbe volentieri l’Europa agli appetiti di Putin, mentre Ron DeSantis, sfolgorante governatore della Florida laureato ad Harward e a Yale e unico competitore di Trump è favorevole a un impegno che non porti alla guerra totale. Però su di lui pesa l’essere stato un “Reagan Republican”, cioè seguace del reaganismo che attrasse molti voti democratici al secondo termine.

De Sanctis governa la Florida dove vive Trump nel fantastico resort Mar-A-Lago dove ogni persona cosa o idea porta il marchio “MAGA” ovvero Make America Great Again. Io ho due figli in Florida: uno è un campione che va spesso a giocare nel campo di Donald, dove raduna folle di giovani. In Florida è molto raro trovare un democratico e Ron DeSantis ha bisogno dei voti “MAGA” e Trump, secondo molti, lo ha già in pugno. Quasi tutti dicono che resterà governatore e che dovrà cedere voti a Donald. Comunque, la posizione di Trump resta drastica, isolazionista, per l’accettazione dei soli immigrati legali e il respingimento degli altri. E sulla guerra è spiazzante: Putin ha diritto – secondo la nota teoria sprezzantemente antieuropea – di fare quel che vuole: si prenda pure tutta l’Europa scansafatiche e ricchissima che chiede protezione senza pagare un euro ai soldati americani per non far pesare le spese della Difesa sui loro bilanci.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.