Joe Biden candidato per un secondo mandato? Rischia di consegnare la Casa Bianca ai repubblicani, forse a Donald Trump e mettere in crisi il partito democratico, già incrinato dalla sua ala socialista di Bernie Sanders. Il socialismo di Sanders e quello dei suoi uomini più vicini non ha nulla a che vedere con i Democrats più radicali, ma con vecchi schemi marxisti europei di orientamento quasi sovietico, ciò che ha provocato la presentazione di una mozione bipartisan al Congresso, approvata con 338 voti, in cui si respinge qualsiasi forma di socialismo per gli Stati Uniti.

Quel voto ha formalizzato una spaccatura nella società e Biden – che ha avuto rapporti bruschi con la sua sinistra – potrebbe esserne penalizzato nelle urne. Inoltre, sono tutti d’accordo nel considerarlo troppo anziano, 80 anni, per essere un presidente fisicamente performante come il ruolo richiederebbe: circolano decine di clips in cui Biden inciampa, si impappina, saluta qualcuno che non c’è.

La sua posizione sull’Ucraina è acrobatica: rifornire sì Zelensky di armi, ma solo a corta gittata affinché Putin si convinca a chiudere la partita ucraina senza lasciarci la propria testa. Gli intellettuali del Dipartimento di Stato e gli uomini di Biden non vogliono assolutamente scoperchiare l’Impero russo con devastanti conseguenze.

Biden mentalmente è in eccellenti condizioni, ma tutti pensano al dopo: a un vicepresidente che possa succedergli se lui venisse meno. La sua vice Kamala Harris è stata deludente e quasi imbarazzante. Che possa diventare la prima donna presidente non basta. Biden ha il suo zoccolo duro fatto di americani terrorizzati da un partito Repubblicano dominato da Trump e alla sua sinistra ha un altro zoccolo duro formato dai radicali e dai socialisti. Biden è rimasto come tutti spiazzato dall’invasione russa in Ucraina che lo ha distratto dal twittare sulla parità di salario fra uomini e donne nel gioco del calcio europeo, molto praticato dalle donne americane.

Alla sua destra, se una parte del Grand Old Party punta sul governatore della Florida Ron DeSantis, al contrario, la partita in casa democratica è in stallo. Biden ha respinto tutti i consiglieri che lo volevano convincere a ritirarsi, ma tutto è stato inutile anche perché i Democrats non hanno grandi nomi su cui puntare.

Nei decenni passati c’è stato sempre un esodo incrociato di voti da sinistra a destra e viceversa come è avvenuto per Bill Clinton e Barack Obama votati al secondo mandato da molti repubblicani così come molti democratici votarono Ronald Reagan. Oggi non è più così: l’elettorato americano è drammaticamente e anche furiosamente diviso. Oggi a destra ci sono gli isolazionisti di Trump e a sinistra una rifioritura di marxismo sostenuta nelle università e da molti giovani che guardano con nostalgia al vecchio marxismo europeo maledettamente “unamerican”.

Non sono buone notizie per Biden, schiacciato fra due poli di destra e di sinistra tutti a lui contrari. Gli economisti di Oxford hanno espresso il verdetto: “L’idea secondo cui l’economia possa essere un ostacolo per i Democrats non è dimostrata da dati rilevabili”. Dunque, malgrado il Covid, l’inflazione e la guerra, Joe Biden non sarà danneggiato dalla povertà, il che è comunque da vedere. Un uovo oggi costa al supermercato il quadruplo di un anno fa.

Resta poi da vedere se alla resa dei conti Bernie Sanders alla fine sosterrà il vecchio “sleepy Joe” (così lo chiama Trump: l’assonnato), che seguita a inciampare rimettendosi in piedi con uno scatto di reni.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.