Approvata con 2.878 voti a favore, uno contrario e sei astensioni nel parlamento cinese, riunito a Pechino, la mozione che prevede l’introduzione di una nuova legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong. La proposta adesso passerà al Comitato permanente che si occuperà della stesura e potrebbe trasformarla in legge entro tre mesi. La norma ha scatenato proteste che negli ultimi giorni hanno portato agli arresti di oltre 360 manifestanti. E il caso del territorio è tornato a interessare la comunità internazionale dopo le manifestazioni che si sono ripetute per tutto il 2019.

La legge, secondo gli attivisti pro-democrazia scesi in piazza anche l’anno scorso contro una legge sull’estradizione, prevede una stretta sulla libertà di espressione e sull’autonomia nel territorio. Per Pechino la norma ha invece l’obiettivo di bloccare attività secessioniste, sovversive e terroristiche oltre a prevedere l’installazione di sedi delle agenzie di sicurezza cinese sul territorio. Nelle ultime votazioni della sessione finale l’assemblea ha approvato anche il primo Codice civile della Repubblica popolare.

Alla proiezione dei risultati i deputati riuniti nella Great Hall of the People hanno applaudito a lungo. Il presidente dell’Assemblea Li Zhanshu ha dichiarato che l’adozione della legge è “un’azione importante” e “in linea con gli interessi fondamentali delle persone in Cina e a Hong Kong” anche perché assicurerà la continuità del modello “un Paese, due sistemi”, che è alla base del rapporto tra Pechino e l’ex colonia britannica.

Le tensioni a Hong Kong preoccupano la comunità internazionale. Gli Stati Uniti – dopo che il Segretario di Stato Mike Pompeo aveva dichiarato come ormai fosse impossibile considerare “autonomo” il territorio da Pechino – hanno chiesto una riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite perché “profondamente preoccupati per le azioni del Parlamento cinese che fondamentalmente minano l’elevato grado di autonomia e di libertà derivanti dalla Dichiarazione sino-britannica del 1984, registrata come un Trattato dalle Nazioni Unite“. La richiesta americana è stata definita “senza fondamento” dall’ambasciatore cinese all’Onu, Zhang Jun: “La legislazione sulla sicurezza nazionale per Hong Kong riguarda esclusivamente gli affari interni della Cina” e “non ha nulla a che fare con il mandato del Consiglio di Sicurezza dell’Onu”.

“Ora è il momento che il presidente Trump eserciti il suo potere in linea con le indicazioni del  Segretario di Stato Pompeo”, ha dichiarato Joshua Wong, uno dei più noti attivisti pro-democrazia del territorio. ”Chiediamo alla comunità internazionale di agire e di tenere gli occhi puntati su Hong Kong. Ora è il momento di agire e combattere”.

Redazione

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