«Il silenzio di alcuni esponenti della comunità “pro-Palestina” sui crimini di Hamas contro i palestinesi è assordante. Crescendo a Gaza, sono stato testimone in prima persona di come Hamas abbia tradito le aspirazioni del popolo palestinese alla libertà, all’autodeterminazione e alla statualità. Hamas non è un movimento di resistenza; è un cancro che tortura i gazawi, ruba gli aiuti e perpetua guerre inutili». Sono parole addolorate e piene di rabbia quelle di Ahmed Fouad al Khatib, palestinese di Gaza che dal 2005 vive in America e che dal 7 ottobre si esprime contro il sanguinoso conflitto, che ha portato alla morte di 33 membri della sua famiglia. Si scaglia soprattutto contro il regime jihadista liberticida di Hamas, che invece l’Occidente si ostina a chiamare «resistenza», tacendo colpevolmente sul coraggio e la forza di chi – nelle ultime settimane a Gaza – sta scendendo in piazza gridando «Via Hamas», rischiando la propria vita. Uomini, donne, bambini palestinesi, che chiedono la liberazione degli ostaggi, la fine della guerra e soprattutto che Hamas lasci il potere.

«A Khan Yunis migliaia di persone rischiano la vita per protestare, chiedendo la fine della guerra e del regime di terrore che la tiene in vita – racconta in un post su Instagram – Eppure, dov’è la copertura? Perché le voci reali dei gazawi sono così scomode per i cosiddetti attivisti “pro-Palestina”? Perché ci ricordano che Hamas è una milizia fascista che usa i civili come scudi umani e gli aiuti come leva. Perché questa verità non si adatta al copione della loro amata “resistenza”». Eppure Ahmed, che ha lasciato Gaza un mese prima del ritiro israeliano da Gaza, nel 2005, conosce bene Hamas e le speranze che la sua ascesa al potere hanno portato ai palestinesi. «Ho visto Gaza passare da un momento di promessa nel 2005 a decenni di devastazione. Doveva essere un nuovo inizio, Gaza doveva essere un modello di autogoverno palestinese per dimostrare al mondo, ai Paesi arabi, alla nostra gente e agli israeliani che cosa significa vivere senza occupazione. Invece, abbiamo avuto caos, corruzione e guerra infinita». Il 7 ottobre, quando Hamas ha perpetrato i massacri nel sud di Israele, lui era in California e – quando ha visto cosa era successo – ha detto ai suoi familiari a Gaza «preparatevi al peggio». «Il 7 ottobre è stata una tragedia terribile per Israele. Ma è stato anche il momento in cui Hamas ha condannato a morte Gaza. Non ci sarebbe mai stata una “vittoria totale”. Per nessuno. Sarebbe stata sempre una catastrofe. Se Hamas avesse tenuto i suoi a casa il 7 ottobre, la mia famiglia e decine di migliaia di palestinesi sarebbero ancora vivi».

Ma quando racconta queste cose, Ahmed viene accusato di ripetere la narrativa israeliana, di difendere «i sionisti». Eccolo, dunque, il paradosso che dimostra la cecità e sordità dell’Occidente. Non solo non viene ascoltata, ma anzi viene zittita dai cosiddetti sostenitori della causa palestinese una voce da dentro quel mondo che sa cos’è Hamas, che l’ha visto negli anni privare prima di tutto i suoi cittadini dei diritti («Hanno cominciato uccidendo e torturando i palestinesi che gli si opponevano, gettavano l’acido sui visi delle donne per obbligarle a mettere l’hijab, introducendo una versione molto stretta dell’ideologia dei Fratelli musulmani») e che ora, in un momento in cui Israele viene accusato da tutti i fronti di affamare la popolazione palestinese, lo accusa di rubare gli aiuti umanitari che entrano nella Striscia «per rivenderli a prezzi esorbitanti».

E a quelli che lui chiama «propalestinesi» con le virgolette, che manifestano nelle università e nelle piazze del mondo vandalizzando, attaccando fisicamente chi non la pensa come loro e distruggendo, non risparmia alcuna critica: li definisce «vandali, utili idioti pro-Hamas, ignoranti che fanno rumore, che hanno dirottato la narrazione palestinese, che non capiscono le realtà sul campo, né sono interessati a qualsiasi opinione che disturbi le loro narrazioni ristrette e demagogiche». A loro, denuncia Ahmed, manca il coraggio di dire la verità: «Che Hamas è responsabile. Che Hamas ci ha trascinato in questo incubo. Che Hamas ha scelto il 7 ottobre. Che ha rifiutato di arrendersi anche quando Gaza è ridotta in macerie, preferendo “resistere” fino all’ultima donna e all’ultimo bambino, nascondendosi sottoterra».

Ilaria Myr

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