Quello che ancora non riusciamo a vedere
I tre scalini dell’IA che cambiano il mondo, Flora: “Una vera rivoluzione industriale che colpirà i colletti bianchi”
L’esperto non ha dubbi: il tessuto economico, sociale, finanziario non è ancora pronto per questa svolta storica. E prevede che “l’impatto sociale sarà tremendo a causa delle rendite di posizione e delle lotte di retroguardia”

La politica ha smesso da tempo di programmare, anche tramite la definizione di piani decennali: chi è che si prende la briga di progettare per il futuro, perdendo consensi oggi? Questo è un tema ricorrente nella conversazione con Matteo Flora, professore di AI and Superintelligence Security presso la European School of Economics, imprenditore ed esperto di Intelligenza Artificiale. E nel tirare le somme – dopo un’ora di riflessioni sull’IA e sui cambiamenti che non solo non riusciamo a vedere, ma siamo anche incapaci di governare – Flora centra il punto: «Quelli di cui abbiamo parlato sono problemi generazionali. E i problemi generazionali non li risolvi in minuti, non li risolvi nemmeno in una legislatura. Te ne servono quattro o cinque. Quindi, per affrontarli, devi fare un programma almeno decennale».
I tre scalini dell’intelligenza artificiale
«Il più grande studio mai svolto sugli impatti dell’IA è quello realizzato dall’International Monetary Fund», dice Flora. Pubblicato a dicembre dell’anno scorso, lo studio afferma che «nelle economie avanzate – quelle come noi, dove il lavoro è principalmente legato a un’economia della conoscenza – le professioni impattate sono il 60%». Una percentuale enorme. Secondo Flora, esistono tre scalini nell’IA. Il primo è quello in cui l’Intelligenza Artificiale batte la maggior parte dei cattivi professionisti (che sono circa il 90% di qualsiasi professione) – ed è l’intelligenza normale che abbiamo già superato. Il secondo è la conoscenza (in cui l’IA è al pari di un bravo professionista): questo è il livello in cui sono usate metodologie come la Rag (Retrieval Augmented Generation) che uniscono le capacità generative dei LLM con quelle di reperire informazioni da una fonte di conoscenza esterna. «Qui – spiega – la percentuale di errore è poco sopra quella endemica degli esseri umani, tra il 4% e il 9%». Il terzo scalino è, infine, la super intelligenza o PhD level: al di sopra di qualunque professionista, deve ancora accadere e arriverà – prevede Flora – entro l’anno.
“La rivoluzione industriale contro i colletti bianchi”
Quello che ancora non riusciamo a vedere, dunque, sono «due passaggi». Il primo è quello delle «super intelligenze» (che già abbiamo): per esempio, nel campo della diagnostica per immagini e della medicina, molte IA hanno performance oramai superiori agli omologhi umani. Addirittura in alcuni casi, come le mammografie, sono superiori a due umani esperti che si confrontano. Questa è una rivoluzione: «Avremo in futuro una sanità sempre più preventiva e meno curativa». Il secondo passaggio – che secondo l’esperto non stiamo ancora «vedendo» – è l’automation: quella degli «AI Agents che possono controllare i computer degli utenti per eseguire attività in maniera autonoma, consentendo così alle persone di automatizzare tutte quelle operazioni ripetitive». Stiamo assistendo, dice, alla «prima rivoluzione industriale che non colpirà la classe operaia (come tutte le altre avvenute nella storia), ma colpirà i colletti bianchi».
“Come sopravvivrebbe l’economia?”
Il problema è che il tessuto economico, sociale, finanziario non è pronto per questa rivoluzione. «Perché, se io domani cancellassi l’80% dei lavori labour intensive, come sopravvivrebbe l’economia? Magari le aziende guadagnerebbero di più ma a chi vendono?», si chiede Flora. Che, tra le altre cose, conduce una rubrica settimanale di TGCom24 dedicata alle Intelligenze artificiali e dove approfondisce come la tecnologia stia cambiando il nostro futuro. Insomma, si tratta di problemi (reali) a cui la gran parte di noi non si è ancora affacciata e che gli esperti vedono già distintamente: «L’impatto sociale sarà tremendo a causa delle rendite di posizione e delle lotte di retroguardia». E però è anche comprensibile, spiega Flora: «Se domani il tuo lavoro sparisce, tu ti ci attacchi con le unghie e con i denti».
Dunque, quello che resta da capire è: come può evolvere un intero tessuto sociale ed economico basato su questi presupposti? È chiaro che non c’è una soluzione semplice, sostiene il docente. Che cita liberamente George Bernard Shaw: per ogni problema complesso c’è sempre una soluzione semplice che però è sempre irrimediabilmente sbagliata. Allora? «Il punto è come faremo reskilling e upskilling». Ovvero come costruiamo un tessuto imprenditoriale che usi l’Intelligenza Artificiale non giocando di retroguardia nel bloccare le tecnologie di un certo tipo, ma come giochiamo in maniera – molto sovranista e autarchica – nel favorire le nostre realtà economiche, ostacolando, entro certi limiti, quelle esterne: «L’approccio autarchico è molto più vicino a quello francese che non a quello italiano». E non si tratta di battaglie di retroguardia, spiega, o di lotte di posizione alla Bolkestein: «È il contrario: è incentivare il mercato interno, le soluzioni interne contro quelle esterne».
Esiste un termine per definire quello che sta accadendo, infine, ed è ipernormalizzazione: «Si tratta del fenomeno per cui le persone accettano una realtà fittizia, costruita essenzialmente dalla classe dirigente di un Paese pur sapendo, in fondo in fondo, che è falsa, ma solo ed esclusivamente perché il sistema è troppo grande e complesso per essere cambiato». Il primo a usarlo in un testo fu lo studioso russo Alexei Yurchak, per descrivere il fenomeno che ebbe luogo durante gli ultimi decenni di vita del sistema sovietico, quando il sogno socialista era prossimo al collasso ma burocrati e popolo erano incapaci di immaginare una realtà alternativa, e così si comportavano come se nulla stesse accadendo.
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