Il giornalismo investigativo di Jacopo Iacoboni, firma de La Stampa, ha consentito in questi anni di mettere in luce decine di episodi di ingerenza russa in Italia. Gli abbiamo chiesto un parere sul tentativo di Putin di piegare le elezioni europee ai suoi interessi.

Fake news e tentativi di ingerenza russe sulle elezioni europee. L’Ue lancia l’allarme, Putin uno strano messaggio in bottiglia: “Italiani brava gente… “
«Di ingerenze del Cremlino sull’Italia ce ne sono da molti anni. Con l’approssimarsi delle elezioni si moltiplicano le operazioni ibride. La disinformation, ma non solo».

Oggi, fenomeno acclarato. Pochi anni fa, minimizzato o negato.
«Nell’ultima relazione dell’intelligence si dice che la disinformazione russa è uno dei problemi principali per la sicurezza italiana. Solo pochi anni fa, derubricavano».

Quali altre ingerenze segnali, nel tuo lavoro di inchiesta?
«C’è l’interferenza fisica. Ricordiamoci la telefonata dei finti comici russi, Voxan e Lexus. Il gruppo investigativo russo indipendente Agentstvo sostiene che sono due front-agent del Fsb, i servizi segreti russi. Guarda caso, tutte le vittime dei loro scherzi finiscono nella lista nera del regime di Putin».

Anche Giorgia Meloni è tra i nemici di Putin?
«Quell’operazione di cui fu vittima è stata indicativa. E ha avuto come esito quello di allontanare il più atlantista dei suoi collaboratori. Sono operazioni di disturbo, quella contro Meloni era volta a screditarla perché la sua svolta, la sua convinta adesione al sostegno all’Ucraina è vissuta male dal Cremlino».

E poi c’è un esercito di finti account sui social.
«C’è un proliferare impressionante di account fake, bot e troll russi e filorussi. Complice anche la nuova proprietà di Twitter che ha smesso di filtrare gli account».

Ne fai le spese anche tu, con i tuoi tweet presi di mira dai troll russi.
«Sì, con una timeline incredibile di insulti e commenti copiaincollati che rivelano una stessa manina. Magari avessi davvero centinaia di hater… mi lusingherebbe. Purtroppo sono dei comuni bot».

E poi ci sono gli agenti di influenza. Quelli mediatici e quelli di influenza politica. Che ritroviamo non in una ma in sei o sette liste.
«Sono certificati, in tutti questi anni, rapporti politici ambigui e molto pericolosi della Lega e del M5S con il partito di Putin e con alcuni dei suoi uomini più pericolosi. Tutte le loro narrazioni, sarà un caso, coincidono perfettamente con le narrazioni del Cremlino. Su tutto».

Un esempio?
«Il discorso di Conte alla Camera (“Che vogliamo la terza guerra mondiale?”) è stato tradotto subito in russo e rilanciato su tutti i canali della propaganda russa. Non solo perché usava le loro parole d’ordine, ma perché ne rispettava gli stessi pattern narrativi. E anche aver hackerato il concetto di pace, di per sé nobilissimo, ma che viene usato come sinonimo di resa, è eloquente. L’abuso del termine escalation segue gli stessi dettami della propaganda russa».

C’è l’attacco ai nemici ma anche, a doppio taglio, il blandire qualche italiano.
«L’estate scorsa uno dei vice capi dell’amministrazione presidenziale russa, Sergei Kirienko, uno di quelli addetti alle operazioni di propaganda e di influenza, emanò le linee guida: disse che bisognava utilizzare i giovani europei che si trovavano in Russia. Ed ecco la studentessa italiana a Mosca che, comparendo per caso, fa una domanda davanti alle telecamere e riceve i complimenti di Putin. E il graffitista napoletano Jorit che venne invitato a Sochi, a cui concessero di avvicinare Putin per dirgli: “Sono qui per dire che lei non è un mostro”. Teniamo presente quanto sia difficile, per chiunque, avvicinarsi a Putin. Jorit nega di aver ricevuto denaro per i murales realizzati in Russia, ma il fatto che giovani italiani siano stati portati davanti alle tv russe subito dopo che il Cremlino aveva suggerito questa modalità di influencing, fa riflettere».

Com’è cambiata la strategia di ingerenza russa?
«Tra il 2016 e il 2018 avevano scommesso su Lega e M5S (e gli era andata abbastanza bene), adesso – scoperto il gioco – hanno reso più molecolari le loro attività. Fanno un lavoro culturale sui giovani, sulla società, con forme di penetrazione diverse. Le università, i graffitari, gli studenti. E Telegram. Sono diventati molecolari. Creano campagne sociali di cui possono beneficiare non un solo soggetto politico ma tanti. Conte, Salvini e tutti i pacifisti (o pacifinti), perfino qualcuno del Pd».

Candidati con posizioni per la resa ucraina se ne possono trovare ben disseminati, per le Europee. Alla fine, leggendo la scheda elettorale in controluce, si può finire per votare Putin.
«C’è un report dei nostri servizi sull’oligarca Lebedev – figlio di un colonnello del KGB – in cui si parla di due tenute che ha acquistato in Umbria. A cosa servivano? A tenere incontri con personalità della politica. Se non sono elementi di interferenza questi…»

Possibile che nella strategia del caos russo rientrino anche le occupazioni delle università, l’improvvisa rabbia pro-palestinese, il movimento dei Trattori che per due settimane ha galvanizzato l’opinione pubblica e poi è scomparso?
«La strategia russa gioca anche sulla distrazione dell’opinione pubblica: più si parla di Israele e Palestina, meno si guarda all’Ucraina. E certamente c’è un pulviscolo di Ong che non si fatica a riportare a Mosca che finanziano attività di protesta nelle università europee ma anche in quelle americane. Il loro scopo è creare un mood che destabilizza l’Occidente, crea un sentimento avverso alle autorità e dunque, alla fine, anche verso le decisioni dei governi di inviare armi all’Ucraina».

Anche l’antisemitismo in Europa, se si spoglia la matrijoska, porta a Mosca?
«A Parigi continuano a comparire stelle di Davide sulle case degli ebrei. Il controspionaggio francese risalendo agli autori ha svelato una rete di moldavi legati alla Russia. D’altronde sai quante volte Hamas ha incontrato i vertici del Cremlino? 24 in un anno. Ed è a Mosca che dopo il 7 ottobre sono volati alcuni dei capi di Hamas. C’è un asse del male che va da Mosca a Teheran e finanzia il terrorismo. Ignorarlo significa rendersi complici».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.